Dice Gesù:
«Una volta ti ho fatto vedere il mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno.
Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta tale morte per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno.
Si sono congegnati un aldilà a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello spirito del male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’inferno così come la fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento, e col pentimento la via per tornare a Me. La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del maligno), non vuole questi arretramenti e questi ritorni.
Annulla perciò la fede nell’inferno quale realmente è, e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre future elevazioni. Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro come è detto nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico Io, l’iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio, e per trenta monete e col segno di un bacio - un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito - mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive. No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu l’ingiusto per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio sangue, Io non lo sono. E perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto, Io, Dio uno e trino, che ciò che è destinato all’inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno, e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e d'iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo.
No, ché anzi dopo la tremenda rassegna più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo - il poter nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso - più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli per sempre, per sempre, per sempre; un sempre il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno d'un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e d'orrore nel profondo per i maledetti.
Ti ho detto che il purgatorio è fuoco di amore. L’inferno è fuoco di rigore.
Il purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel Regno della Luce, i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è come per i purganti santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono - alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana - adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola “odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei cachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è di suo tormento, perché rinnovella a ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce a ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento.
Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo, sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore di aver ricusato Dio nel tempo, sta per suo tormento presente a essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti e stridono, stridono il loro memento:
“Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio, il cui santo fuoco hai deriso.”
Fuoco risponde a fuoco.
In paradiso è fuoco di amore perfetto.
In purgatorio è fuoco di amore purificatore.
In inferno è fuoco di amore offeso.
Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, men che del fuoco di Dio, il fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh, che sia l’inferno non potete immaginare!
Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, gelo, acque che sommergono, sonno, fame, sete, ferite, piaghe, malattie, morte, e fatene un'unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani, avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
Oh, non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano.
Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri, anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso, ed esser nell’abbraccio della tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi a essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte, e nutrirà questi morti per l’eternità.
Io ve lo dico, Io che pur l’ho creato quel luogo. Quando sono sceso in esso per trarre dal limbo coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, Io, Dio, di quell’orrore; e se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore.
E voi ci volete andare!
Meditate, o figli, questa mia parola. Ai malati viene data amara medicina, agli affetti da cancri viene cauterizzato e reciso il male. Questa è per voi, malati e cancerosi, medicina e cauterio di chirurgo. Non rifiutatela. Usatela per guarirvi.
La vita non dura solo per questi pochi giorni della terra. La vita incomincia quando vi pare finisca, e non ha più termine. Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia di Dio fanno bella l’eternità, e non dove Satana è l’eterno suppliziatore.»
(Dagli scritti della mistica Maria Valtorta.)
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