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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Dove guardi

Poesia

Marco Ferri
peQuod Edizioni


Recensione proposta da LaRecherche.it

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Pubblicato il 10/02/2008

[Recensione di Roberto Maggiani ]

 

Questo librino di Marco Ferri è una raccolta di poesie e brevi prose poetiche veramente interessanti, per vari aspetti. Sicuramente non è uno di quei libri di poesia che si possono leggere distrattamente, ma anzi è richiesto un surplus di attenzione. I testi sono tutti molto brevi ma di una forte incisività descrittiva. Con poche parole, ben levigate e incastonate, l’autore riesce a esporre un quadro significativo e privo di fronzoli di una parte del reale quotidiano che normalmente siamo abituati a vedere in un più ampio panorama narrativo. “Dove guardi” porta ad osservare nella stessa direzione di sempre, ma con quel piccolo spostamento angolare che mette in luce particolari sfuggevoli: è come se Ferri, dotato di una macchina fotografica con teleobiettivo medio, mettesse bene a fuoco oggetti, relazioni ed eventi, mostrandone ai lettori una stampa ben incorniciata. E’ una specie di detective che si apposta attendendo l’avvenire di qualche cosa che possa rilevare una anomalia nel sistema del quotidiano: “Appostato nel sedile dell’auto / aspetto davanti al supermercato. / Nel buio camminano le persone / raccoglitrici con le sporte di plastica. / Escono nel soffio delle porte a vetri, / scendono da una rampa perdendo / luce…. / Vista dal parcheggio / di una notturna dispensa collettiva / la Terra è fragile, non può / inghiottire tutto”. E qualche anomalia la rileva, anche se trattasi di una anomalia vaga, come presentita ma non dimostrabile, neppure con una attenta osservazione dei fenomeni. “C’è una credenza, con sportelli e cassetti che erano bianchi, e un tavolo, con la pianta di fòrmica verde e gambe metalliche, anche le due sedie sono così, di fòrmica verde con gambe metalliche, un po’ arrugginite. Il pavimento è di piastrelle di graniglia. Sulle pareti non c’è niente…”.
E’ un libro da leggere, una raccolta poetica che funziona, se così si può dire della poesia, e intendo dire che si legge con gravità di lavoro cerebrale, perché spesso i versi fanno sobbalzi e la lettura rischia di perdere colpi, basta un attimo di disattenzione per venire disarcionati, ma è una sfida, quella di Ferri, a rimanere a cavallo fino alla fine della corsa, riuscendoci, ci si ritrova con la sensazione di non avere nulla ricevuto, si è fatto un viaggio in ciò che già si conosce, ma è una illusione poiché in realtà l’anima si ritrova ammantata di poesia, di una luce bianca che risalta il vero colore di ogni cosa.
Mi piace concludere citando questi suoi versi: “Con l’alito sul collo il pettine / e le forbici duettando ancora / come ballerini alla fine di una prova, / … // Seduto sul trono / semovente, tra i profumi / e gli specchi, guarda la ragazza / che spazza i capelli caduti, / fa sparire le tracce con un fruscio / mentre la schiuma rifluisce / dentro i lavandini. // Nel grembiule blu un corpo / disancorato, gli occhi impermeabili, / marziani… / Di fuori è la vita… / Poi ha salutato, s’è messa / il cappotto ed è uscita”.


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