Pubblicato il 04/03/2015 19:23:24
Cala la sera sulla valle stanca. Scuro il cielo e il cuore di chi spera. Il respiro dei campi di grano s’è fatto tagliente, un glaciale sentore di vuoto ha fagocitato il batter d’ali di un’aquila in volo. L’occhio osserva il ricordo vano dell’antica bellezza, del dipinto eterno che l’uomo contempla mirando e sognando all’estremo più ultimo da questa piccola finestrella, della mia vita unica certezza. Quanti colori, quali poesie dischiudi, caldo spiraglio all’oblio umano! Con quali melodie, tintinnii fragorosi e fulgidi accompagni la vista dell’infinito. Ed io mi faccio piccolo a cotanta pienezza: io son ricco, ma troppo poco capiente. T’immagino, natura; m’immagino astante a te, mai per sbaglio assente. Allorché mi immagino nudo a te, spoglio dell’umano peccato d’odio e violenza, sento di vivere un’esistenza mia. Ti tengo sempre spalancata, candida finestrella: sono solo, ho troppo freddo tra queste oscure e infime mura. O, Donna mia, cara Natura, sei ancora tu così tanto paga prenderti di me amorevol cura?
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