Bello il mio grappolo d’uva.
Ogni chicco è un occhio che scoppio alla bisogna,
molto vedo nel suo nettare sciolto
da briglie in maschera
.
Tonta la finta che vuol fioccare in centro,
e nei varchi va con oliata chiave
a cogliere pertugi e dissonanze
per farne mazzi da gettare
.
Gobbe rupestri che masturbano il salmastro,
fra scogli duri trattenendo pesci.
Scaglie argentate scivolose e guizzanti
quando piovono le mani
.
Rètina o rete poco importa,
se dal prato sale evapora alle guglie del cielo
per tornare in forme disparate
disperato su chi ancora crede
<>
Ma cognizione sorge tenace,
bussa tre volte alla tua porta
dove docet insegna
…
che ognuno ha già avuto e dato
in separata sede e senza resti
il vino suo dannato
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