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Giorni difficili.

di Pierfranco Bertello
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Pubblicato il 03/11/2016 10:18:07

Erano giorni difficili all’antidroga di Torino.

Qualcuno aveva messo sul mercato una partita di eroina troppo pura e purtroppo vi erano state parecchie morti per overdose. Si trattava di capire perché.

Non conviene a chi gestisce lo spaccio fare un errore del genere, come ben si sa i tossici sono clienti da tenere in vita il più a lungo possibile anche se purtroppo il ricambio non manca mai.

Emanuele Vitrotti, a capo della sezione da cinque anni, mai si era trovato in una situazione così allarmante.

Gli informatori non avevano notizie utili a capire da dove arrivasse la partita mortale e l’eroina troppo pura continuava ad essere immessa sulla piazza con costanza e regolarità.

Non si trattava di un errore, si trattava di una strage!

Vitrotti, 56 anni, si era separato da circa un mese, la moglie non ne poteva veramente più di quella vita.

Lele non aveva orari e non aveva la possibilità di condurre un’esistenza normale.

“Hai sposato il tuo lavoro e quindi non hai più bisogno di me, sempre ammesso che tu ne abbia mai avuto bisogno….”.

La frase di Marisa non lasciava spazio a dubbi.

Lui amava intensamente quella santa donna che aveva sopportato in silenzio per  30 anni al “non presenza” del marito in qualunque occasione normale di una vita di coppia.

“Ha sopportato fin troppo ed ha ragione, sono uno stronzo egoista”.

La goccia che fece traboccare il vaso fu sicuramente il rifiuto di Lele all’offerta che gli fece suo cognato.

Ernesto Palladino, fratello di Marisa, era il Titolare della “C.E.I. (Componenti Elettronici  Industriali) S.p.A.” “

Era molto legato alla sorella ed al cognato.  Capiva perfettamente che i due si amavano molto e che quando in una relazione, anche se basata su un grande amore, s’interseca un interesse trasversale come la grande passione di Lele per il suo lavoro, poco a poco la relazione si sgretola.

Ad Agosto, durante i 15 giorni di vacanza che Lele era “obbligato” a prendersi, mentre bevevano qualcosa ne parco della splendida villa che il Palladino aveva acquistato in Sardegna, ricevette una proposta dal cognato.

"Lele, ascolta, hai 56 anni e da 30 sei in Polizia, hai svolto incarichi importanti e oggi sei a capo dell’antidroga, questo ti fa molto onore. Ti rendi conto però che tu e  Marisa vi state perdendo? …. Ascoltami, hai un’esperienza importante alle spalle, io ho 23 stabilimenti nel mondo e faccio componenti elettronici soggetti a brevetto e sempre a rischio spionaggio industriale. Claudio Caviggioli, nostro responsabile della sicurezza andrà in pensione a fine anno. Vorresti prendere tu il suo posto? Potresti congedarti in settembre, affiancare Claudio fino a fine anno, facendo un serio lavoro di passaggio consegne e prendere il comando della Direzione Sicurezza in gennaio.”.

La sera Lele e Marisa uscirono a cena, da soli.

“Hai parlato con mio fratello?”

 “Si”

 “Cosa ne pensi?”

 “Penso che  una persona con un minimo di cervello avrebbe dovuto accettare”

 “Ma non lo hai fatto, vero?”

 “Già!”.

Finì la discussione e finì anche il loro matrimonio.

Al rientro dalle vacanze Marisa fece le valige e se ne andò.

Ai primi di ottobre venne contattato dall’avvocato Sardella, legale della famiglia Palladino, l’oggetto della chiamata era la pratica di separazione.

“Avvocato, non ci sono problemi, prepari la carte e mi dica quando posso passare a firmare, grazie.”. Sardella abbassò la cornetta sconsolato, guardo Marisa ed il fratello “Mi ha detto di preparare le carte e che passerà a firmarle quando saranno pronte”.

Marisa scoppiò in lacrime, possibile che quel maledetto lavoro avesse reso il suo Lele così dipendente da non permettergli di capire cosa era veramente importante nella vita.

Un paio di giorni dopo venne contattato dal figlio Angelo, ventotto anni, ricercatore all’Institute of Systems and Synthetic  Biology dell’Imperial College di Londra.

“Papà domani prendo l’aereo, sarò a Torino per le nove, vieni a prendermi?”.

Il mattino seguente alle nove abbraccio con piacere il figlio, erano sei mesi che non si vedevano.

“Fammi capire, lo zio ti offre un lavoro stimolante e molto adatto alla tua indole e tu lo rifiuti. La mamma ti lascia e tu non fai assolutamente nulla, accetti la situazione senza dare la ben che minima spiegazione.”

“Cosa ti posso dire Angelo, sono uno sbirro, so fale solo lo sbirro, combatto un male radicato e tremendo e forse ormai dipendo da questo lavoro esattamente come i tossici dipendono dall’eroina”.

Furono le ultime parole che Angelo sentì da suo padre.

Telegiornale Nazionale del 14 ottobre  :

“Oggi, durante un’azione contro una banda di narcotrafficanti, ha perso la vita in un conflitto a fuoco il Commissario  Emanuele Vitrotti.  I trafficanti sono riusciti a fuggire, le indagini sono in corso.”

Suonò il telefono Una voce anonima disse “Dottore, noi torniamo, la situazione si normalizzerà a breve, la partita tossica è stata ritirata dal mercato, l’obiettivo è stato raggiunto”.

Ernesto Palladino tirò un respiro di sollievo. La copertura era al riparo, tutto proseguiva secondo quanto stabilito a Palermo in gennaio. Se quel cretino di suo cognato avesse accettato la sua proposta di lavoro non ci sarebbe stato bisogno di arrivare ad una soluzione così drastica. Pazienza, sono gli inconvenienti del mestiere e qualche spiacevole intoppo purtroppo bisogna sempre metterlo in conto.

C’erano  però delle cose che, ne lui ne gli esponenti  dell’organizzazione criminale cui era affiliato, sapevano.


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