Ti secca il sole,
ti fa sparire il vento,
ma il deserto ti salva
dall’uno e dall’altro-
rendendoti uno scricciolo,
simile alle briciole
che solo i beduini sanno,
riconoscendo il seme,
dormiente,
tra uguali granelli di sabbia-
se nelle mani colme d’acqua
turgida e piena ti gonfi
di un antico sapere.
Nel perenne miracolo, aperta,
sei solo un gomitolo appena bagnato
condotto a grande distanza,
morente,
quando si apre di nuovo
sciogliendo i nodi alla lana,
la tua corona brillante
rotolando sulla sabbia come sfera
possiedi la perdita, e respiri
imitando il passo della morte;
sei così viva in fondo alla carne
quando sollevi il tuo capo leggero
seguendo il richiamo del vento,
perduta ogni traccia di humus.
Disidratata, ti alzi, verso l’ignoto,
e ai vapori sottili di abele
discendi, e ti fermi,
inumidita,
con gli occhi come aculei nella terra,
sei già un fiore!
Anastatica rosa di Sant’Anna,
nelle pozze bagnate dei palmi,
raccontami ancora con la lingua
di quando le doglie eran lunghe,
di come restavi nell’acqua,
per tutto il travaglio della tua donna,
fino al vagito. del nome
ritorno a sentire il suono mancante,
della sua voce nel ventre
l'amore solitario che nasconde
Presentire l’acqua è già amare,
dove l'erba s'incammina verso i fiori
nelle prime ore del mattino,
con la punta delle dita,
strofinando sulle palpebre sottili
le orecchie inumidite delle rose,
per aprire quel minuscolo dolore
che nasconde i suoi passi nel vento,
non appena ci brillano le mani..
la luce farà il resto...
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