Pubblicato il 23/03/2015 18:48:26
Hotel Balkan Europa
Dicono che la tiepida convalescenza stia per finire. Lo dice il sordo dolore di Donetsk lo dicono i rumori soffocati di chi nel sonno toglie la sicura, lo dicono gli avamposti degli incendi la dinastia di una rabbia amniotica. Lo dicono questi passi abbracciati da nessuno questo buio che dilaga nella raggiunta efficienza delle lampadine, lo dicono gli sciamani apocalittici fasciati in pellicce di canapa indiana che coltivano insipidi cavoli come fossero ostie. Lo dice il Mediterraneo indeciso su quale sponda fuggire, lo dicono i cortei dei corpi subacquei ancorati alla compassione della sabbia. Lo dice il carisma crescente del boia il suo ottimo accento inglese, la polvere pirica cosparsa sulla carotide impura. Lo dice la forbice impazzita tra i Mandarini e gli schiavi tra i privilegiati e gli offesi. Lo dice questa speranza bonsai, questo calabrone conficcato nell’aspra dolina del petto. Lo dice chi vuole provare a dare l’allarme prima che le sirene coprano il canto, lo dice chi da sempre confida che l’uomo migliori quel tanto. Lo dice perfino chi non lo dice quando a lungo non stende la sua mano più fredda su una fronte esposta alla febbre. E intanto, lungo il bordo del contagio nelle nervature della rete nel cuore cablato del mondo stanno già camminando a gattoni nuovi pastori dell’essere senza baffi a spazzolino, ma con la stessa esoterica propensione a risvegliare i piromani dormienti. E’ un vecchio adagio ma sufficiente a rianimare la stagione di caccia all’animale anomalo. Oggi che acri e acri di memoria sono arati a slogan riappare chiara la colpa da estirpare. E molti sono di nuovo disposti a marciare nella legione straniera della storia.
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