Gli occhi chiusi,
sottomano la plastica degli occhiali,
vedevo il giallo,
le macchie nere,
il caldo delle schiene scorticate dei bambini,
di quelle degli alberi ingobbiti.
Vedevo il rumore del sale
spaccato sui tuoi capelli,
lo stesso che stava sui sassi sotto i tuoi piedi,
lavorati dalle ore e dalla fatica,
quello cristallizzato sulle sottane stropicciate
delle matrone sudate e pallide.
Il sale buono
del mare sodo di giugno,
l’ho baciato via
dalle tue braccia gentili e umide,
l’ho annusato
sulle tue spalle dritte,
àncora d’avorio.
Ti ho mangiata
dalle mie labbra di lino,
serrate come quelle della libellula
che su di te cacciava silenziosa,
ti accompagnava
nella schiuma bianca
di quel mare turgido di giugno.
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