Tende verso il cielo e si ritrae
come un fiore viola al temporale
sbandato sotto il peso delle bestie
poi s'inchina profumando lentamente
un'ombra consacrata sopra i polsi
circondando la mia gola di scintille
levate verso l'alto dei tre pini.
E' un rito tra la nebbia che mi ferma
ancora calda nel vapore del mattino
che ingrandisce la solitudine dei pini
come davanti a troppa lontananza
restituendo il grigio una tempesta.
Ti ho sognato che sognavi di esser pieno
di bambini sui tuoi fianchi nella nebbia
sei venuto con un canto, un ederlezi
tra le gambe volteggiavi sulla cima
per scoprire nelle mani cristalline
l'addio del celibato al primo sole.
La goccia primitiva che ti bagna
la bellezza nel lavoro del mattino
scoprendoti le forme dell'origine
si dispone a far risplendere sui piedi
il nudo che celavi come un frutto
tutto s'innalza e tutto si riapre
respirando i loro corpi nuove lingue.
Appena giunte all'orlo già scomparse
mi discendono due lacrime col vento,
a corona del silenzio sopra il verde
il pianoro, un grembo arcuato dentro gli occhi,
le sue vene dei giovani sentieri
dischiusi con dolcezza nella nebbia
e - dal silenzio a te-... mi ascolto dire
a passi lenti la discesa appena giorno
appena snebbia la visione un'altra volta
il bagliore nella mano mi risponde
con la spietata tenerezza della luce:
il vento e i sogni non si possono fermare.
Piego e annodo dentro i pugni questo grido
le mie impronte con l'argilla del dolore
nodo e dono che conosco per legare
all'origine del viaggio il nostro seme.
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