Il 17 maggio del duemiladieci mi trovavo a bordo di un peschereccio che solcava le profonde acque del Quarnaro, lungo le coste della Croazia. Il cielo era coperto da grosse nubi, che si addensarono nel primo pomeriggio. Non ricordo l'ora esatta ma, a un certo punto, la rete a strascico catturò qualcosa di grosso. Il capitano, Goran Simic, uscì sul ponte assieme agli altri membri dell'equipaggio. Abbassando lo sguardo, notammo una sagoma scura dibattersi nella rete. Iniziammo a tirarla verso la superficie. Gli uomini si armarono di fiocine e arpioni. Eravamo convinti di aver preso uno squalo. La rete era ormai vicina alla superficie. Colpimmo ripetutamente quella sagoma finché smise di muoversi e l'acqua intorno non si tinse di un rossore cremisi. Allora la tirammo a bordo per capire di cosa si trattasse. Restammo sgomenti.
Era una creatura. Mai vista prima. Era lunga quattro metri; aveva una forma cilindrica, con un diametro di tre metri; era sicuramente un pesce branchiato nel suo aspetto, ma presentava delle mutazioni: aveva zampe anteriori palmate, una bocca straordinaria, la pelle spessa e scagliosa; un unico occhio profondamente incassato.
Sorpresi, ci guardammo l'un l'altro, senza riuscire a dare un nome a quella cosa. Il capitano sorrise, disse che avevamo appena scoperto una nuova specie di pesce e che, di certo, tale scoperta ci avrebbe fruttato un bel po' di soldi. Il morale dell'equipaggio salì a dismisura. Ci stavamo ancora complimentando a vicenda, dandoci ampie pacche sulle spalle, quando l'intero peschereccio rollò sotto i nostri piedi. Dovetti reggermi al bordo per non cadere in acqua. Abbassando lo sguardo, vidi chiaramente una sagoma scura, lunga più di dieci metri, passare sotto il natante agitando l'enorme coda. Non ebbi il tempo di avvisare i miei compagni che il peschereccio si inclinò in maniera spaventosa, riversandoli in mare. Rimasi da solo, sul ponte. Li vidi annaspare tra le onde. Allora tutto il peschereccio gemette e vibrò, s'inclinò di nuovo e questa volta persi l'equilibrio e finii tra i flutti. Annaspai lontano, a diversi metri di distanza. Quando riemersi, vidi il natante rovesciarsi sul fianco travolgendo alcuni uomini urlanti. Gridai dal terrore.
Poco più in là, vidi il capitano che cercava di restare a galla. Qualcosa lo travolse dal basso, sollevandolo per mezzo metro fuori dall'acqua, poi svanì tra le onde agitando le braccia. Mi guardai attorno. La costa era lontana e il peschereccio fuori uso. Ero convinto di essere arrivato alla fine.
Un salvagente mi passò sotto il naso e lo afferrai con tutte le mie forze. Iniziai a nuotare verso riva. Qualcosa mi strusciò le gambe. Aumentai la velocità, preso dal panico. Poi la creatura emerse dal mare, proprio davanti a me. Il suo unico occhio, grande quanto la mia testa, mi fissava glaciale. I secondi passarono come ore, fermi lì, faccia a faccia. Sentii il suono acuto di una sirena. L'occhio svanì lentamente. Forse, la creatura era sazia.
Volgendomi, vidi un secondo peschereccio che si dirigeva verso di me. Fu il momento in cui ebbi più paura, mentre aspettavo che mi raggiungesse per trarmi in salvo. Forti braccia mi sollevarono strappandomi dal mare e dalle fauci di quella creatura senza nome.
Quando chiesi agli uomini se erano riusciti a vederla, questi mi guardarono stralunati asserendo di non aver visto niente, tranne il nostro natante che si rovesciava.
Descrissi loro la creatura e questi mi fissarono in silenzio, come fossi pronto a un ricovero immediato.
Ancora oggi, nessuno riesce a credere alla mia versione dei fatti. Non servono né psichiatri né psicologi, tanto meno le terapie che mi sono state sottoposte, perché quanto ho visto corrisponde al vero. E intanto quella creatura viaggia libera e indisturbata nelle profondità dell'alto Adriatico. Prego per voi, in modo che non possiate mai incrociare la sua stessa rotta.
FINE
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