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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Giulia

di Elio Zago
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Pubblicato il 03/02/2016 16:29:53

 Era una tiepida giornata di inizio aprile. Solo qualche nuvola grigiastra si muoveva nel cielo azzurro.
 Ai lati della strada si ergevano platani alti e corposi. La primavera ne aveva già ricoperto i lunghi rami di foglie, mosse da una tenera brezza.
 La macchina scorreva sull’asfalto in frequenti accelerazioni e frenate.
 Giulia era agitata. Si stava recando verso una spiaggia non molto lontana. Quel giorno, il mare si dondolava placido e alle sue spalle si stendeva una fitta pineta, nella quale quasi non si scorgeva un basso casolare, ben inserito nell’ambiente.
 Andrea l’aspettava là.

 Come trasognata, Giulia guidava male, a non molta velocità e a scatti. Era richiamata alla realtà solo dal clacson di qualcuno che, dopo averla seguita per un tratto, si spazientiva e la avvertiva di un sorpasso. Il rapido passaggio dell’auto la stordiva e le dava la sensazione di essere investita dallo sguardo cattivo del conducente. Allora, si riscuoteva e riusciva a pensare ai mesi felici trascorsi in uno stato di quasi beatitudine. Ma erano solo ricordi. Ora la realtà la incalzava e rischiava di travolgerla in uno scandalo dalle conseguenze inimmaginabili.

 Era passato poco tempo da quando l’aveva conosciuto.
 Alla fine dell’anno precedente era con Tullio e la bambina in montagna, a sciare. Era un luogo di villeggiatura molto frequentato e ricco di occasioni per conoscere altre persone.
 Dapprima lo aveva guardato con distacco, come quando si guarda un oggetto mirabile, senza che desti particolari risonanze nell’animo.
 La presenza di quel giovane nel luogo del suo soggiorno cominciò però a farla sentire strana e a destarle qualcosa di insolito, dopo molti anni in compagnia di Tullio. Non riusciva a capire bene, ma avvertiva il ridestarsi di un sentimento da tempo sopito.
 Provava a scacciarlo, invece si irrobustiva. Gli sguardi occasionali con Andrea erano stati all’inizio senza significato, ma poi si erano infittiti e duravano sempre più a lungo.
 Allora si rifugiava da suo marito, ne sollecitava le attenzioni, si occupava freneticamente della bambina, investita da insolite cure.
 Sembrava però che ci fosse un ostacolo insormontabile.
 Giulia aveva trentacinque anni, Andrea era molto più giovane, solo ventotto. Lo aveva saputo durante il gioco fatto con altri villeggianti a nascondersi gli anni, ma poi tutti avevano confessato la loro età.
 La vacanza era finita in un baleno, così almeno pareva a lei. Prima di lasciarsi, tanti si erano scambiati abbracci e baci, avevano giurato che non si sarebbero più dimenticati e soprattutto si erano scambiati i numeri di telefono.

 Giulia si occupava in prevalenza dell’andamento della casa, ma amava anche la lettura, andava al cinema, visitava mostre ed era impegnata in attività sociali.
 Le era rimasta infatti la voglia di conoscere, anche se non aveva terminato gli studi superiori, perché all’ultimo anno era incappata in una bruciante bocciatura, che l’aveva depressa e convinta a lasciare la scuola.

 Andrea aveva in mano un’arma formidabile. Qualche giorno dopo il ritorno dalla montagna, pensò di telefonarle. Era titubante. Avrebbe potuto non trovarla o, peggio, avrebbe potuto rispondere il marito. Ma forse non sarebbe stato un problema. Avrebbe potuto provare a ricordargli le giornate passate insieme e a esprimergli il desiderio di rivederlo. Ma restava incerto. Era però sicuro che gli sguardi con Giulia erano stati il segnale di un forte sentimento nascente.
 Osò.

 “Pronto, chi è?”
 “Sono Andrea.” Rimase impietrita ed ebbe bisogno di un attimo per riprendersi.
 “Sono Andrea.”
 “Sì, … ho capito. Come mai?”
 “Desideravo sentire la sua voce.”
 “Sì.”
 “Forse potremmo rivederci … , con la sua famiglia … ”
 Giulia capì che mentiva, ma era fortemente emozionata.
 “Sì … , si potrebbe, ma mio marito ha tanti impegni.”
 “Allora potremmo fare una passeggiata noi due, e ricordare le belle giornate passate insieme in montagna.”
 “ … Sì, …”
 “Però non sarebbe opportuno farci vedere nella sua città … o nella mia … So che a lei piacciono molto le mostre di pittura … Vicino alla sua città, ce n’è una sull’impressionismo che, dicono, sia molto bella … Potremmo trovarci là.”
 “… Sì … Ma ci devo pensare … Mi chiami domani alla stessa ora.”
 All’ora stabilita, suonò il telefono, vicino al quale stava seduta Giulia, in attesa.
 “Che cosa ha deciso di fare?”
 “ … Sì … si potrebbe, … di pomeriggio.”
 Il ghiaccio era rotto. Convennero di trovarsi nel luogo indicato da Andrea, il prossimo martedì.

 Le ore successive alla telefonata erano state per Giulia di confusione. Non riusciva a stare ferma. Si occupava di cose insolite: a mettere in ordine i giocattoli di Katia, a curiosare nei cassetti trascurati, a controllare il suo guardaroba. Ma era contenta. Temeva di essere stata imprudente a fissare quell’appuntamento, ma non ne era pentita. In fondo, quella telefonata l’aveva sognata e attesa e ora era diventata realtà.

 Andrea era di famiglia benestante. Aveva frequentato il liceo scientifico, dal quale era uscito con buoni voti. Ma si era arenato all’università, dove si era iscritto a filosofia. Aveva iniziato bene, facendo quasi tutti gli esami del primo anno, ma poi aveva cominciato a rallentare ed era finito fuori corso e ancora non si era laureato.
 Andrea era bello, alto e di ben formate misure. Era anche simpatico e non gli mancava una sciolta parlantina. Aveva avuto brevi avventure con diverse ragazze, ma, se anche aveva amato, non conosceva ancora la passione travolgente. Ora, gli sembrava che Giulia stesse per destargli un sentimento più profondo. In ogni caso, le feste con gli amici e le vacanze occupavano molto tempo della sua vita.

 Finalmente, il giorno tanto atteso era arrivato. L’appuntamento era fissato per le ore 16. Giulia era molto inquieta. Si sentiva investita da rapidi brividi di paura. Era insicura. Non si rendeva ben conto di quello che avrebbe potuto succedere nella sua famiglia, ma non avvertiva alcun rimorso per quanto aveva deciso di fare. Il desiderio di rivedere Andrea era così forte, che ogni altra preoccupazione passava in secondo ordine. Aveva studiato nei dettagli i comportamenti da tenere quel giorno.


 Un’anziana signora, Alice, aveva visto nascere Giulia quando lavorava a casa dei suoi genitori, dove era stata insieme donna delle pulizie, cameriera e baby-sitter. L’aveva vista anche crescere e pensava di conoscere tutto di lei; le portava grande affetto. Così, quando Giulia si sposò, volle continuare in casa sua quello che aveva fatto per tanti anni dai genitori. Ma, ormai anziana, non era più in grado di offrire i suoi servizi per tutta la giornata.
 Ora, poteva aiutare Giulia a ore e così avevano convenuto. Senza un orario fisso, si recava da Giulia quando ne fosse richiesta. In tal modo, non era una presenza continua. L’aiuto continuò anche dopo la nascita di Katia. Era quindi una presenza rassicurante, che Giulia gestiva con molta discrezione.
 Perciò, per Giulia, non fu difficile organizzare quell’incontro. Dichiarando, con passione, di voler assolutamente vedere quella mostra, convinse Alice ad essere a casa sua a una certa ora di quel pomeriggio. La bambina era quindi in buone mani.

 Il marito, Tullio, non sarebbe stato a casa quel giorno. Fuori città, avrebbe dovuto partecipare a un convegno scientifico. Alla sera, si sarebbe trattenuto a cena con altri ricercatori. Tullio era infatti laureato in chimica e lavorava ormai stabilmente, come ricercatore, in una Università vicina.

 Febbrilmente, Giulia si preparava all’incontro. Aveva scelto un vestito semplice, di lana color grigio. Vi aveva abbinato un paio di scarpe basse. Poi aveva frugato tra i suoi gioielli e ne aveva scelto uno particolarmente bello e giovanile. Al mattino, sarebbe stata dalla parrucchiera su appuntamento e avrebbe portato con sé anche Katia.

 Il momento si avvicinava. Verso le tre, arrivò Alice. Giulia le fece qualche consegna e raccomandazione, diede un bacio alla bambina, indossò un cappotto pesante nero e si portò alla macchina in garage. Partendo, mandò un ultimo saluto ad Alice.

 Durante il viaggio era emozionata. Pensava a tante cose, ma non era turbata da alcun timore. Il suo non era un capriccio, sentiva sempre più forte il richiamo di Andrea e questo sopravanzava ogni altro pensiero.

 L’incontro avvenne nel luogo stabilito. Per Giulia non fu difficile arrivarvi. Andrea le aveva indicato con precisione il percorso da fare, uscendo dall’autostrada. Era un viale alberato un po’ lontano dal centro, dove, a quell’ora della sera, era stato abbastanza facile per Andrea trovare un posto per parcheggiare e dove poté controllare che un altro spazio vicino alla sua auto restasse libero per Giulia. Come arrivò, Andrea la assistette nella sistemazione della vettura, le porse la mano mentre scendeva dall’auto e gliela tenne finché non fu del tutto uscita.

 Giulia era quasi più bella del solito. Raggiando alla vista di Andrea, lo aveva timidamente abbracciato e gli aveva chiesto scusa per i pochi minuti di ritardo. Anche Giulia era abbastanza alta, un po’ meno di lui, ma aveva una figura snella e un volto dai tratti delicati. Aveva sopracciglia naturalmente sottili, gli occhi tendenti all’azzurro, un naso regolare e una bocca leggermente carnosa. I capelli erano sistemati a caschetto. Le due figure sembravano messe insieme da un artista. Andrea portava dei jeans di color grigio sporco e non molto stretti, una camicia chiara, su cui teneva una sobria giacca blu. La temperatura di quel giorno gli aveva consigliato di indossare un loden verde.
 Si incamminarono, ma incontrarono un bus che portava al centro della città. Vi salirono, restarono in piedi, perché era affollato. Andrea stava dietro a Giulia, ma avvertivano entrambi il calore dell’altro. Giunsero a destinazione. L’interno della mostra era abbastanza frequentato e, nel passare da una stanza all’altra, Andrea lasciava sempre a Giulia la precedenza. Erano quadri di autori noti, ma anche di pittori minori. Tutto sembrava bello in quell’ambiente leggermente riscaldato. Andrea esprimeva qualche commento, che Giulia condivideva.
 Rimasero circa un’ora. Di più non avrebbero potuto, perché Giulia doveva rientrare a casa a un’ora opportuna, per lasciare libera Alice. Durante il ritorno alle auto, questa volta a piedi, conversarono su quello che avevano visto, ricordarono le giornate passate insieme in montagna e si scambiarono complimenti per i loro abiti.
 Arrivati al parcheggio, si lasciarono con un abbraccio piuttosto affettuoso e con la promessa di rivedersi. Lui la precedette fino all’autostrada, dove si salutarono con un cenno della mano.

 A casa trovò tutto in ordine, poté licenziare Alice all’ora stabilita e si accinse a preparare la cena. Katia era tutta felice per il ritorno della mamma, le si stringeva addosso, ne voleva tanti bacetti.
 Giulia era ancora in preda all’emozione dell’incontro e sentiva che aveva ancora bisogno di Andrea, progettava già di rivederlo, forse in modo meno formale. Le giunse una telefonata di lui. Si informava se al ritorno era andato tutto bene. Un buonasera molto caloroso chiuse la giornata.

 Tullio tornò molto tardi. Giulia avvertì il suo arrivo, ma finse di dormire. Tullio era un uomo robusto, di alta statura, con occhi brillanti e vivi, il volto regolare, su cui si stagliavano due baffetti appena accennati. Si spogliò in silenzio e si pose accanto a Giulia, e presto si addormentò. La giornata era stata pesante perché aveva tenuto una relazione e non aveva mancato di ascoltare quelle di tutti i suoi colleghi. Era quasi sempre assorto nel suo lavoro e concedeva alla famiglia tempi brevi, anche se molto affettuosi.

 Giulia stava pensando a un nuovo incontro. Doveva avvenire di mattina, quando era più libera. Il marito sarebbe stato al lavoro, Katia alla scuola materna. Ma dove incontrarsi? Ne avrebbe parlato con Andrea. Le telefonate erano ormai quotidiane, sempre alla stessa ora del mattino. Mentre stava rimuginando, ecco uno squillo. Sul volto di Giulia comparve una gioia, che avrebbe voluto esplodere in un grido di felicità.
 “Pronto … ?”
 “Sono Andrea.”
 “Sì ….”
 “Come stai?”
 “Bene … Stavo pensando.”
 “A che cosa?”, chiese esitante Andrea.
 “ … Che potremmo rivederci … ”
 “Ti chiamavo anch’io per questo …”
 “Ma sono incerta … Non so dove.”
 “Pensiamoci … fino a domattina.”
 “Sì … allora ci risentiamo domani.”
 “Ti chiamo alla solita ora?”
 “Va bene.”
 “Ciao.”
 “Ciao … a domani.”

 Suona il telefono. La risposta è immediata.
 “Sei tu?”
 “Sì … Avrei pensato che potremmo incontrarci domani mattina alla Biennale.”
 “Ma … , di mattina?”
 “Aprono alle dieci.”
 “Allora … va bene.”
 “Dobbiamo essere accorti … Per non dare nell’occhio, tu dovresti venire in macchina, fermarti vicino al molo e prendere il traghetto … Sempre da sola, ti dovresti portare alla mostra. Sono pochi passi. Io sarò lì ad aspettarti, poco dopo l’apertura.”
 “Ma tu come ci arriverai?”
 “Non preoccuparti … Importante è non farsi vedere prima di entrare …    All’interno … fingeremo un incontro occasionale.”
 “Meraviglioso. Ma non sarà troppo rischioso?”
 “Non vedo l’ora di rivederti.”
 “Anch’io.”

 Era una giornata bellissima, fredda, ma piena di sole. In cielo, neppure una nuvola.
 Giulia aveva accompagnato Katia a scuola, dove si era intrattenuta con una bidella e aveva salutato la sua maestra che passava di corsa.
 Baciata la bambina, era ritornata a casa, dove era tutto in ordine, ma volle guardare lo stesso in tutte le stanze. Si vestì un po’ pesante, perché faceva freddo. Poi, si era portata in garage, aveva verificato che le luci della macchina fossero a posto, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno perché, ogni tanto, Tullio si recava, il sabato mattina, da un meccanico amico che gli controllava il buon funzionamento dell’auto.

 Partì per tempo. Non voleva essere notata. Giunse tranquilla a un parcheggio a pagamento, vicino al traghetto, posteggiò e osservò con attenzione dove avesse messo la macchina per trovarla più facilmente al ritorno.
 Uscì dal parcheggio, si portò all’imbarco, dove salì senza dare nell’occhio. Era trepidante. Il secondo incontro con Andrea sarebbe stato decisivo.
 Arrivò in vicinanza dell’esposizione un po’ in anticipo, ne approfittò per bighellonare tra i negozi vicini e infine giunse alla mostra al momento stabilito. Lui era là che l’aspettava.
 Entrarono ognuno per conto proprio, come fossero sconosciuti.
 All’interno, non c’erano molti visitatori e fu perciò facile cogliere l’occasione per avvicinarsi. In un momento in cui nessuno li poteva vedere, si presero e si strinsero forte la mano. Fu una tempesta nel cuore di Giulia.
 Visitarono varie sale, scambiandosi intensi sguardi di desiderio. Si erano poi portati all’uscita e, salutandosi formalmente, per non destare sospetti, si erano separati per riprendere la strada del ritorno.

 Durante il viaggio, Giulia era eccitatissima. Sentiva che, la prossima volta, sarebbe accaduto qualcosa di straordinario. Non pensava al marito. Sentiva quel momento come un intervallo della sua vita, a cui aveva diritto dopo tanti anni di ordinario matrimonio.

 Giulia e Tullio si erano conosciuti piuttosto giovani, partecipando a una manifestazione di protesta studentesca.
 Tullio era ormai all’università e faceva una vita di studio intenso, ma non era insensibile a quanto accadeva intorno a lui, in particolare alla richiesta giovanile di un rinnovamento della società.
 Giulia frequentava l’ultimo anno delle superiori e più volte si era lasciata coinvolgere dall’aria festosa e impegnata di riunioni organizzate da studenti di vari istituti.
 All’inizio, Giulia e Tullio si erano scambiati parole gentili, ma nulla lasciava presagire il seguito di quell’incontro occasionale.
 Invece, Tullio incominciò a guardare con insistenza Giulia, che non era rimasta indifferente alle sue attenzioni.
 Così, quella giornata, vissuta con la gioia di partecipare a un movimento giovanile, si tramutò nell’inizio di una avventura che si sarebbe conclusa molti anni dopo con un giuramento di fedeltà.
 Si erano sposati in municipio perché erano tutti e due laici e consideravano quello il vero matrimonio. Era stata una vita felice, anche se tardava ad arrivare un bambino che entrambi desideravano. Quando ebbero la notizia certa del suo concepimento, fu una gioia grande e i mesi successivi passarono nella lieta attesa dell’evento.

 Katia era nata quando i genitori non erano più giovanissimi. Giulia aveva trent’anni, Tullio cinque di più. Ma fu un giorno memorabile, perché la bambina era nata sana, con lineamenti perfetti.
 I parenti avrebbero voluto che fosse battezzata, ma Giulia e Tullio non vollero legarla a nessuna religione.
 Katia crebbe così libera e sempre più bella. Affascinava la sua spontaneità, e ogni giorno imparava cose nuove.
 La mamma, che si dedicava interamente a lei, rinunciò definitivamente a cercare un lavoro, perché lo stipendio del marito era sufficiente.
 Tullio non avrebbe potuto aiutarla perché era molto impegnato. Infatti, dopo aver conseguito il dottorato, stava lavorando alacremente per diventare ricercatore.

 Katia aveva nonni di grande rigore morale. Il nonno aveva lavorato in uffici pubblici ed era ormai in pensione. Sua moglie, dopo aver insegnato molti anni nella scuola inferiore, si apprestava a un giusto riposo. Erano moderati, senza saperlo, con una vita tranquilla e abbastanza superficiale, attenti a non scontrarsi con chi la pensava diversamente.
 L’arrivo di Katia aveva aperto un capitolo nuovo nella loro vita. Se fosse stato possibile, l’avrebbero tenuta sempre presso di sé e non si rifiutavano mai di farlo quando Giulia ne avesse avuto bisogno.


 Fu contando su questo aiuto che Giulia cominciò a immaginare un incontro decisivo con Andrea.
 Aveva saputo da lui che i suoi genitori possedevano una casetta in una pineta vicino al mare e che la frequentavano molto poco.
 Volle fantasticare che in quella dimora avrebbe potuto raggiungere una perfetta felicità.

 Giulia era discretamente colta. Ai ricordi scolastici aveva saputo aggiungere letture significative, non solo di narratori che avevano scandagliato l’animo umano, ma anche di pensatori che avevano ragionato attorno al significato e ai valori della vita.
 Di solito, quando aveva esaurito gli impegni familiari, trascorreva molte ore nel piacere della lettura di uno dei tanti libri che aveva raccolto in una buona biblioteca.
 Era anche appassionata di musica e non mancava di ascoltare non solo i cantautori più noti, ma anche i più grandi musicisti, soprattutto del Settecento e dell’Ottocento.
 Ma, in quei giorni, non riusciva a concentrarsi. Il pensiero dominante era Andrea. Lo sognava ad occhi aperti, sembrava che esistesse solo lui. Di lui, anche se lontano, sentiva il profumo corporeo; di lui ascoltava, dentro di sé, la voce armoniosa e la risata squillante.
 Doveva assolutamente rivederlo al più presto.
 Ma come fare? Sicuramente, in quella stagione, la zona attorno alla pineta doveva essere poco frequentata. Non sarebbe stato quindi pericoloso arrivare alla casa di villeggiatura dei genitori di Andrea. Mentre si rassicurava, le nascevano continuamente altri timori. Bisognava che i suoi movimenti non causassero alcun sospetto. Bisognava trovare il giorno adatto in cui Tullio fosse impegnato tutto il giorno, per sentirsi completamente libera.
 Questo alternarsi di pensieri si faceva sempre più frenetico, ma non poteva più nascondersi il bisogno fisico di possedere quel corpo, di sentirne vibrare tutte le fibre, e di donarsi a lui con tutto l’abbandono possibile.
 Era l’inizio di febbraio.

 La casa era il luogo in cui si trovava meglio, ma quel nido aveva finestre aperte alle voci del mondo.
 In casa aveva tante cose da fare: curare innanzitutto la bambina, alla quale non faceva mancare nulla che fosse necessario. Cercava anche di educarne i sentimenti.
 Terribili erano i giorni, in cui Katia aveva qualche problema di salute, specialmente nella stagione invernale. Sollecitamente si rivolgeva alla pediatra per averne confortanti consigli.
 Katia era nata senza problemi e scoppiava di salute. Non a caso. Prima di attenderne l’arrivo, Giulia si era informata su possibili malattie ereditarie e aveva fatto, assieme a Tullio, tutti i controlli possibili, entrambi convinti che un bambino avesse il diritto di nascere sano e che si dovesse fare tutto il possibile perché ciò avvenisse.
 Era sinceramente afflitta quando aveva notizia che un altro bambino era stato meno fortunato e doveva sopportare una vita difficile.
 Era sempre pronta a dare il suo aiuto e a mettersi a disposizione per qualsiasi assistenza.
 Era anche convinta che i bambini avessero il diritto di essere felici.
 Così, procurava a Katia tutte le occasioni perché i suoi primi anni trascorressero nella più totale serenità.
 Senza viziarla, cercava di rispondere alle sue esigenze ed amava molto portarla a spasso per farle vedere persone nuove e gli animali e per farle notare la ricchezza della natura, specialmente quando si ridestava a primavera o quando si colorava di sfumature in autunno.
 Con Tullio aveva un rapporto sereno. Non si vedevano spesso a causa del suo lavoro, ma alla domenica era tutto suo e volentieri ne godeva le intime confidenze notturne.

 Oltre a occuparsi di cose pratiche, Giulia sapeva trovare momenti tutti per sé, per curare la sua persona e interessarsi di varie cose.
 Non era solo appassionata di mostre pittoriche. Faceva il tifo per i suoi cantanti preferiti, sapeva infiammarsi a una partita di rugby, andava volentieri al cinema e, con Tullio, non mancava a qualche importante conferenza.
 Si occupava anche di cucina. Non era molto esperta e brava, ma traendo spunto dai libri, sapeva preparare qualche buon piatto. Alla domenica, in particolare, riusciva a imbandire un risotto squisito, dai più vari sapori, di cui Tullio era ghiotto.
 Non aveva amiche costanti. Piuttosto, conoscenti, con cui di volta in volta poteva andare al cinema o a un avvenimento sportivo, a vedere una mostra o a fare una passeggiata.
 Amava molto parlare con persone incontrate occasionalmente. Ne aveva fatto esperienza durante una campagna elettorale locale, in cui era candidata, andando nei mercati rionali o ai supermercati. Sapeva interessarsi ai problemi degli altri, ascoltandone le pene, ma anche le soddisfazioni.
Giulia stava anche bene con se stessa. Stare sola non le pesava. Rifletteva spesso su notizie ricavate dalla lettura dei giornali o da trasmissioni televisive. Non leggeva tutti i giorni un quotidiano, ma se lo procurava quando andava a spasso con Katia. Non se lo faceva mai mancare di domenica. Era quindi sempre informata di quanto avveniva sul pianeta e molto spesso era turbata dalle notizie su calamità naturali e su sconvolgimenti sociali.
 Pur appartata, era investita in pieno dalle sofferenze delle persone e dalle difficoltà del mondo di trovare risposte alle esigenze di una umanità alla ricerca di giustizia.
 Era anche giocherellona. D’estate, quando pioveva, era solita mettersi un impermeabile di nylon con cappuccio, indossare sandali di plastica e andare a camminare sotto la pioggia. L’acqua sul volto e sui piedi le dava una sensazione di vita rinascente. Rideva allegra e destava simpatia in chi la incontrava e si fermava a osservarla con piacere.
 Giulia aveva insomma una vita piena, senza noia, senza desideri inutili, tutta protesa verso l’esterno, con animo curioso, e tanta disponibilità a dare qualcosa di sé agli altri.
 Naturalmente la attraeva la spiritualità femminile e, pur senza farne una mania, riteneva che alle donne spettasse un posto più importante nella società.
 Tutto questo era Giulia, contenta di esserci e di poter essere utile.

 Ora, all’improvviso, un uragano stava sconvolgendo la sua vita operosa, ridestando echi di passate accensioni sentimentali e aggiungendo splendore alla sua giornata. Sapeva che doveva essere un momento passeggero, ma ne voleva assaporare tutti i frutti possibili.

 Tutto era avvenuto così in fretta. Giulia ne era un po’ frastornata.
 Come un forte vento impetuoso che spalanca una finestra socchiusa e scompiglia le carte ben ordinate di una stanza, Andrea era entrato di prepotenza nella vita di Giulia e ne aveva turbato gli equilibri del cuore. Ma non aveva riempito un vuoto. L’affetto di Giulia per Tullio era forte e sicuro.

 Giulia era dunque pervasa da una frenesia insolita e da una fretta inconsapevole. Il pensiero dominante era diventato quello di trovare il modo di incontrare Andrea nella casa in pineta.
 Pensò anche di fargli una sorpresa, telefonandogli. In un primo momento, le era sembrato troppo audace, ma poi si convinse che era un modo per sentirsi pari a lui. Così, una mattina, poco prima della solita ora in cui Andrea la chiamava, alzò la cornetta, compose trepidando il numero di telefono e attese.
 “Pronto.”
 “Sono Giulia …”
 “Giulia! … Che sorpresa! Come mai?”
 “… Mi frullava in testa un’idea e … avevo voglia di fartela conoscere.”
 “Cara Giulia, .. sì, … dimmela subito!”
 “ … Mi piacerebbe vedere la tua casa in pineta.”
 “Ma certo, … adesso è un po’ in disordine, ma se verrai la riassetterò per te.”
 “Sono incerta sul giorno, ma dovrebbe essere presto”, e istintivamente arrossì.
 Anche Andrea aveva ascoltato felicemente quel desiderio.
 In realtà, Giulia aveva pensato attentamente al giorno in cui avrebbe potuto andare e, arrossendo ancora, disse: “Vediamoci venerdì, nel primo pomeriggio.”
 Andrea fece un salto di gioia e la espresse così: “Ci sarò. Ti aspetterò. Non ne vedo l’ora … La strada per arrivarci è facile e comunque nei giorni precedenti te la indicherò con precisione."
 “D’accordo”, chiuse Giulia. “Non mancherò.”

 Giulia aveva tre giorni a disposizione prima dell’incontro. Bisognava organizzare nei dettagli la giornata.
 Il primo pensiero andò a Katia. Alla mattina, l’avrebbe portata, come al solito, alla scuola materna. Bisognava poi che la andasse a prendere il nonno Beppo, all’uscita. Katia aveva per lui un attaccamento straordinario. Quando lo vedeva, gli correva incontro per abbracciarlo e poi, durante tutto il tempo in cui era a casa dei nonni, gli faceva le moine.
 Il nonno era abituato ad andare in piazza, verso mezzogiorno, per incontrare gli amici e per bere con loro un aperitivo. Non gli sarebbe stato difficile andare a prendere Katia, all’uscita dalla scuola.
 Katia aveva un rapporto bellissimo anche con la nonna Sandra, che aveva incominciato a insegnarle a far da mangiare. Katia passava ore intere alla sua scuola. Se al pomeriggio fosse restato un po’ di tempo, la nonna l’avrebbe vestita per bene e l’avrebbe portata a fare un giretto.
 A Katia piaceva anche dormire dai nonni. La considerava una vacanza. Sarebbe stato quindi facile che la bambina venisse affidata ai nonni per tutta la giornata di venerdì, compresa la notte. Anche se il giorno successivo non fosse andata a scuola, non sarebbe stato un problema.
 Quanto a Tullio, aveva una consolidata abitudine. Quando si alzava al mattino e Giulia stava ancora dormendo, si portava silenziosamente in cucina e, senza farsi sentire, si preparava il solito caffè con la macchinetta espresso, prima di fare toilette. Se, quando aveva finito, Giulia dormiva ancora, se ne andava senza salutarla. Durante la mattinata, si prendeva una breve pausa dal lavoro e le telefonava per accertarsi che tutto fosse a posto.
 Non sarebbe stato difficile, nel giorno stabilito, quando Tullio si fosse svegliato, fargli credere che stava ancora dormendo, anche se il suo cuore sarebbe stato sicuramente in subbuglio. Era sicura che il marito avrebbe avuto una giornata piena di impegni e che non avrebbe potuto tornare prima delle otto di sera.
 La mattina di venerdì tutto andò bene. Giulia aveva portato a scuola la bambina che, come concordato con i genitori, avrebbe poi passato a casa loro tutto il resto del giorno e la notte successiva.
 Anche Tullio, verso mezzogiorno, aveva telefonato per sentire come stava. Al risveglio, infatti, Giulia aveva fatto la commedia e Tullio era andato a lavorare sicuro che dormisse.

 Era una mattina fredda e nebbiosa. Verso mezzogiorno, la nebbia si era diradata e si poteva vedere il globo solare coperto dalle nuvole grigie. Alle due, quando Giulia partì, il sole era riuscito a forzare le nubi e il freddo era diminuito.
 Fu un viaggio facile. Andrea le aveva spiegato bene il percorso. Solo inoltrandosi nella pineta ebbe un po’ di difficoltà. A un incrocio, fu incerta se andare a destra o a sinistra, e infatti prese erroneamente a destra. Capì subito di avere sbagliato, tornò indietro e giunse, senza incontrare nessuno, davanti a un fabbricato basso, circondato da una staccionata di legno. Non ebbe il tempo di fermarsi, che Andrea era già vicino all’auto e la aiutava a scendere, strappandola quasi al mezzo meccanico e trascinandola dentro la casa, che fu chiusa rapidamente. Dentro, si abbracciarono subito, si baciarono ardentemente, Andrea le carezzava i capelli, Giulia rispondeva prendendogli il volto tra le mani. Quasi subito, Andrea cominciò a spogliarla. Anche Giulia tentò di togliere ad Andrea i pochi vestiti indossati, ma Andrea fu più rapido, non solo spogliò lei, ma si tolse rapidamente i suoi indumenti. Restarono nudi, accarezzati dal tepore della casa. Si trascinarono verso un letto a due piazze, e si lasciarono cadere in un abbraccio intenso. Andrea la baciava ovunque, le accarezzava la pelle diafana, Giulia rispondeva ai suoi baci con altrettante effusioni. Si avvolsero, si storsero, si capovolsero, nessun centimetro di pelle sfuggiva ai loro baci, finché si possedettero in estasi e sembrò ad entrambi di sentire un’armonia intensa e diffusa. Un grido all’unisono concluse quello scontro ardente.
 Sfiniti, caddero supini, tenendosi la mano e respirando di felicità. Non si erano ancora parlati e i loro corpi, finalmente appagati, si assopirono.
 Stettero così per circa mezz’ora. Quando riuscirono a scambiarsi parole dolci e appassionate, si riabbracciarono e fu ancora un’estasi infinita, che finì con un altro amplesso gridato. Guardandosi intensamente negli occhi, stettero ancora l’uno aderente all’altra. Poi si stesero, dolcemente soddisfatti, in una pienezza di piacere infinita. Si coprirono.

 “Giulia, tesoro, finalmente sei venuta.”
 “Non ne vedevo l’ora.”
 “Come ti senti?”
 “Bene … sono serena.”
 “Ti sei stancata?”
 “Non tanto … ora mi riprendo.”
 Rimasero ancora un po’, la mano nella mano.
 Poi Giulia si sciolse, si mise a sedere e chiese dove fosse il bagno. Prese i suoi vestiti e si ritirò.
 Anche Andrea si era intanto alzato e rivestito. Con un pettine che aveva in una tasca, si riavviò i capelli.
 Quando Giulia uscì, si baciarono ancora dolcemente.
 “Giulia! … Ti faccio visitare la casa.”
 Tutto era molto in ordine, Andrea aveva sistemato ogni cosa con cura.
 Giulia capì che i suoi genitori erano di buon gusto e notò come l’interno della casa fosse stato impreziosito con tanti piccoli soprammobili.
 Intanto, Andrea le stava preparando un the.
 Lo bevvero in silenzio, sorridendosi.
 Si stava avvicinando l’ora in cui Giulia doveva andare.
 La nebbia era ridiscesa. Andrea volle accompagnarla. Misero i cappotti. Si baciarono ancora.
 “Rivediamoci presto”, disse Andrea.
 “Sì”, rispose Giulia.
 Salirono in macchina. Andrea, davanti, le faceva da guida e la accompagnò fino alla strada principale, dove si lasciarono scambiandosi un bacio con la mano.

 Appena giunta a casa, Giulia telefonò ai genitori. Tutto stava andando benissimo. Katia le comunicò con entusiasmo che avrebbe dormito dai nonni.

 Il martedì dopo, Giulia era ancora nella casa in pineta. Pure il secondo incontro fu pieno di passione e si amarono intensamente. Ma restò anche il tempo per parlare di sé, di rivelare almeno la superficie del loro animo. L’entusiasmo di Giulia cominciò ad incrinarsi. Nel breve tempo da quando si erano conosciuti in montagna e durante i fugaci incontri precedenti, Giulia aveva un po’ fantasticato, aveva immaginato che quel giovane così bello possedesse altrettanta profondità di sentimenti. Ora avvertiva che forse non era così. Ebbe l’impressione che Andrea si amasse troppo, che si compiacesse della sua capacità di destare interesse negli altri, di riuscire ad essere subito simpatico alle donne e desiderabile. Non ci fu tempo per approfondire la conoscenza, le ore a sua disposizione erano sempre poche. Pensò che non le sarebbe stato difficile capire di più nel prossimo futuro. E infatti, nel lasciarsi, si promisero di rivedersi al più presto.

 Un piccolo senso di colpa si insinuò nell’animo di Giulia. Il confronto tra Tullio e Andrea le sembrò molto più favorevole al primo. Ma non rinunciò a rivedere ancora il giovane che l’aveva tanto affascinata.

 Altre due volte, Giulia era ritornata in pineta. Aveva sistemato come al solito le cose in famiglia e tutto era avvenuto senza difficoltà.

 Erano stati altri incontri di forte sensualità, dai quali uscivano spossati, ma soddisfatti.

 Giulia, già al secondo incontro, nel lasciare Andrea, aveva accennato a una possibile conclusione della loro bellissima avventura.
 “Non ci pensare nemmeno”, fu la risposta di Andrea.

 L’ultima volta, era ritornata sulla stessa necessità. Andrea respinse ancora quell’idea. Giulia si fece più risoluta.
 “Abbiamo vissuto giorni felici. Il loro ricordo resterà vivo, se non lo faremo sbiadire nella routine”, disse con voce ferma.
 “Staremo sempre insieme, ci ameremo per l’eternità”, replicò Andrea.
 Giulia restò confusa. Non sapeva come fargli capire che non era possibile. Alla fine lo invitò a ripensarci.
 Dopo un bacio formale, si lasciarono imbronciati.

 Per Giulia, era stata un’esperienza nuova e inattesa. Aveva soddisfatto un irresistibile desiderio del corpo, ma non vi aveva impegnato i suoi sentimenti più profondi, che erano stabili e forti. Giulia viveva in armonia con il mondo che la circondava e quella bellissima avventura non avrebbe potuto incrinare i suoi rapporti con Tullio.

 Intanto, Andrea le telefonava tutte le mattine e ogni volta la sollecitava a un nuovo incontro. Giulia tentò di dissuaderlo, ma senza successo, finché cedette e concordò con lui quando rivedersi. Fu molto a breve, una settimana dopo, perché Giulia non voleva trascinare oltre una esperienza che doveva cessare.
 Fecero ancora l’amore, ma Giulia fu meno espansiva del solito. Andrea se ne accorse e la rimproverò.
 “Come puoi pensare che io possa dimenticarti?”
 “Andrea, sii ragionevole. Non ho motivi per abbandonare la famiglia.”
 “Non ora, non puoi lasciarmi adesso. Non potrò vivere senza di te.”
 Giulia provò tenerezza. Le moriva il cuore insistere. Ma doveva farlo. Non intendeva proseguire in una relazione che poteva sconvolgere la sua vita.
 Cambiarono discorso. Tentarono di conversare su altri argomenti, ma era chiaramente il tentativo di non scontrarsi sulla decisione di Giulia.
 Anche questa volta, si lasciarono un po’ scontrosamente, abbracciandosi senza troppo calore.

 Al ritorno, Giulia rifletté a lungo su quello che le stava succedendo, cercò di analizzare attentamente tutti gli aspetti della situazione in cui era venuta a trovarsi e giunse naturalmente a mettere a confronto l’uomo della sua vita, Tullio, e la folgorante presenza di Andrea.


 Tullio era di umili origini. Suo padre, che apparteneva a una famiglia povera, era stato avviato, ancora ragazzino, a fare l’aiutante in un negozio di barbiere. Ebbe quindi l’occasione di conoscere gli umori dei clienti. Molti erano soddisfatti del regime, altri ne parlavano chiaramente male, approfittando del fatto che il padrone era antifascista. Con il tempo, avvertì che i suoi sentimenti gli facevano condividere di più i discorsi dei secondi.
 Negli anni quel sentimento si andò fortificando e, uscito dall’adolescenza, incominciò a scambiare qualche parola con chi gli sembrava oppositore più deciso al regime.
 Entrò così in contatto con alcune persone che avevano accennato a una attività clandestina di informazioni sui guasti del fascismo. E si fece attivo.
 La occhiuta polizia ne notò i movimenti un po’ sospetti e a ventidue anni lo arrestò. Non ottenne da lui alcuna confessione, ma lo mandò lo stesso al confino in un’isola lontana.
 Fidanzato con una ragazza poco più giovane di lui, con gli stessi sentimenti antifascisti, decisero di sposarsi prima della sua partenza e il matrimonio fu celebrato da un funzionario del Comune, in fama di mangiapreti.
 Non ebbero quindi il tempo di festeggiare l’evento e il padre, sorvegliato da agenti del regime, dovette prendere il treno per una meta sconosciuta.
 La giovane moglie non resistette a lungo e, dopo qualche mese, lo volle raggiungere. Era una donna taciturna, ma di forte carattere. E, così, volle condividere con il marito le pene dell’esilio.
 Il padre, per procurarsi da vivere dignitosamente, continuò a fare il suo mestiere per gli altri confinati. Aveva poi goduto dell’amnistia nel decennale del regime.
 Tornato nella sua città, aveva ripreso a lavorare nello stesso negozio di barbiere, ma a trent’anni ne aveva aperto uno a suo nome, continuando nella sua attività clandestina, che lo portò a conoscere nomi importanti dell’antifascismo. Come avvertimento, la polizia lo arrestava, ogni anno, il giorno precedente il primo maggio e lo deteneva fino al giorno dopo.
 Gracile di costituzione, i tre anni di confino ne avevano minato la salute, che negli anni successivi ebbe delle complicanze, che si andarono aggravando, finché morì a soli cinquantuno anni, quando Tullio era ancora adolescente.


 In età adolescenziale, Tullio aveva quindi vissuto a contatto con un papà dai sicuri valori morali, senza indottrinamenti, in una famiglia decisamente schierata a sinistra, partecipe dei valori civili e democratici che si erano affermati con la resistenza al fascismo.
 La sua serietà di studente e il suo impegno nel lavoro avevano le loro radici in quella tacita educazione che aveva ricevuto dall’esempio paterno.
 Anche sposando Giulia aveva riaffermato, nei suoi comportamenti, una severa disciplina morale.

 Andrea non si era certo rassegnato a subire le intenzioni di Giulia e continuava a telefonarle tutti i giorni
 Nel rispondergli, Giulia tentava di spiegargli in tutti i modi come fosse opportuno interrompere quella relazione, ma le insistenze di Andrea erano soffocanti.
 Decise così di rivederlo un’ultima volta per cercare di convincerlo in modo definitivo.

 Quella mattina di inizio aprile si stava quindi recando da lui, che l’attendeva in pineta.
 Fu un incontro tempestoso.
 “Tu non puoi dimenticare questi mesi di ardente passione.”
 “Infatti, non li dimenticherò.”
 “E allora continuiamo a vederci!”
 “Non è possibile.”
 “Ma perché?”
 “Ti ho amato e continuerò ad amarti, ma tu devi cercare di capire la mia situazione.”
 “Ma che cosa è cambiato dalla prima volta che ci siamo incontrati?”
 “Non ho motivi per fare del male a Tullio.”
 “Ma dovevi pensarci prima.”
 “Hai ragione. Ho ceduto al fascino della tua persona, ma non ho mai pensato di abbandonare la famiglia.”
 Quasi piangendo, Andrea la supplicava.
 “Giulia, amore mio, non potrò più vivere senza di te. Non posso rinunciare alla tua vicinanza, al tuo corpo. Non voglio morire.”
 Giulia si irrigidì.
 “Dimostrati all’altezza della situazione. Se hai pensato per un momento che la tua apparizione nella mia vita potesse sconvolgerla, hai sbagliato e ora devi rendertene conto.”
 “Giulia, Giulia, non abbandonarmi, non potrò mai rassegnarmi.”
 “Andrea, non fare così”, e gli accarezzò i capelli. “Sei tanto giovane, potrai avere tanti altri amori nella tua vita e dimenticarmi.”
 “No, no, non è vero. Se mi lasci, giuro che non mi rassegnerò.”
 Giulia si irrigidì.
 “Andrea, spero che ci ripenserai. Io ti ho dato tutto quello che potevo. Ora, dobbiamo chiudere.”
 Prese il cappotto, si coperse e lasciò Andrea stordito, quasi incapace di capire quello che stava succedendo.

 Il ritorno a casa fu pieno di pensieri preoccupati per quello che Andrea avrebbe potuto fare, ma non ebbe pentimenti. Seppure il suo cuore fosse agitato per la conclusione così sofferta di un amore che pure aveva portato nella sua vita aria fresca e di gioventù, restò ferma nella sua decisione.

 Andrea intanto era deciso di non lasciare nulla di intentato pur di rivedere Giulia e incominciò ad almanaccare in quali modi fosse possibile.
 Innanzitutto, non smise di telefonarle. Ogni mattina, il telefono di Giulia suonava sempre alla stessa ora, a riprova che Andrea non considerava chiusa la loro relazione.
 Voleva così riaffermare che era ancora parte della sua vita e che non avrebbe lasciato nulla di intentato pur di rivederla.
 Giulia, il più delle volte, gli rispondeva molto concisamente, e lo invitava a desistere.
 Altre volte, accettava di dialogare per cercare di farlo ragionare.
 Una volta, capitò anche che rispondesse a una sua domanda insidiosa, senza avvertirne il pericolo.
 “Vediamoci domani alle 15. La casa in pineta è sempre libera, i miei genitori non vi verranno prima di giugno.”
 “No, proprio domani a quell’ora devo andare al cinema con delle amiche.”
 “Davvero, che film vai a vedere? Mi piace conoscere i tuoi gusti.”
 “E’ un film premiato a Venezia l’anno scorso, di cui non ricordo il nome.”
 E tutto finì lì.
 Andrea cominciò ad informarsi su quanti cinema ci fossero nella città di Giulia e a cercare di capire in quale si proiettasse un film premiato a Venezia.
 Non gli fu difficile venirne a conoscenza.
 Il giorno dopo, prima dell’inizio del film, era davanti al cinema, dove avrebbe dovuto arrivare Giulia con le sue amiche.
 Infatti, così avvenne. Quando Giulia lo notò di lontano, si sentì mancare, ma non potendo dire nulla per la presenza delle amiche, finse di non averlo visto.
 Dentro, Giulia e le amiche si accomodarono ed Andrea andò a sedersi nelle loro vicinanze. Anziché guardare il film, fissò Giulia durante tutta la proiezione.
 Giulia ne avvertiva lo sguardo e avrebbe voluto scomparire. Non riuscì a concentrarsi nella visione del film. Al termine, uscì dalla sala con le amiche ed Andrea la seguì per un lungo tratto di strada.
 Si era trattato di un comportamento infantile, ma Andrea voleva ribadire che Giulia non si sarebbe sbarazzata facilmente di lui.

 Andrea osò pensare a un altro stratagemma pur di esserle ancora vicino e cercare di convincerla che doveva cedere alle sue insistenze di ritrovarsi con lui.
 Si ricordò che, al termine della vacanza in montagna, aveva stretto la mano a Tullio, con il quale aveva scambiato queste parole:
 “Caro Professore, sono stato molto fortunato di fare la sua conoscenza. Spero di poterla rivedere ancora.”
 “Anch’io sono molto contento di averla conosciuta. Non potrà mancare qualche occasione di sentirci e di rivederci. Lei ha il mio numero di telefono, e non mi disturberà se mi farà sapere come stanno andando i suoi studi.”
 Andrea avvertiva che la sua era un’idea folle, ma era disposto a tutto pur di non perdere Giulia.
 Prese in mano la cornetta del telefono, esitando. Compose il numerò di Tullio e, per una attimo, sperò di non trovarlo.
 Invece.
 “Pronto, chi parla?”
 “Sono Andrea, non so se si ricorda di me, in montagna …”
 “Ah, sì, certo. Come sta?”
 “Sto bene. Grazie. Sto lavorando alla tesi di laurea. Mi è venuta la voglia di conoscere un po’ il mondo accademico, perché, al termine degli studi, vorrei intraprendere quella strada.”
 “Non gliela consiglierei. Ma, se è determinato, mi farà piacere parlargliene.”
 “Quando potrei venirla a trovare?”
 “Sul posto di lavoro è difficile incontrarsi, perché è un periodo in cui sono molto impegnato. Potremmo vederci a casa mia, se accetta di essere mio ospite.”
 “Ma, Professore, non vorrei essere troppo di disturbo.”
 “Non lo sarà, e anzi farà piacere anche a mia moglie.”
 Concordarono il giorno e l’ora. Sarebbe stato una sabato, per il pranzo.
 Tullio era caduto nel tranello e Andrea, seppure pieno di timori, si apprestò a quell’appuntamento.


 Nel giorno stabilito, Andrea si presentò all’indirizzo di Tullio, con un mazzo di fiori per la signora.
 Giulia era stata informata che sarebbe venuto. Era rimasta di ghiaccio, ma, con grande sforzo, aveva fatto finta che sarebbe stato gradito.
 Per l’occasione, aveva chiesto ad Alice di venire a preparare il pranzo.
 Si vestì in modo sobrio e attese trepidante.
 Tutto avvenne, come si poteva prevedere. Tullio accolse cordialmente Andrea, stringendogli la mano. Giulia porse la sua, mollemente. Andrea invece la strinse con forza.
 Durante il pranzo, vi fu una fitta conversazione tra Tullio e Andrea, alla quale Giulia quasi non partecipò, intenta a non incrociare lo sguardo di Andrea.
 Al termine, Tullio accompagnò all’uscita Andrea, salutandolo ancora con tutto il calore possibile. Giulia invece l’aveva salutato in sala da pranzo, con molta formalità.
 Tullio aveva notato la freddezza di Giulia e le domandò se non avesse fatto male ad invitare Andrea.
 “No, no”, rispose Giulia, “ma oggi ho molto mal di testa.”

 Il giorno dopo, squillò il telefono. Giulia non rispose, e così nei giorni successivi.

 Da quando Tullio le aveva annunciato che ci sarebbe stata la visita di Andrea, Giulia era entrata in uno stato confusionale. Le sembrava impossibile che Andrea avesse osato tanto, ma doveva rassegnarsi all’evidenza. Si convinse che era disposto a tutto, pur di riuscire a convincerla a riprendere la loro relazione. Siccome era determinatissima a non riaprire quella pagina della sua vita, incominciò a pensare a come impedire il disegno di Andrea.
 Non riusciva però a venirne a capo.
 Dopo molti giorni di tormento, si convinse che forse sarebbe stato opportuno parlarne a Tullio, anche se non riusciva a immaginare la sua reazione.

 Poteva forse fare diversamente? Poteva consentire che Andrea distruggesse la loro vita? Meglio affrontare la giusta ira di Tullio che rischiare qualche altra sconsiderata azione di Andrea.

 Nel momento in cui le parve più opportuno, turbata, attirò l’attenzione di Tullio e si accusò di una cattiva azione che avrebbe potuto causare il suo disonore e la distruzione della loro famiglia.

 Tullio la guardava senza capire. Mai avrebbe potuto immaginare quello che Giulia gli stava per rivelare. Le disse che forse stava esagerando.

 Giulia si mise a piangere, non riusciva a parlare. Tullio cercò di confortarla, ma Giulia, con un nodo alla gola, seduta su una poltrona, si prese la testa tra le mani e:
 “Tullio, se parlo, mi disprezzerai.”
 “Abbi fiducia in me. Ci siamo sempre parlati su ogni questione e ci siamo sempre capiti.”
 “Questa volta è diverso. Ti ho mancato di rispetto.”
 “Ma cosa sarà mai. Abbi fiducia in me.”
 “Dovrei andarmene, lasciarti libero e non tornare più.”
 “Ma, insomma, Giulia. Vuoi parlare!”
 Giulia continuava a singhiozzare, non osava rivelare il suo tormento, ma, a un certo momento, sbottò:
 “Tullio, perdonami, sono stata con un altro uomo.”
 Seguì un lungo silenzio. Tullio si era irrigidito. Gli sembrava impossibile. Non si era accorto di nulla e ora questa confessione lo costringeva ad aprire gli occhi sulla realtà.

 “Ma … con chi?”
 “Non vorrai crederci.”
 “Ma dimmi … insomma.”
 “Non ho il coraggio … Con una persona che ti ha offeso gravemente.”
 Tullio non riusciva a capire.
 “Con il tuo ospite di qualche settimana fa.”
 Tullio rimase annichilito. Si sentì profondamente ferito. Si chiedeva come non avesse potuto sospettare nulla. Andrea lo aveva spudoratamente preso in giro. Ebbe la tentazione di insultarlo, di gridargli tutto il suo disprezzo, ma, nello stesso tempo, osservava Giulia, incredulo. Come aveva potuto cedere alle lusinghe di un giovinastro? Che cosa le era mancato? Non riusciva a capacitarsi. Gli sembrava che i loro rapporti fossero sempre stati improntati a rispetto e fiducia reciproca. Quale poteva essere il motivo che l’aveva spinta a un’azione di cui ora si vergognava?
 Non sapeva darsi delle risposte. Nondimeno, le gridò:
 “Giulia, amore mio, che cosa è successo? Fammi capire!”
 Giulia se ne stava zitta. Non riusciva a confessare di aver ceduto al fascino di Andrea e di non avere tentato di resistervi, ma alla fine, piangendo, cominciò a raccontare a Tullio quello che era avvenuto: dei primi incontri quasi amicali e poi di quelli avvenuti nella casa in pineta. Si accusava senza pietà della leggerezza del suo comportamento, ma si scusava affermando che non aveva voluto mancargli di rispetto, che tutto era accaduto senza che ne avesse piena consapevolezza, che la bellezza di quel giovane l’aveva stregata.
 Tullio ascoltava in silenzio, ma dentro gli fermentava un odio mai sospettato. Non verso Giulia, ma contro quell’intrigante senza onore. Gli balenavano in mente tante intenzioni di vendetta, ma tutte confusamente.
 “Giulia, dobbiamo punirlo e impedirgli di fare altro male.”
 “Sì … hai ragione, ma come fermarlo? Non mi dà tregua, ogni giorno mi fa soffrire sempre di più, non so più come comportarmi.”
 “Dobbiamo trovare il modo di fargli capire che, se non la smette, potrebbe incorrere in qualche grave conseguenza.”
 Tacquero entrambi. La loro mente era tormentata da mille pensieri e propositi, ma ancora nessuno aveva chiaro che cosa si dovesse fare.

 Intanto, Andrea, anche se non otteneva risposta, telefonava a Giulia tutti i giorni. Era diventato un incubo. Giulia temeva che telefonasse in ore diverse dalla solita e che gli potesse rispondere Tullio. Non riusciva a immaginare la sua reazione.

 Tullio si incupiva ogni giorno di più. Il pensiero della vendetta, che gli era subito balenato, si andava precisando. Alle volte, si sorprendeva come ormai ne fosse dominato, lui che non aveva mai pensato di poter essere violento, lui che si era sempre ritenuto incapace di fare del male.

 “Giulia, … l’offesa è stata troppo grande! Non posso restare indifferente.”
 “Ma che cosa vorresti fare?”
 “Devo punirlo!”
 “Ma … come?”
 “Deve pagare per il male che ha fatto!”
 “Ma … che cosa hai in mente?”
 “Io … l’uccido!”
 Un grido lacerante uscì dalla gola di Giulia.
 “No, Tullio no! Non perdiamo la testa!”
 “E’ un pensiero che non mi lascia più. Giorno e notte. Sto perdendo interesse a tutto. Mi sento in balia di una forza che non riesco più a dominare.”
 “Tullio dobbiamo ragionare! Pensiamo a Katia, pensiamo al nostro futuro! Non dobbiamo annientare la nostra vita.”
 Tullio rimaneva silenzioso. La testa tra le mani, in uno stato di vaneggiamento.

 Passarono così altri lunghi giorni. Senza volerlo, Tullio si arrovellava sul da farsi. All’improvviso, si rammentò di una storia raccontatagli dalla madre. Suo padre, alla fine della guerra, si era trovato in possesso di una pistola, procuratagli dagli oppositori al regime. Avrebbe dovuto consegnarla alle autorità militari. Non lo aveva fatto. Anzi, l’aveva nascosta. In giardino.

 Tullio e Giulia abitavano in una casa che era stata dei genitori di Tullio e che loro avevano ristrutturato, negli ultimi anni, secondo le proprie esigenze.
 Era formata di due piani.
 Al primo piano, le stanze più frequentate: la cucina, la sala da pranzo, un salottino ed il bagno.
 Al piano superiore, la parte notte con le stanze da letto, i servizi igienici e un piccolo studio per Tullio.
 La villetta era circondata da una basso muretto, sormontato sul davanti da una protezione in ferro battuto e sui lati e sul retro da una rete metallica.
 Nella parte anteriore c’era un piccolo giardino, con vari tipi di piante di fiori. Dietro, invece, il terreno era tenuto a prato, sul quale si ergeva un vecchio salice.
 Secondo il racconto della madre, la pistola era stata nascosta proprio in un punto vicino a quella pianta.
 La madre aveva considerato quella scelta del marito piuttosto stravagante, inutile, che poteva procurare loro solo qualche fastidio, per cui non ne avevano più parlato.
 Ora, Tullio pensò di recuperare quell’arma. Aveva il dubbio che fosse ancora utilizzabile. Era passato tanto tempo e forse si era arrugginita. Ma confidò che il padre avesse saputo proteggerla adeguatamente.
 Incominciò, una sera, sul tardi, a scavare alla flebile luce di una luna nascente. Scelse un punto, scavò con fatica a fondo, ma non trovò nulla. Richiuse in fretta.
 Le sere successive, quando nessuno poteva accorgersi di nulla, ricominciò a scavare in punti sempre vicini a quello precedente. Per molte volte lo fece inutilmente.
 Quando ormai si stava convincendo che forse la madre si era sbagliata, il badile urtò qualcosa di resistente. Trattenne un grido e riprese a lavorare con più circospezione, per non danneggiare il probabile involucro.
 Alla fine, sollevò una cassettina di legno intrisa di umidità, la portò in casa e sistemò il terreno scavato.

 Per tutte quelle sere, Giulia aveva seguito i tentativi di Tullio con animo turbato, e ogni tanto cercava di dissuaderlo. Sperava di riuscirci, anche se Tullio le sembrava in preda a un pensiero fisso di vendetta. Aveva creduto di conoscerlo bene. Si accorgeva invece che Tullio mostrava un insolito aspetto di sé. Era sempre stato riflessivo e moderato. Ora, quasi la impauriva. Avrebbe cercato di resistere in tutti i modi al suo impulso di morte.

 Nel frattempo, Tullio aveva aperto la cassetta e aveva trovato che la pistola era stata ben protetta. Era infatti avvolta in molti strati di cartone e stoffa. Così si trovò in mano un’arma quasi perfetta, con due sacchetti: uno conteneva quattro pallottole, l’altro, poté capire, un silenziatore. Aveva bisogno soltanto di un buon lubrificatore.


 Doveva ora attirare Andrea in un tranello. Lo stesso odiato nemico gliene offerse l’occasione. Andrea non aveva mai telefonato di sabato perché sapeva che avrebbe potuto rispondere Tullio. Ma, inavvertitamente, chiamò proprio in un tale giorno e rispose proprio Tullio. Alla sua voce, Andrea restò di ghiaccio, ma si riprese subito.
 “Caro Professore, sono Andrea. Sapevo che oggi avrei potuto trovarla e così mi sono permesso di disturbarla, per sapere se possiamo rinnovare il gradito incontro del mese scorso.”
 Tullio colse la palla al balzo.
 “Sì, certo. Sarà un piacere rivederla e parlare delle cose che ci stanno a cuore.”
 “Quando sarebbe possibile?”

 “Mi lasci pensare … Sabato prossimo … no … perché sono impegnato in un convegno. Si potrebbe fare il sabato successivo, tra due settimane.”
 “Va bene. All’ora di pranzo sarò a casa sua.”
 “D’accordo. Stia bene.”
 “Grazie. Anche lei.”

 Ormai, il dado era stato tratto. Appena lo seppe, Giulia si disperò. Pretendeva che Tullio annullasse quell’appuntamento. Non avrebbe resistito a un nuovo incontro, che avrebbe potuto essere drammatico, se non fosse riuscita a far ragionare Tullio. Lo implorò in tutti i modi. Minacciò di uccidersi. Inutilmente. Tullio era irremovibile.

 Giunse il giorno fatidico. All’ora stabilita, Tullio fu alla porta ad accogliere Andrea. Era una giornata di luglio molto afosa. Si era perciò dovuto accendere l’impianto di raffreddamento. Tutte le finestre erano chiuse. Dall’esterno non arrivava alcun rumore.

 Con grande fatica, Tullio riuscì a fare una smorfia di sorriso, invitando l’ospite ad accomodarsi. La porta fu richiusa. Anche questa volta, Andrea si presentava con un mazzo di fiori. Non fece in tempo a consegnarlo con un ossequio a Giulia, pallida per lo spavento, che Tullio lo apostrofò.
 “Sfrontato, senza onore, millantatore, feccia di questa terra, come osi continuare in questa commedia?”
 Andrea era stato preso alla sprovvista. Ma capì subito quello che doveva essere accaduto. Tentò di ritirarsi, ma Tullio lo prese per il bavero della giacca, lo attirò al centro della stanza e lo schiaffeggiò violentemente. Andrea barcollò. Non sapeva cosa dire.
 “Non solo hai tradito la mia fiducia, ma continui a perseguitarci. Meriti di pagare la tua infamia.”
 In un lampo, si impossessò della pistola che aveva messo a portata di mano e la puntò contro Andrea.
 “No. Si fermi”, riuscì a proferire Andrea.
 “No, Tullio, no”, gridò atterrita Giulia, che si era frapposta tra i due.
 Seguì una colluttazione. Andrea, vigliaccamente, si faceva scudo di Giulia, che si sporgeva in avanti per deviare il braccio di Tullio. Tullio perse l’equilibrio e, senza intenzione, premette il grilletto. Andrea cadde a terra. Era stato colpito alla testa. Un colpo mortale.

 Giulia e Tullio si guardarono, attoniti. Era successo l’imprevedibile. Tullio, nei lunghi giorni di attesa della vendetta, aveva continuato a maneggiare l’arma, ma, dentro di sé, sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di usarla. Gli sarebbe bastata a impaurire Andrea e a convincerlo che quella pagina di tormento doveva cessare per sempre.


 Ora, il dramma si era avverato. Al primo momento di sconcerto, seguì il lamento lacerato di Giulia.
 “Tullio, che cosa hai fatto!?”
 “Giulia, perdonami, non volevo, è stata una disgrazia.”

 In piedi, pallidi in viso, guardavano il corpo esanime di Andrea, incerti sul da farsi.


 Avrebbero potuto andare dalla polizia e denunciare il delitto, fornendo tutte le loro giustificazioni, sperando in qualche attenuante.
 Ma sarebbe stata la fine di tutto, la rovina della famiglia, il disonore sociale, la perdita di Katia.
 Vi pensarono un momento senza scambiarsi parola, poi convennero di far sparire il cadavere e ripulire il pavimento dal sangue che l’aveva imbrattato.
 Bisognava fare presto. Guardarono alle finestre. Non notarono alcun movimento. Nessuno si era accorto di nulla.
 Ma come attuare il folle proposito?
 Nell’ultimo mese, era molto piovuto. I corsi d’acqua erano in piena. Forse il fondo del mare avrebbe potuto seppellire per sempre quel corpo.
 Decisero di portare il cadavere lontano e di scaricarlo in un ramo del grande fiume, nel punto più vicino al mare, in modo che la corrente lo trascinasse via velocemente.
 Attesero la notte. Quando fu buio fondo, con molta circospezione e con grande fatica, sollevarono il cadavere, che era stato ricoperto e sistemato in un gran sacco, e lo trascinarono fuori. Davanti alla casa, aspettava la macchina. Con un ultimo sforzo, riuscirono ad adagiarlo nel bagagliaio, già aperto.

 Senza altri indugi, chiusero la porta. Tutte le imposte furono lasciate aperte, per non destare sospetti.
 Dovevano fare presto. Prima che albeggiasse dovevano essere di ritorno.
 Partirono, nel silenzio più agghiacciante. Tullio guidava a moderata andatura. Nessuno doveva notare qualche cosa di strano. Nel giro di due ore, furono nel punto del fiume che avevano concordato. Si portarono sull’argine, percorrendo una stradina in terra battuta. Si fermarono, si guardarono intorno. Nessuno. Si sentiva solo il canto dei grilli e lo scorrere veloce ma sommesso dell’acqua. Aprirono il bagagliaio. Con molta fatica estrassero il corpo di Andrea e discesero l’argine in un punto già battuto da altri visitatori. Vicini all’acqua, con un ultimo sforzo, lanciarono il sacco il più lontano possibile dalla riva. La corrente se lo portò subito via. Si guardarono ancora intorno. Non notarono nulla.

 Anche il rientro avvenne nel silenzio più assoluto. Nessuno dei due sarebbe riuscito a pronunciare una parola. Furono a casa prima dell’alba. Lasciarono la macchina davanti alla villetta. Entrarono. Chiusero la porta. Sempre in silenzio, provvidero insieme a pulire il pavimento della sala da pranzo e a raccogliere gli stracci sporchi in un sacco di tela. Tullio lo portò in una discarica, lontano da casa. Rientrato, si ritirarono in due stanze diverse, senza scambiarsi un saluto.

 Giulia non riusciva a riaversi. Era in preda a uno scoramento indicibile. Si considerava la causa di tutto. Come aveva potuto pensare che la relazione con Andrea non potesse avere gravi conseguenze sulla sua famiglia? Ora, era di fronte a una realtà terribile. Tullio omicida e lei che aveva partecipato a far sparire il cadavere. Che futuro potevano avere? La scomparsa di Andrea sarebbe stata presto notata. La polizia avrebbe indagato. Come potevano sfuggire a una giusta punizione? Che ne sarebbe stato di Katia? Un pianto strozzato la soffocava. La sua bambina, tradita da una mamma assassina! Un disonore indelebile che Katia avrebbe dovuto sopportare per tutta la vita! Se ne stava inerte, incapace di qualsiasi azione.


 Tullio ancora non si rendeva ben conto di quello che era successo. Era accaduto in un tempo così rapido. La necessità di disfarsi di quel corpo odiato aveva assorbito ogni altro pensiero. Ma ora che fare? Pensare che nessuno si sarebbe accorto di alcunché era semplicemente ridicolo. Lo attendevano giorni angoscianti. Sì, il colpo era partito inavvertitamente, ma il delitto lo aveva premeditato e si era procurato l’arma per compierlo. Non significava nulla che non avesse avuto intenzione di usarla, che non ne sarebbe stato capace. Il fatto era ormai accaduto e lo inchiodava a una responsabilità, che non poteva avere attenuanti. Essere stato tradito dalla moglie, non giustificava in alcun modo una reazione così drammatica. Era tutto compromesso. Non c’era più futuro, né in famiglia né all’università. Presto si sarebbe saputo quello che era successo, ed aver fatto sparire il corpo di Andrea sarebbe stato assolutamente inutile. Forse non restava che costituirsi e dichiarare apertamente la sua colpa. Ma, intanto, non si decideva.

 Era fin troppo facile previsione che, in molti, si sarebbero accorti dell’assenza di Andrea.
 Innanzitutto i genitori, che erano abituati a non vederlo per qualche giorno, quando si concedeva una vacanza, ma che non potevano restare indifferenti se l’assenza si prolungava più del solito. Anche perché, quando succedeva, Andrea li avvertiva con una telefonata.
 Non potevano non essere sorpresi gli amici, che Andrea frequentava con una certa assiduità. Infatti, cominciarono a cercarlo e a telefonargli a casa.
 I genitori ebbero così la certezza che doveva essere successo qualcosa di insolito.
 Attesero ancora un paio di giorni e poi, angosciati, si rivolsero alla polizia per denunciarne la scomparsa.

 La polizia si mise subito all’opera. Cominciò ad interrogare proprio i genitori sulle abitudini di Andrea. Su loro indicazione, convocò anche gli amici. Raccolse così molte notizie sul giovane, sulle persone e sugli ambienti che frequentava.

 Su informazione della polizia, anche i giornali locali e regionali diffusero con clamore la notizia sulla scomparsa del giovane.

 Cominciarono allora a presentarsi alla polizia persone estranee alla famiglia e alla cerchia degli amici, ma che conoscevano di vista Andrea e che avevano notato la sua presenza in qualche parte della città. Ma non emersero informazioni che potessero orientare le indagini.

 L’identikit diffuso dalla polizia era molto preciso e di Andrea erano stati forniti molti particolari: statura e peso, età e abbigliamenti, e la particolare bellezza.
Notizie giunsero allora anche da altre parti della regione. Chi diceva di ricordarsi di averlo visto in qualche ambiente pubblico e a qualcuno era anche parso di averne notato la presenza assieme a delle donne.

 Erano indizi troppo generici e la polizia non riusciva a dare corpo a una indagine di qualche rilievo, finché, dopo molti giorni, arrivò una segnalazione più precisa. Una fioraia gli aveva venduto per due volte un mazzo di fiori. Individuata la nuova località, agenti in borghese si recarono dalla fioraia, ma non poterono saperne di più: la fioraia confermava di aver venduto i mazzi di fiori a un giovane che, secondo lei, corrispondeva al profilo diffuso dalla polizia.
 Fu allora affidato al giornale locale di diffondere la notizia che quel giovane, di cui finora non si avevano notizie da molto tempo, aveva acquistato dei mazzi di fiori nella tale fioreria e si chiedeva se qualcuno lo avesse incontrato. Più di una persona comunicò di averlo visto, anche se non si era domandata dove stesse andando. Ma una donna seppe indicare la casa davanti alla quale si era fermato.

 La vita di Giulia e di Tullio era intanto ritornata apparentemente normale.
 Tullio frequentava l’Università, dove erano in corso i periodici esami di facoltà. Era intristito, e i colleghi se ne erano accorti e gli domandavano se fosse successo qualcosa. Tullio li rassicurava, dicendo che non stava molto bene, ma che tutto sarebbe passato presto. Un’idea fissa lo tormentava: doveva costituirsi o sperare che, per qualche insondabile ragione, nessuno si potesse accorgere del suo delitto?
 Anche Giulia aveva ripreso le sue abitudini quotidiane, Al mattino, portava a scuola Katia e, se necessario, andava al supermercato per le provviste alimentari. Quando Katia usciva di scuola, lei era là, le faceva tante feste, e poi a casa le preparava il pranzo. Anche il pomeriggio era impegnato con la bambina, e questo l’aiutava a non pensare in continuazione al suo dramma.

 Suonarono alla porta. Erano le due del pomeriggio. Tullio era rientrato da poco e non aveva ancora pranzato. Si affacciarono alla finestra, due uomini erano in attesa. Non capirono subito. Al citofono, chiesero chi fosse. A sentire il nome della polizia, si guardarono fissamente e si abbracciarono in silenzio. Aprirono. Gli agenti si presentarono, chiesero le loro generalità e li invitarono a presentarsi al più presto al comando di polizia per accertamenti.

 Appena il tempo per portare Katia dai nonni e poi, rassegnati e depressi, si recarono alla sede di convocazione. Non si erano scambiati molte parole, Tullio le aveva preannunciato che si sarebbe accollata ogni responsabilità e che quindi lei poteva sperare che non le sarebbe successo nulla di irrimediabile. Giulia protestò che non l’avrebbe abbandonato.

 Entrarono. Furono fatti accomodare. Un commissario li informò che il giovane Andrea era scomparso e che, per l’ultima volta, era stato visto davanti alla loro casa. Lo conoscevano? Portava un mazzo di fiori. Era stato loro ospite?

 Giulia scoppiò in un pianto disperato. Tullio si era irrigidito, il volto terreo.
 “Sono stato io. Mia moglie non c’entra”.
 Aveva confessato. Ora solo la clemenza di una corte poteva evitargli una pena durissima.
 In ogni caso, il commissario non si accontentò dell’ammissione. Volle conoscere tutti i particolari dell’omicidio, il movente, chi vi aveva partecipato e in quali forme.
 Sebbene con la voce strozzata, Tullio fornì la ragione che lo aveva portato a compiere quel gesto, ne descrisse tutti i dettagli e tentò di attenuare la sua colpa dicendo che era stata una disgrazia, che il colpo di pistola era partito inavvertitamente.
 Mentre parlava, Giulia continuava a singhiozzare.
 Il Commissario dispose il fermo di entrambi e li invitò a nominare un loro avvocato di fiducia.
 Tullio e Giulia sapevano che non sarebbe servito ad attenuare la loro responsabilità e vi rinunciarono.
 Furono ammanettati, portati presso il carcere più vicino e rinchiusi in due celle separate.

 Giulia era affranta. Pensava alla sua piccola Katia. I nonni l’avrebbero sicuramente protetta, tenendole nascosta per il momento la verità. Le avrebbero raccontato qualche bella favola per non farle sentire l’assenza di mamma e papà. Ne avrebbe comunque sofferto. Per questo Giulia non sapeva darsi pace, ma era ormai rassegnata. Ora sentiva la necessità di ripercorre tutte le tappe di quella storia che in pochi mesi aveva portato alla distruzione della sua famiglia. Il suo era stato un amore sincero e appassionato e non aveva mai immaginato che potesse avere un simile epilogo. Aveva amato e si era sentita bene, ma senza intenzione di far male a qualcuno. Era stata una libertà che si era sentita di prendere, senza, per questo, avere intenzione di rimettere in discussione la sua vita. Non aveva potuto prevedere una reazione così dura da parte di Tullio. Erano entrambi di idee liberali e la sua leggerezza, se così si poteva chiamare, non avrebbe dovuto causare tanto dolore. Lei almeno pensava che non avrebbe reagito in quel modo se Tullio avesse avuto un momento di distrazione familiare. Ma, ormai, era inutile rivangare il passato. Ora bisognava guardare in faccia la realtà.

 Tullio si era chiuso in se stesso, quasi incapace di rendersi conto di quello che era successo. Ma a poco a poco, incominciò a sciogliersi in una sensazione di tenerezza, alla quale raramente si abbandonava. Ripensava alla sua vita con Giulia, all’armonia che era sempre esistita con lei e al futuro che con lei aveva immaginato. Un groppo alla gola lo colse quando pensò a Katia, al suo frugoletto a cui aveva rovinato per sempre l’avvenire. Anche al lavoro pensò. Lo aveva sempre fatto volentieri e la sua carriera era certa: avrebbe potuto diventare ordinario e condurre una vita piena di riconoscimenti e forse di onori. Tutto vanificato da un sentimento insolito che lo aveva colto all’improvviso e che non gli aveva più dato pace. Un sentimento al quale si riteneva estraneo, ma che lo aveva imprigionato e condotto alla rovina.

 Il processo avvenne per direttissima. Malgrado l’efficace arringa del difensore, le pene, anche se diverse, furono molto pesanti per entrambi.
 Si interrompevano così le loro vite. Avrebbero potuto essere ancora piene di soddisfazioni. La gelosia le aveva invece mandate in frantumi.
 Ma forse c’era ancora una speranza. Con una buona condotta, sarebbe stato sicuramente possibile ottenere uno sconto di pena. Allora, forse, anche Katia li avrebbe perdonati e avrebbero potuto passare con lei ancora qualche anno della loro esistenza.


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