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Precipito

di Stefano Ficagna
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Pubblicato il 11/07/2016 20:11:43

Precipito/ guarda che precisione/ la mia rotta di collisione/ con il mondo.

 

                                               Giorgio Canali & Rossofuoco - Precipito

 

 

Fu la notte in cui caddero molte cose, e ne accaddero altrettante. Non tutto ciò che scese dall'alto fu reale, ma se partiamo dall'assunto che una cosa, se può essere pensata, arriva ad esistere, allora sarà bene precisare che non tutto fu tangibile, mentre lo furono gli effetti.

Che quello che si stava avvicinando alla città, in quella notte estiva avvolta dall'afa, non fosse un temporale normale lo testimoniavano già i lampi multicolori ed il silenzio innaturale, ovattato: chi tornava a casa in auto, chino sul volante, avvertiva lo spettacolo alle sue spalle ma non ne aveva che fugaci visioni dallo specchietto retrovisore, come esplosioni viste da chi fugge da un teatro di guerra, ignaro che che laddove spera di trovare pace ed un riparo lo raggiungerà comunque l'inevitabile fato.

Caddero molte cose, ma non pioggia, se si eccettua quella di sangue: non fu comunque la prima, visto che iniziarono a discendere idee filantropiche. La grande nuvola, ora bianchissima ed imponente, le sparse in ogni zona della città: dove la gente già dormiva ognuno abbracciò idealmente, nel sogno, chi era diverso da sé, e chi con sé aveva già qualcuno lo strinse teneramente nel sonno. I pochi svegli, per sobri od ubriachi che fossero, aiutarono in ogni modo i più sfortunati, col cuore in mano. Ma le idee trascesero lo scopo della nuvola, si mutarono scontrandosi con l'estremismo, e presto i cuori nelle mani dei generosi furono quelli di chi aveva troppo: persi nel desiderio distorto di uguaglianza essi non capirono che per quella rivoluzione non servivano armi, e mentre prendevano ai ricchi per dare ai poveri pensavano a come ottenere ancora di più; ma senza l'influsso di quelle idee discese dal cielo avrebbero resistito alla cupidigia degli odiati avversari?

La nuvola ebbe questo pensiero, ne soffrì, e qualcosa le si lacerò dentro: diventata rossa, illuminando debolmente una notte che giungeva al termine, rovesciò sui cittadini le lacrime di sangue che stillavano dalla sua ferita. Il terrore si diffuse velocemente, proporzionalmente a quanto il paesaggio si trasformava in un incubo degno di Bosch: la luce malsana e le pozze di emoglobina fiaccarono il morale della gente, al pari del puzzo nauseabondo che si sparse in ogni dove. Scesero allora in strada i prelati, vedendovi l'opera del loro Dio, promettendo perdoni ed esigendo pentimenti in cambio; li seguirono gli atei ravveduti, quelli che si accorsero che avevano messo il proprio rifiuto del divino sullo stesso intoccabile scranno dove i primi mettevano le immagini sacre, beandosi di esso, e si sentirono stupidi perché anch'essi non si erano mai posti domande; negarono sempre più forte coloro che idolatravano la scienza, in cerca di una spiegazione di questo mondo, e a rischio di annegare nuotavano a stento nelle pozze, scarlatti come demoni pestilenziali, per raccogliere campioni coagulati da analizzare in laboratorio.

La sofferenza non poteva durare, e l'alba giunse a rischiarare la nuvola, dandole un tenue colore dorato: caddero allora le foglie, gialle le prime, che arrivate a terra assorbirono qua e là i segni delle ferite, prendendo accesi colori caldi dal sapore autunnale. Arrivò con loro la malinconia, e tutta la popolazione si ritrovò a pensare con rammarico ad occasioni mancate e persone allontanate troppo presto o troppo tardi: fu un sentimento intimo ed allo stesso tempo condiviso, una catarsi necessaria per togliersi il peso di un passato idealizzato ed il timore di un futuro ancora nebuloso; la gente era forse pronta a vivere il presente?

La nuvola mutò in un tenue verde, rovesciando ancora foglie ma ora del suo nuovo colore. L'armonia del tutto avvolse le persone, ed esse capirono che nulla era diviso: si sedettero in pace, comode su di un morbido letto naturale, unite nell'abbraccio della realtà intera e vivendo ogni momento come unico, chiedendosi come avessero fatto a non accorgersi di una così semplice verità prima di allora; sentirono l'unità del tutto, e vollero farne parte.

Ma se era un Dio quello che arrivò a rivelare tutto ciò, era comunque un Dio goffo. Il desiderio di unione fu condiviso, e dalla nuvola scesero mulinando dolcemente dei piccoli uragani, uno spettacolo simile a quello di migliaia di stelle filanti trasparenti in caduta inesorabile. La luce si fece intensa, donando un candore trionfale ad ogni cosa, ed ogni volta che un piccolo uragano toccò terra riprese quota istantaneamente, portando però una persona con sé. Ma quella sorta di parodistica versione del rapimento in cielo fu una prova di fede troppo grande per molti dei nuovi illuminati, che non riuscirono a staccarsi da ciò che conoscevano troppo bene per abbandonarsi ad un sogno bellissimo ma privo di consuetudine, di ovvietà divenute ormai necessarie alla sopravvivenza. Il legame di unione col tutto si recise; le persone tornarono semplicemente mortali; gli uragani, semplicemente brezza.

Fu allora che caddero le persone, consce nel tragitto verso il baratro di quanto la rinnovata mortalità fosse un peso troppo grande da portare, anelando con rassegnazione quella leggerezza che si erano fatte scappare poco prima. Fu una ben misera consolazione il fatto di non dover vivere con la consapevolezza che niente più avrebbe potuto placare la loro sete di soddisfazione terrena, e da una gloriosa riunione scaturì una sciocca quanto terribile carneficina.

Calò allora, in forma di nebbia, la dimenticanza, ed i sopravvissuti che non vedevano più con gli occhi i loro fratelli morti persero pian piano memoria anche degli eventi che avevano costellato il cammino di quelle vite spezzate. Chi non c'era più perse in un colpo solo sia l'immortalità conscia che quella inconscia della storia, divennero, tutte quelle vittime, pagine bianche di un libro mai scritto. Ma uno, a sorpresa, resistette a quell'oblio della mente e ricordò, senza sapere se la sua ribellione fu una manifestarsi spontaneo della propria natura od un’aperta ribellione ad essa: ma di quanto narrò da lì in avanti, di quegli eventi magnifici, orribili e sempre improbabili, nessuno credette mai ad una parola.

Indispettita o forse sconvolta da quella resistenza, la nuvola fece cadere come ultimo dono dal cielo il marchio dell'infamia: egli venne disprezzato ed allontanato, perseguitato nei suoi giorni da vivo e calunniato anche nella morte. Ma se la storia di un uomo è quella di tutti gli uomini vien da chiedersi se forse non fosse egli, con la sua metodica memoria delle colpe di quell'infausta notte, l'unico nel giusto, l'unico su cui quel marchio non si posò.

 

Ma nessuno se lo chiese.


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