Pubblicato il 13/04/2023 11:33:51
Per una gran parte della nostra vita (forse soltanto della mia?), non ci vien fatto di chiederci cose che riguardano il passato dei nostri genitori e zii. Un tempo che non sembra riguardarci, però, in ogni caso, “a portata di mano”, se soltanto si volesse. Le mamme, ad esempio, raccontano, o portano con sé, le cose del passato. Parlo per me: mia madre cantava canzoni che non appartenevano al mio presente. Neanche al suo. Forse neanche al suo, di passato. Forse erano le canzoni che, a sua volta, aveva ascoltato dalla madre, per cui da chissà quale profonda distanza di tempo giungevano. Mia madre cantava “J'ai deux amours", non so bene se fosse davvero in francese perfetto, ossia come la cantava l’afroamericana Joséphine Baker, però, allo stesso modo, mi ritrovo a canticchiarla io. Canzone vecchissima della “venere nera” che, più o meno dagli anni trenta, aveva fatto impazzire il pubblico. La canzone parlava dei due amori, quello per il paese d’origine e per Parigi e mia madre la cantava come se anche lei provasse quelle emozioni. Da giovane aveva avuto una voce molto bella e qualche proposta artistica non presa in considerazione. Avere avuto una madre che cantava e suonava il pianoforte e un padre che, tornando dalla Banca, si acquietava con “dieci minuti al piano”, prima di pranzo, ci ha fatto crescere con l’amore per la musica e, pur se non mai realizzata sotto forma di studio, questo amore è stato trasmesso ai miei figli fin dalla nascita, con le ninna nanne, inventate o meno e le canzoni melodiche cantate per addormentarli. In loro la musica ha preso “più volume” in vari modi. Intanto, all’epoca non sembrava importante chiedere ai genitori, agli zii, ai nonni, “le storie di famiglia”, un po’ perché si vivevano (nonni e zii, se non tutti, alcuni almeno, viventi), un po’ perché non interessavano. Al momento. Quella frase che ascolto alcune volte anche io:-“Lo hai già raccontato, mamma.”- Quella espressione che leggi sul volto dei figli: -“Ecco, adesso lo racconta di nuovo, sono fatti finiti…”- Probabilmente la frase l’ho detta e pensata anche io. Poi passano gli anni, uno ad uno i “personaggi” di quelle storie se ne vanno e, in alcuni casi, non trovi neanche “materiale” per farle rivivere, come vecchie foto e vecchi documenti. Oppure, invece, ti imbatti i foto della seconda guerra mondiale, dove vi appare uno zio che l’ha combattuta e lui non c’è più per dirti di quale fronte di guerra sono il ricordo. Un ricordo non tuo. Così magari ci rifletti e pensi che avresti fatto bene a chiedere, perché quella zia che raccontava di tua madre giovane e dei nonni, non può più farlo e persino alcuni rami del tuo albero sono stati troncati. Dunque? Forse sarebbe stato meglio che avessimo posto domande, a suo tempo, forse sarebbe meglio che i giovani ascoltassero le vecchie storie di famiglia e riguardassero le vecchie foto, chiedendo di questo o di quello e dei luoghi, dei fatti, delle generazioni che ancora possono essere, in qualche modo, recuperate. Perché un giorno, purtroppo, gli interpreti di quelle storie, non ci saranno più per raccontarle.
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