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Adolescenza

di Elio Zago
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Pubblicato il 20/02/2016 15:19:02

 Era stata colta da un improvviso brivido inconsueto. Non capiva. Stette immobile. Si sentiva disorientata. Le cose intorno a lei sembravano assumere una dimensione nuova. Che cosa stava succedendo?


 Al mattino era stata a scuola, come al solito. Aveva ascoltato con attenzione le lezioni degli insegnanti. Poi, durante l’intervallo aveva giocato e scherzato con i compagni e le compagne. Era tranquilla e serena. Nulla l’aveva turbata.


 Adesso, nell’ora dei compiti a casa, era sola. I genitori erano ancora al lavoro. Si alzò dal suo piccolo tavolino. Andò alla finestra. La giornata era piena di sole, il cielo splendeva di azzurro. Si era in maggio e la temperatura era ancora mite. Le parve che la vegetazione sulla collina fosse più lussureggiante del mattino, più fresca e viva. Avvertì di essere assorta.


 Negli ultimi mesi, il suo corpo aveva avuto dei trasalimenti, delle vibrazioni. Si era accorta che le sue forme si stavano leggermente modificando, ma non vi aveva dato molta importanza.


 Vedeva che le ragazze più grandi erano vicine a farsi donne e, dentro di sé, inavvertitamente, aspettava che il suo corpo avesse il suo naturale sviluppo.


 A tredici anni non aveva fretta. Come le aveva già accennato la mamma, sarebbe arrivato anche per lei un momento, in cui qualcosa di nuovo l’avrebbe avvertita che la sua vita stava per cambiare ma, al momento, Irene ne aveva solo una fantasia confusa.


 Entrambi i genitori erano attenti alla sua crescita, anche psicologica. Con i modi più opportuni, quando pensavano che Irene fosse perfettamente in grado di capire, le avevano parlato con semplicità della vita, di come si nasce e di come si muore, le avevano fatto osservare la varietà della natura, l’avevano educata a sentirsi bene nell’ambiente in cui viveva.


 Irene era riservata ed ascoltava serenamente le parole di papà e mamma, sentiva che le erano amici, che la volevano preparare a situazioni insolite e si fidava di loro, ma non era così scontata la sua fiducia, perché aveva già conosciuto la delusione dell’amicizia.
 Era stata in particolare la compagna di banco, con la quale aveva sempre avuto un caro affetto, a causarle la prima amarezza.
 Irene le aveva confessato, non senza arrossire, di avere una simpatia per Edoardo e le aveva espresso il timore che lui potesse venirlo a sapere.
 Lucia aveva accolto quella confidenza con allegria e, a sua volta, non aveva nascosto i suoi sentimenti nei confronti di un altro ragazzino. Sembrava che quei piccoli segreti fossero un loro tesoro privato e invece Lucia non aveva saputo tenere per sé la confessione di Irene. Edoardo era venuto a saperlo ed Irene arrossiva ogni volta che lo incontrava.


 Da quel giorno era diventata ancora più riservata di quanto non fosse già per natura e diffidava di parlare con chiunque dei suoi sentimenti.
 Eppure quei sentimenti si erano venuti arricchendo negli ultimi mesi ed Irene li avvertiva come un piccolo peso, per la incapacità di condividerli con altri: con i genitori o con le amichette.
 Oltre a sentire il suo animo più ricco di sensazioni, Irene avvertiva che la scuola, negli ultimi tre anni, le aveva fatto nascere pensieri nuovi che le avevano aperto varchi inattesi nella scoperta di un mondo non solo fanciullesco.
 Erano state in particolare le prime conoscenze di poeti e narratori a farle capire che la vita aveva dimensioni da lei non ancora immaginate, che l’animo umano conosce profondità quasi ignote alla sua età, che forse stava per finire l’età della felicità inconsapevole.


 Irene per molto tempo aveva desiderato avere una sorella, magari maggiore di qualche anno, per avere una confidente sicura e per poter scambiare con lei sentimenti e pensieri ancora incerti e insicuri. Ma i genitori non l’avevano potuta accontentare e quindi si era fatta una ragione di stare sola, anche se si sentiva ben protetta in famiglia.


 Aveva anche pensato di crearsela una confidente: un diario. Ed in effetti un diario era stato acquistato e nascosto in un posto della casa ritenuto sicuro. Aveva incominciato ad annotare alcuni pensieri, ma le parvero subito di poco significato e smise quasi subito. L’idea però non era stata scartata del tutto e forse avrebbe potuto diventare un utile alleato più avanti.


 Quando i genitori erano in casa, o quando si intrattenevano con lei dopo cena, il televisore era sempre acceso.
 Irene si era accorta che papà e mamma non guardavano programmi banali. Ascoltandoli aveva cominciato a capire che il mondo era molto diverso da come lo aveva ingenuamente immaginato.


 Un aspetto della vita su cui aveva idee confuse era la religione. I suoi genitori non l’avevano battezzata. Non era quindi mai andata a messa. Ricordava l’allegria di molte sue compagne nel giorno della “comunione”. Erano feste belle anche per lei, perché la mamma la vestiva come se fosse lei la festeggiata. Ma non le aveva mai invidiate. Mamma e papà, in più occasioni, le avevano spiegato in modi semplici e convincenti che non è giusto che siano i genitori a scegliere una religione per i figli. Avrebbero potuto farlo da soli, al compimento della maggiore età, se ne avessero sentito il bisogno.
 Ma la cosa che non riusciva assolutamente a capire era la ragione per cui, ogni anno, morissero tanti bambini e bambine per fame o per sete. Perché non era possibile evitarlo? Anche su questo argomento aveva chiesto chiarimenti ai genitori, che, a malincuore, avevano dovuto disilluderla su certe idee che si era fatta sulla natura buona degli esseri umani.


 E sulla natura aveva provato a riflettere, dopo aver ascoltato i discorsi non facili di mamma e papà.


 Su un’altra questione era insicura: su come la vita di ognuno fosse il frutto di una natura inconsapevole, come le avevano spiegato, anche perché non ignorava che era diffusa la credenza che uomini e donne fossero state create da un Dio.
 Ma si fidava dei suoi genitori e ogni tanto ritornava sulle loro parole nella speranza di riuscire a farsi un’idea sua propria.


 Tutto questo le era venuto in mente, in modo confuso e ingarbugliato, mentre osservava la bellezza di quella giornata.
 Solo l’imbrunire la risvegliò dai suoi pensieri.


 Avvertì che quel giorno era stato diverso dagli altri.
 Le aveva dato la sensazione che stava cambiando in lei qualcosa di importante. Cominciava forse il tempo in cui non sarebbe più dipesa interamente dagli altri, ma avrebbe potuto avere sentimenti e pensieri personali su cui costruire il suo mondo. 

  


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