Le immagini strappate all’inconscio nelle Proiezioni al crepuscolo di Antonio Spagnuolo
Nella sua ormai settantennale attività letteraria Antonio Spagnuolo ha attraversato diverse fasi e stagioni, riuscendo a mantenere sempre un’elevata qualità poetica. Nelle oltre quaranta raccolte di poesia pubblicate Spagnuolo ha mostrato di possedere una voce personalissima, componendo, con le sue liriche inconfondibili, una musica di straordinario fascino.
Forte di una sostanziale continuità con le opere immediatamente precedenti, Proiezioni al crepuscolo effettua un accurato recupero delle emozioni e delle sensazioni provate in passato dall’Autore, di quelle che continuano a palpitare nelle misteriose profondità della memoria e dell’inconscio, due funzioni della mente talmente interconnesse e interdipendenti da non poter esistere l’una senza l’altra, se è vero che è proprio la funzione mnestica il luogo dell’Es.
Il particolare scavo archeologico che Spagnuolo compie nelle vastissime zone sotterranee e ctonie della propria coscienza è volto, infatti, a riportare alla luce le immagini del passato più incandescenti e importanti che proprio in quelle zone se ne stanno nascoste, magari del tutto amalgamate con le immagini dei desideri più reconditi in una vitale simbiosi.
A muovere questa difficile operazione è soprattutto la viscerale esigenza di continuare a dialogare con le persone care strappate al suo affetto, tra le quali brilla per bellezza ed eleganza la sua amata compagna, morta alcuni anni fa ma ancora palpitante e viva in quelle remote zone, dentro quelle preziose e meravigliose immagini interiori. Metterle su carta, col suo stile unico e magistrale, permette a Spagnuolo di rivivere per un istante – ma in profondità – alcune delle sensazioni provate quando sua moglie gli stava ancora accanto e la vita sorrideva ad entrambi. Gli permette, insomma, di attenuare notevolmente gli effetti dell’azione distruttiva del tempo misurato dagli orologi, della sua spietata irreversibilità.
Ecco perché le poesie di Memorie – la prima delle tre sezioni in cui è ripartito il volume – sono intessute di rievocazioni del tempo ormai trascorso e di allusioni a ciò che di quel tempo è rimasto vivo nel suo io più profondo, come mostra sin dal suo incipit l’appassionata e raffinata lirica che dà inizio alla raccolta: «Era tempo di luci, a volte morbide, / attorno al tuo profilo delineato dai colori, / fra le semplici velature di foschie / lungo le strade del destino» (Prigioniera).
Tuttavia, nelle poesie di Spagnuolo, la tenera dolcezza e la calda sensualità dei ricordi, che gremiscono il suo tempo interiore, convivono non di rado con la percezione amara di vivere in un presente segnato dalla più fredda desolazione. Inoltre, il continuo riaffacciarsi alla memoria di alcune tracce di esperienze particolarmente piacevoli e lontane finisce col rendere più aspro e tormentoso, ampliandolo a dismisura, il rimpianto per le meraviglie del tempo che fu, un po’ come avviene nell’implacabile chiusa di Nodo: «Giocava il tuo corpo adolescente / al soffio del tempo, e ritorna / senza pietà tra le figure / un nodo che giocammo insieme».
Ma questi ed altri ostacoli non fermano il suo strenuo lavoro di scavo negli strati più interni ed inconsci della memoria. Recuperare le immagini del passato ancora calde e cariche di Eros lì celate, ridando loro luce e custodendole attraverso la poesia, è il solo modo concesso a Spagnuolo di continuare a incontrare la sposa di tutta la sua vita, l’unico che ha a disposizione per contrastare il continuo sperpero che il tempo fa delle nostre forze e il vertiginoso aumento di entropia che ne consegue.
Un preciso e assai drammatico avvenimento della Storia più recente irrompe nell’esperienza poetica dell’Autore con Kabul 2021: la riconquista di questa città da parte dei talebani durante il ritiro dei militari della Nato dal suolo afghano nell’agosto del 2021, ovvero l’evento che ha sancito di fatto la restaurazione del dittatoriale e totalitario Emirato Islamico dell’Afghanistan. In Kabul 2021 la poesia di Spagnuolo da una dizione tutta tesa all’espressione della soggettività approda quasi all’improvviso ad un più ampio discorso di carattere civile, ma conservando con fermezza la sua forte vocazione lirica. I versi di questo sconfortato componimento provano che le strazianti immagini del disastro, diffuse in tempo reale dai social media, sono entrate così a fondo nel subconscio e dentro al cuore dell’Autore da avere acceso in un battito di ciglia la sua portentosa ispirazione poetica: «Il terrore è bloccato negli sguardi / ora che i talebani hanno il potere / di distruggere ogni illusione. / Nulla vale la storia per gli inganni / che ricamano gli orrori. / È la forza di un lampo fugace / fuori del tempo, lungo il bilico che frana / per l’umanità in atomi mortali. / Lo strazio rimbalza fra le madri / che allontanano i bimbi, lacerando / ogni dubbio offrono pianto, / in altri paralleli, senza più badare / alle sospensioni che la notte conduce. / […] Ha insegnato ben poco il secolo passato / se un atroce destino insiste nelle menti / bacate da ignoranza, / inseguendo inusitate ombre, invereconde polveri / sull’orlo avvizzito dei rifiuti, / e sempre più lontano dai diritti morali, / dove langue ogni tentativo di evasione. / Nelle stesse ore il mondo intero / ricade nelle spire dell’ignoto».
Le sei poesie che compongono Visioni, la seconda sezione di Proiezioni al crepuscolo, sono particolarmente brevi e concentrate. In esse Spagnuolo ha modo di esprimere al meglio la sua accesa vivezza coloristica e la sua innata attitudine al visivo. Si ispirano, infatti, ad alcune opere pittoriche della poliedrica e valente artista napoletana Maria Pia Daidone, alla quale sono dedicate. Leggerle è come visitare una piccola ma intensissima mostra d’arte, dato che ognuna di loro ricrea – traducendolo abilmente in scrittura – un mirabile ciclo di quadri materici: «È solo un fotogramma l’esplosione / che ha convertito asimmetrie in colori. / Al tocco dell’azzurro il velo avvolge, / rivede le occasioni, e per cercare ha scudi / che cesellano forme. / Non si nasconde il segreto fra le pietre / che illividendo a chiazze / fanno incanto di un corpo che cattura respiri. / Promessa di stupore / gli ornati hanno sagome ambrate» (Campi velati).
In Carteggi – l’ultima e più corposa sezione del libro – ridiventano molto numerosi i riferimenti alle più intime e segrete sensazioni provate in passato dall’Autore, per il quale ritorna pressante la necessità di colloquio con la donna che più di ogni altra persona al mondo lo completava. Alla poesia, in un presente così devastato dalla più gelida e meno momentanea assenza dell’oggetto d’amore, Spagnuolo affida il delicatissimo compito di mantenerne viva la memoria, in modo da lenire il più possibile l’insopportabile sofferenza dell’addio: «Sei venuta fuori in quel tempo, / quando ho perso il reale ad interrompere / il registro dei pollini, / tanto eri perfetta. / Rimarrà sempre un coagulo / contrabbandiere come la poesia, / inseguendo lunghe sere nel candore / delle tue pupille. / Sgranata nell’aguzzo delle lettere / ammiccavo i tuoi baci nell’impazienza / di ditirambi inconcepibili» (Polline).
Ma in questa sezione della raccolta c’è spazio anche per la rievocazione di un’altra figura fondamentale nella vita di Spagnuolo. Nella terza lirica, infatti, è il padre dell’Autore ad essere rimpianto con sconfortata amarezza. Un rimpianto, tra l’altro, velato dall’ombra di un ormai irrimediabile senso di colpa: «Abbandonai mio padre e le sue ossa / sbriciolate tra i miei capelli ormai bianchi. / Rivedo nel suo volto amareggiato / rovine e risvegli, / bocconi con un guizzo rantolante / che chiedeva carezze, / trasfigurato a chiamarmi per le stanze buie / al limite di speranze. / Io non l’ascoltavo! / Nei suoi rigidi termini stesse voci / inaridite come gli occhi socchiusi / e le dita veloci per un tocco improvviso. / Dove tacciono le ore / il tempo ha una stridente armonia» (Mio padre).
La guerra è il trionfo di Thanatos, perché è nella guerra che trovano la loro espressione più distruttiva le pulsioni aggressive insite in ciascun individuo. Una poesia come Oltre la pace probabilmente serba dentro di sé più di una traccia del contesto storico-sociale in cui è stata composta, giacché sembra percorsa dalle tante inquietudini provocate dalla guerra che sta attualmente insanguinando l’Ucraina. Una guerra che ha già devastato diversi territori con orrenda ferocia e in cui più di una volta è stato agitato il terrificante spettro della bomba a fissione nucleare: «Altre stanze gli agguati nemici che annientano / il potere ormai indeciso, illusioni, / sguardi a catturare preghiere d’amore, / segrete al posto di trincee, nel fremito sospetto. / Annienta nell’ignoto lascia ritrovi / di pietre decomposte, / squarcia schermi per ultime difese, / improvvisi abbandoni di bambini, / frutto lacerato che si smorza tra i fantasmi del missile. / Voce tremante l’appello del padre, inutile / orizzonte del vuoto che tempesta».
Oltre alla loro elegante e fortemente evocativa musica, a unire tutte le poesie di questa raccolta, alquanto varia dal punto di vista tematico, c’è la loro tonalità di fondo meditativa e pregna di malinconia. Una malinconia molto spesso sgomenta di fronte alla precarietà del vivere, perché presaga del cupo silenzio a cui ognuno è da sempre condannato, come mostrano gli ultimi disarmati e disarmanti versi di Conchiglia: «Sento il piombo della morte sulla pelle, / nessuna promessa da offrire, / soltanto narrare una storia / che diviene lamento confuso. / Spezzasti il mio balenare / rotolando nei sogni».
La scrittura poetica di Antonio Spagnuolo dà voce all’inconscio e l’Es parla soprattutto attraverso le immagini simboliche ed enigmatiche proprie della dimensione onirica e delle libere fantasie. È per questo motivo che le sue liriche traboccano di immagini vive e talvolta inquietanti, che – avanzando anche grazie a rapide associazioni foniche – riescono a rendere appieno il suo incessante flusso di intuizioni multicolori e bui presentimenti, oltreché i suoi fulminei scatti di gioia illusa o tormentosa disperazione. Provenendo dai più intimi ed inconsci strati della memoria, tali immagini non sempre risultano immediatamente intelligibili ma ciò non ne pregiudica affatto l’intensità emotiva ed il fascino estremo, visto che si mostrano in grado di toccare nel profondo l’inconscio di chi legge e le sente vicine.
La poesia di Antonio Spagnuolo ha superato la prova del tempo in maniera davvero brillante. Proiezioni al crepuscolo testimonia che la sua lunghissima, prolifica ed importante ricerca poetica è ancora straordinariamente vivace e capace di interessanti e sostanziosi sviluppi. Anche in quest’opera l’Autore è riuscito a donare ai suoi lettori degli organismi lirici di eccellente fattura e di grande suggestione, caratterizzati da un timbro luminoso ed irrequieto allo stesso tempo: «Trappola l’autunno con i boccioli che non potrai toccare! / Che tu possa ritornare è un assurdo, eppure io cerco ancora, / tra le pieghe che le coltri disegnano, le forme della tua carne. / Nel letto, che la morte ha concesso, il tuo nudo è di marmo rosato. / E il tempo sembra interrompere vibrazioni di luci / mentre l’immagine allunga a sbalzi timorosamente. / Nella dissolvenza dell’abbandono ho visto giungere il buio / ad occhi aperti, e resta l’improbabile vagabondaggio / fra le memorie, insieme con l’apprensione del sopravvivere, / vigile e insonne nel terribile frastuono del pensiero. / La divina follia è un festoso scattar dalla tomba / tra i colori dei vetri ed il filtrare dei fiori profumati, / più oltre si udiva il canto di un flauto solitario / lento nello staccare le note in attesa del segreto di un’ora tarda. / Avrei dovuto aspettare il riflesso di un raggio, / ma la fuga gioca con la punta delle scarpe» (Vagabondo).
Gianfilippo Gravino
Antonio Spagnuolo, Proiezioni al crepuscolo, Macabor Editore, Francavilla Marittima (Cosenza) 2022, pp. 90, € 12,00.
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