Non sono uscita indenne da questa casa,
dai suoi rombi di marmo freddi
per i piedi di una bambina,
e anche che ci fosse sempre poca luce
non era un bell’affare
per occhi sempre affamati
com’erano i miei - forse ora
ho perso quel vizio, e mi avrete addestrato
alla fascinazione dell’ombra.
Tutto in buona fede: non abbiate remore,
non pensiate - davvero - che abbia molte riserve
o che rimugini spesso sul vostro rigore da patriarchi
e sull’educazione quadrata,
anche se ho cercato ogni tanto
di disegnare sui muri, di indicarvi da che parte
andavano i miei piedi, zoppicanti perché
le cose che ci instillano da piccoli
rimangono come terreni difficili
da battere, dove nascono alberi vecchi
che raramente fanno per noi.
Vi prendo nel vostro sorridermi
anche se molto è stato sepolto
sotto questa pace pacchiana
e molto è di volta in volta taciuto
perché via, è meglio così:
a cosa serve dibattere strillare -
aderire non è meglio, non è meglio
a tutelare?
Belle le vostre mire, per carità,
ma mi sono poi scansata per la paura
di essere altra da me. Abbiate pazienza:
sapete, preferisco cercarmi
sulla via di Nessuno.
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