Karoline, il protagonista di questa storia, è un giovane uomo amante di ogni essere vivente. Una persona dall’animo gentile; se fosse un colore sarebbe di certo il bianco. Durante il giorno lo si può osservare mentre cura i suoi adorati animali domestici, la notte amoreggia con la flora sparsa nel suo appartamento; se fosse un colore sarebbe il verde. Gli piace sorseggiare il tè sul balcone nei momenti liberi, immergendo nell’infuso i peli persi dagli animali in ogni angolo della casa; se fosse un colore sarebbe il rosso. Il Sole lo bacia nelle giornate calde, le stelle lo illuminano nelle notti più oscure; se fosse un colore sarebbe il giallo. La storia che voglio raccontare inizia nel momento in cui ne finisce un’altra: in casa di Karoline sta per fare la sua comparsa un nuovo inquilino, mentre un secondo ormai se ne è andato; se questa storia fosse un colore sarebbe una farfalla.
Karoline accoglie tutte le creature bisognose senza timore, lo spazio in casa sua c’è sempre o viene realizzato appositamente. Un giorno qualunque, di un mese qualunque, di un anno qualunque, mentre passeggiava per strada aveva trovato un uovo all’interno di un cassonetto, era stato gettato come spazzatura, come se la sua esistenza fosse insignificante o priva di valore. Karoline si commosse alla vista di quel guscio ellittico e candido. Così, pensando fosse l’uovo di un cane, lo portò a casa in attesa della sua schiusura e della nascita di un dolce cucciolo. Quando il perlaceo guscio si ruppe, un pinguino fece capolino nella vita di Karoline, in quel preciso momento il giovane uomo si ricordò che i cani non depongono uova.
Ci sono tanti altri racconti simili, ma sarebbe tedioso ascoltarli tutti e nella loro interezza, pertanto elencherò gli animali domestici di Karoline, almeno finché la stanchezza non prenderà il sopravvento: oltre al pinguino, un pesce rosso, due gatti, un cane, un ornitorinco, sette anguille, un dromedario, zero cammelli, un’aquila, cinque elefanti, venti mosche, sei api, quindici balene, animali pelosi, piumati, squamosi, viscidi, ma nessuno ultraterreno.
D’altro canto quando una di queste creature lascia l’abitazione, il giovane uomo si sente in dovere di rimpiazzarla. Il legame che si instaura tra lui e il mondo è estremamente forte, perciò nel momento di perdita si crea un vuoto nelle profondità di Karoline. L’unico modo per riempire questo malinconico vortice interiore è ristabilire l’equilibrio sensoriale dopo la privazione.
Questa storia prende avvio quando uno dei gatti di Karoline perse la vita, esattamente all’età di tre anni, tredici mesi, trecentosessantasei giorni. Era un gatto allegro, a cui piaceva giocare tutto il giorno. Ma questo suo lato non impressionava Karoline, ciò che caratterizzava questo animale era la sua capacità culinaria. Riusciva a preparare squisiti manicaretti: pietanze dolci, salate, agrodolci, agrosalate, tutte una delizia.
La tavola imbandita con queste pietanze richiamava ogni singola creatura nella casa, dando così avvio a lunghi lunghissimi pasti.
Nei giorni successivi alla morte dell’adorato gatto, la tavola continuava ad essere diligentemente preparata.
Karoline pensò che i gatti non sanno cucinare, anzi a loro piace essere serviti, quindi era impossibile un atto del genere da parte di quell’animale ormai trapassato. Fino a quel momento aveva vissuto nella menzogna, probabilmente era lui stesso a preparare il cibo senza accorgersene. Poi invece si ricordò che gli elefanti sanno cucinare egregiamente, senza alcun dubbio uno di loro era quell’abile chef. Karoline non si fece mai più nessun quesito sull’argomento.
Come detto precedentemente la caratteristica del defunto gatto, che Karoline adorava di più, era la sua giocosità, una vivacità primitiva e pertanto spensierata. Ora il giovane uomo avrebbe vissuto nell’ombra della noia, senza il divertimento procurato dal suo amico felino.
<> pensava il giovane uomo tre giorni dopo alla dipartita terrena dell’animale <>
Nel frattempo sorseggiava una tazza di tè alla luce delle morbide stelle della volta celeste.
La vera storia inizia proprio in questo momento.
Quello raccontato fin ora potreste anche non leggerlo, è inutile ai fini della narrazione; forse solo qualche informazione è necessaria, ma di certo non tutto quello che è stato detto.
Karoline stava, giustappunto, degustando dell’ottimo infuso di erbe aromatiche e di peli d’animale sul proprio balcone. Il giovane uomo pensava alla maestosità dell’universo, mentre osservava il cielo ricco di piccoli puntini luminosi <> ripeteva incessantemente come se qualcuno potesse ascoltarlo dall’alto, stolto!
<<Troverò di certo un nuovo gatto, nella maestosità di questo universo>> cercava di convincersi, per deviare da quella monotonia che lo attanagliava a causa della scomparsa del suo amato felino. <> si domandava senza trovare alcuna risposta, la noia ormai lo aveva invaso in ogni suo fibra fisica e mentale.
Ad un certo punto, nel giorno di cui sto raccontando, ad un’ora imprecisata, ma di sicuro durante la sera, Karoline alzò le mani verso il cielo e con un abile movimento di polso riuscì a creare una scala che lo collegasse con le stelle. <<Andrò a fare un giretto aspettando il sorgere del Sole>> diceva tra sé e sé mentre molto lentamente alternava il piede destro al sinistro sopra i vari gradini celesti, verso una meta indefinita. Durante la sua ascensione, potè osservare tutto il mondo terreno, le stelle illuminavano perfettamente ogni cosa: edifici e…
… in realtà solo quelli, perché Karoline risiede in un complesso abitativo circondato solo da enormi palazzi, senza alberi, senza verde. Forse per questo motivo, il giovane uomo ha costruito all’interno della propria casa un habitat perfetto per ogni tipo di flora e di fauna.
Ma continuiamo, non sono qui per fare congetture! Il mio scopo è raccontare una storia vera, così come l’ho vista.
Riprendiamo.
Karoline, per diminuire la fatica durante il tragitto, stava ascendendo al cielo per mezzo di un ascensore celeste, quale modo più semplice se non quello di una somiglianza semantica? Le pareti della cabina erano trasparenti, in questo modo il giovane uomo aveva la possibilità di ammirare le meraviglie sottostanti. Di fianco a lui, tantissimi altri si stavano innalzando al cielo per mezzo dei più disparati mezzi di trasporto: scale mobili celesti, scale celesti tradizionali (tradizionali perché non si muovono? Perché sono sempre statiche?), scivoli celesti che, piuttosto che farti scivolare, ti trascinavano verso l’alto. Tutti erano più lenti di Karoline, proprio perché la via migliore per salire al cielo era utilizzare l’ascensore. Ovviamente.
<> salutava il giovane uomo dall’alto della sua posizione privilegiata, metaforizzando gli altri essere umani a questi animali, la cui caratteristica principale è ben chiara al lettore.
La durata del viaggio per raggiungere il cielo dipende dal mezzo utilizzato, per farvi capire, se dovessi farne una media direi circa del tempo. Proprio dopo questo tempo, Karoline raggiunse l’apice della volta celeste, dove numerosissime stelle brillavano lontane, intoccabili. Il piano celeste era inumano per la sua bellezza, indicibile nella sua meravigliosa tranquillità. L’ambiente in cui era immerso Karoline era rilassante, quasi utopico per la mente. Il giovane uomo si lasciò trasportare dalla corrente dei sensi, sollecitando sia il piacere fisico sia il piacere intellettuale. Iniziò a volteggiare in un’estasi ascetica, al di sopra di ogni concezione umana.
Le parole terrene non possono spiegare questo tipo di concetto e lo limiterebbero ulteriormente. Nel caro lettore insorgerà una difficoltà di comprensione, se lui stesso non abbia sperimentato personalmente tale situazione. Lascerò all’immaginazione, o all’esperienza, la restante parte descrittiva e narrativa di questo speciale momento.
La notte è ancora lunga, la storia che voglio raccontare nemmeno all’inizio, sebbene abbia più volte dichiarato il contrario.
Tutto questo è veramente superfluo!
Dovrei giungere al succo della narrazione, ma come ho detto la notte è ancora lunga.
Almeno per me.
L’elevazione del corpo e della mente portarono Karoline alla sublimazione dello spirito.
Il momento in cui riprendo a raccontare è proprio questo: dove il mio pensiero può evincere le reali azioni del protagonista, dove la mia bocca può esprimere un significato logico, dove la mia mano segue la linea intrinseca del giovane uomo e della sua storia.
Quando nella volta celeste si scontrarono elementi dall’inusuale forma e dimensione, una teogonia ebbe inizio a nostra insaputa. Fu la nascita di ogni sapere e comprensione, ciò a cui l’uomo aspira, non tanto quanto individuo in sé, ma quanto essere umano.
Il rumore che si manifestò ruppe la calma assoluta dell’idillio celeste, il peso della conoscenza piombò come un macigno in una landa desertica.
Se non avessi assistito, non avrei captato alcun suono, non avrei dato importanza a quegli eventi.
Lo spirito di Karoline collise con il sapere, ne divenne parte, ma distinto nella sua essenza ed esistenza. Il vociare dei suoi pensieri si fece largo nell’infinito, fino a raggiungere coloro che porgevano l’orecchio, curiosi.
Il giovane uomo osservò gli esseri viventi << Quelli sono dinosauri!>> esclamò << Le pattuglie di sicurezza del futuro, quali splendidi esemplari>>. << E quei cavalli di seta? Imponenti nel loro galoppare tra le dune di gelatina color indaco e le splendenti palme di piombo>>. Karoline poteva vedere, poteva capire, poteva soprattutto spiegare, ma quest’ultima azione la tenne per sé.
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Probabilmente il sonno gioca brutti scherzi. In questo punto mi addormentai o mi distrassi momentaneamente, fatto sta che non colsi le parole di Karoline.
Mi destai troppo tardi, quando molti avvenimenti avevano già compiuto il loro percorso. Non so cosa successe, ne se fosse interessante. Ma in ogni caso dovrò narrare ciò che accadde ormai giunta l’alba.
Sono spiacente per i lettori, ma non posso rimediare.
Io devo raccontare una storia vera, così come l’ho vista!
Sarei un infame, se facessi il contrario.
Il Sole stava per sorgere. In lontananza scomparivano stelle dopo stelle per lasciare posto ad una più grande, almeno per noi.
Il calore e la luminosità stavano aumentando sempre di più, a quella temperatura perfino il fluido più ruvido si sarebbe sciolto.
Rividi Karoline di nuovo seduto sul suo balcone, mentre la tazza di tè era ormai completamente piena.
Le piccole macchie del manto celeste stavano scomparendo, mentre Karoline cercava di raggiungerle nuovamente.
Fallì miseramente.
Triste guardò il pavimento sopra la sua testa, meditò e rimase cogitabondo di fronte al muro.
Tutta quell’interiorità fu distratta da un fastidio, proveniente dal basso, dai pantaloni. La mano di Karoline scivolò velocemente nella fessura dei jeans. Durante il tragitto di ritorno verso casa, alcune stelle si erano subdolamente infiltrate negli indumenti del giovane uomo. Per liberarsi da questo fardello, le luminose entità furono gettate in una lettiera lì vicino.
Poco prima del sorgere del Sole, Karoline stava accarezzando il suo nuovo gatto. Animale comune nella maestosità dell’universo. Il vuoto interiore era stato colmato. Ora la luce dell’alba coccolava con dolcezza la sua figura, mostrando la tranquillità di un animo umano nell’equilibrio interiore.
Qui si conclude la storia, dal momento in cui non c’è più nulla da narrare. O forse non ho più voglia di continuare?!
Ora vi starete chiedendo la mia identità, dico bene?
Avete presente il famoso detto “se i muri potessero parlare…”, ottimo! Osservate con attenzione la casa di Karoline e, se non potete, immaginatela, facendovi guidare da me. Scorriamo le pareti, in un angolo troverete una sedia, anche le sedie hanno il loro “da dire”. Concentratevi su quella sedia, vedete ora?
E sì…
Sono proprio io!
Il fratello di Karoline, che seduto comodamente, ha raccontato questa storia.
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