Quando l'anima si riempie, in ogni piega,
di emozioni scambiate a bassa voce
tu notassi la luce che proviene
sottile come un'ostia fino ai piedi
come alza e abbassa dentro il cuore
un deserto lunghissimo di stelle.
-Ha fatto un passo indietro l'altra notte-
dove il corpo stava per finire,
mangiato a colpi di parole,
nella tua vacca di legno-
sensuale e delicata,
non ha perso la sua infanzia
nè l'amore in pieno giorno al tuo cospetto,
minotauro che hai seguito quel sudore
volendo penetrarla nella mente ]
La soglia è sempre umida del cuore
dove il suo morire resta vivo,
inseguendo i picchi sopra il tronco
la semplicità sospende il tempo,
nutrendo il desiderio e l'altro nome
del paesaggio che hai smarrito nel cortile
della reggia, una miniera che si apre
nel divino, portatrice di pietà
tra le visioni
c'è l'inferno della gioia -e la pazzia
dell'ardimento- che si offre nuda,
nelle movenze di una beghinale,
fidanzata al godimento eterno
della luce, ch'è regola a se stessa
dove tu hai visto un pentolone solamente,
con la maga che lo gira, c'è una donna,
nella cavità della bellezza, cristallina,
quanto più la senti oscura, lei rimesta
delle erbacce nella terra con i fiori,
con lo stesso amore dei tuoi versi,
il richiamo irresistibile a scavare
negli stagni, come fossero dei laghi,
con le gambe indipendenti dal pensiero;
lei si affida,
sussurrando al selvaggio delle acque,
ai buchi della sua magrezza,
mettendo semi nel sambuco, aria di menta
non hai scorto, dalla tua più alta luce
per uno stelo d'erba il viso in lacrime
nè l'orgasmo della legna dentro il fuoco
per l'acqua da scaldare, nel vivaio
le sue mani, quando stringono selvatiche
la grana delle cose, dentro casa
quanto minuscoli i suoi occhi,
come piccoli eserciti instancabili
di ciò che hanno amato pelle ed ossa,
nelle crepe della siccità, per ogni goccia
che girava sui bordi della fede,
con amore, per un filo di freschezza,
di fertilità. È troppo presto
per la memoria delle lacrime
appena pronunciate;
la dolce febbre dell'acqua che risale
è un arco spalancato,
un gesto d'apertura dove tace,
se vibrando ascolta di un altrove,
su questa stessa terra;
dal buio del fondale io la sento respirare,
scrivendo la sua maternità nel fango:
"Ho sepolto tutto ciò nella poesia"
ripete,
con un chiarore nero intorno al cuore,
nella gioia che le dona la ricchezza
di raccontare al suo ritorno di qualcuno
che ha battuto così forte contro il petto,
traducendo dal dolore come un suono,
nel mite dondolio da ramo a ramo
lasciando tracce dalla bocca dei tre pini
alle orecchie della quercia che passava
la sua voce tra le mani , ed è qualcosa
che rimane
ad aprirmi senza fine.
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