Pubblicato il 16/02/2015 12:10:21
Nella veste vellutata giallo canarino ornata di ossa scintillanti, al riflesso dei fari, seduta su un cofano d’auto, strimpella musiche di scarafaggi sulle strisce d’asfalto. Divina fra le scaglie di pesce il nome del borgo di Perseo. La vittima attende un colpo arrotolato di falce. La morte sceglie. Forse…
In una minuscola stanza d’angolo, ricolma di effluvi di cera, protetta dal santo guerriero, chino sulla ciabatta il chiodo penetra nella suola dal foro frangiato. Martello che cade sul ritmo della pelle. Batte e ribatte cadenza della formica marciante.
Angolo di piazza tagliata dal filo di pietra. La fontana sgorga acqua nel chiusino delle volte. Gli archi avvolgono gli odori del borgo. Il santo veglia sui demoni della notte che scivolano silenti fra i gozzi distesi sull’urna di sale.
Sale tatuato dal sale specchia su una logora scialuppa tesori fluttuanti nella dimora del cavalluccio marino. Preda con l’asta a cinque punte poseidonia fluttuante la vita nascosta alla morte. Reti sparse sugli stracci del mare brillano delle tinte degli orpelli Colossi pietrificati custodi del vecchio borgo cingono i segreti del maestrale Baluardi alla cresta furiosa ninnano legni ancorati riflessi nelle perle di salsedine che riverberano dei suoni del tramonto Il velame si ripiega lento al fruscio serpeggiante della notte.
Il mare si ferma al ciclope sulla via della casa matrice. Pinnacoli di pietra segnano il faro al trabaccolo perduto. Ribollire di campane festeggiano santi annoiati
Arranca piccola figura d’ombra sulle scale del tempio. Accolto dai ruggiti dei gorgoni penetra tra le navate . Vestito della stola arrotola il verbo ad occhi distratti tra le colonne della croce. Beve dal sacro calice roseo di guance sermona vedove e zitelle di antica giovinezza.
Tonfi di ali sullo stagno del borgo sussulti di dolci crepe fra le fessure del tempo risveglio di suoni assopiti fra gli incunaboli accartocciati dalla foschia corrono come l’onda di marea fra vicoli e angoli fissati dalla bianca pietra agli odori dei venti piccole figure in panni scuri e laceri scivolano al richiamo d’eco e lungo il primo soffio di luce si inerpicano sulla scala dei santi a fondersi fra le navate del tempio al rintocco delle campane.
Lingua di cemento sfregi i sassi del sole Ignara ti accovacci sui cocci vetrosi La tua ombra rimescola la fragilità del tempo.
Su quella lingua due cerchi logori fusi ad una barra ferrosa una testa coperta da un lungo codino paziente martire del fato attende il suo lungo verme fra i sassi dell’onda.
Le lastre riflettono ombre nere lungo la curva del tempo il soffio si fa forte e sbriciola tutto in un forsennato turbinio di frammenti. Tutto sembra fondersi. Gli spazi scivolano attraverso i solchi dell'essere infrangono rompono e inghiottono in gorghi affamati dell'essenza dell'etere.
Viso selciato dal tempo Vene solcate da gemiti aridi Seduto sulla cassetta attende l’avvento di un soldo Profumo di verdura nei canestri strappata alla nera grassa terra.
Le pietre dormienti si specchiano nelle pozze. L'odore dei secoli avvolge gli abissi del tempo. Lucenti lame tagliano le orme dell'anima. Tutto tace. I mostri di sale arroccati sui bastioni della fede alitano il soffio della vita.
Si allarga la piazza vecchi palazzi respirano lo zampillo della fontana dove tritoni si annodano al balbettio dell’acqua e giganti riposano all’ ombra delle conchiglie.
Follia parla a se stessa nei panni laceri di una vita Parla della lingua delle chimere e dei sassi persi nella corsa al treno Urlando il silenzio sui marciapiedi vergati da dio.
Fumo di salice sale dai bracieri ardenti nella notte degli dei Eserciti di folli figure guerreggiano sulla piana del sole cavalieri d'ossa si fondono con i loro destrieri scudi lance briglia si frantumano tra i bagliori del ferro I calici sono colmi ma all'apogeo delle ombre un refolo di vento riporta il silenzio nella bruma del tempo.
Bicicletta rossa corre fra fumi d’alcool e aurore di gelo. Armato dei dieci bottoni muove il carro di ferro alla velocità del bradipo. Artiglia la vita con la ferocia del merlo.
Cataste di ciocchi Segnano le vie di selce Le fiamme riverberano lingue nelle nicchia del santo crepitii di legno bagnato diffonde il sapore di fava bruciata tra i banconi di vecchie tavole tarlate il fuoco alita vita sulla casa matrice ombre furtive risvegliano mostri quiescenti sbozzati nell’coscienza lacerata della pietra.
Colonne sottratte alla via di Roma reggete la porta scolpita dal vento Serrame di scrigni segreti vegliate sui solchi pietrosi.
Dallo sguardo perso e dal corpo di una nota dita fatate accarezzano l’eco del suono. Bianchi capelli ascoltano il richiamo dolce delle sirene nel lamento vivo di una chitarra.
Trasudano le mura dal cielo incrociato di piccole note che scivolano sul comò dei quattro cassetti pizzicate da dita come libellule vibrano dei sogni dei suoni le pareti scrostate animano il vecchio orologio che batte il tempo indefinito di musiche sparse fra i crogioli dell’anima Sedie poste all’ombra del cielo incrociato ascoltano silenti le corde tese sul legno che vivono allo scorrere di una lamina d’ossa.
L’età brucia gli occhi nella fornace della ferriera Membra rase dal crogiolo delle lamiere Il fuoco ha tessuto le sue vene Ora assopito vedi note sparse nel regno dei suoni Pieghi il ferro ai ricordi di laceri momenti.
Scrosci tra le fessure dei muri sospesi suoni scanditi dai passi della nube tra demoni alati acciambellati sui canali di scolo a guardia di effluvi perenni di alghe dissolte nei rivoli della selce.
Capelli d’asino Corpo sinuoso del battistrada di un camion avvolta nella tovaglia sgualcita rotola tra le strette e sconnesse viuzze seguita passo passo dai fedeli pelosi . Appare e scompare col saltello di un minuscolo acrobata sotto i portali stretti delle finestre .
Vociare infinito tra i vicoli del porto intorno al vecchio lampione. Faro lontano di visi e mani avvizziti tra i dormienti di stanche vele accoglie sotto il suo cono sedie di paglia adagiate nel cerchio d’eco ad ascoltare vecchi racconti sussurrati dal vento di marea Sale l’odore d’alga e sale fra le crepe del vecchio lampione. Le sedie si inchinano al fluire dolce della sua linfa nei mille rivoli di luce.
Miriadi di minuscoli varchi appaiono lungo la muraglia piantata sulle lame del mare Spio la luce illuminare i segreti respiri delle volte attraverso le grate a stampare croci sul fondo dell’antro Confessionale di vite che riverberano al flusso dell’onda risonanze lontane.
Eccoti lì seduta tra i tagli del ferro I tuoi occhi sono lontani oltre la linea persa del cielo Vaghi tra gli odori delle nubi e il suono del mare attendi la carezza d’onda scivoli dolcemente nel bianco del tempo.
Neri piumaggi riflessi sui sassi di antiche mura Messaggeri di presagi e di rinascite danzate in un turbine di striduli garriti come scintille di fuoco impazzite fra le stretti pareti di vicoli dall’odore di sale e di cera. Quando l’ultimo refolo di luce svanisce nell’ombra della notte il silenzio si nasconde nel taglio delle pietre
magro stelo piegato dal tempo indistingui voci nei balbetti d’eco Strilli nelle tue parole gli avanzi dei sogni Attendi il richiamo dell’uscio di casa.
Luci scintillano in archi di festa Il borgo si veste dei bagliori del mare. Specchia il volgo nei panni sopiti dondola il santo sul selcio bagnato. Una fiumana straripa negli anfratti di pietre Il tempo rallenta ondeggia al ritmo delle fiammelle. Tutto è fissato impresso su seppiate lastre di cristallo. La notte si illumina dei colori dei fuochi dissolti nelle gocce di luna.
Armato di un filo di un cicaleccio appeso passo dopo passo l’inganno saltella fra le lame di mare. Violi la sua dimora afferrato alla vita piccolo tentacolo strappato sbattuto Scivoli come straccio nel catino bollente.
Bianchi origami stridono e danzano tra i frangenti di Nettuno. Silenziosi scivolano su orridi rupi accarezzando l'aura lungo la sciara della notte. Incanti di brezze lontane sorseggiano ai templi del sole.
Dal gorgo assetato d’anime Le catene di un piccolo essere hai spezzato Fedele compagno ascolta le tue suppliche fra i tumuli di pietra divelte dall’araba fenice nel giorno del segno di croce.
Silenzio nella tersa e profonda notte Il gozzo scorre e accarezza il vagito dell'esistenza L'oscurità spezzata in mille rivoli di luci scivola tra i fluttui della corrente Ignoto e' il tuo errare Arcaici riverberi guidano la prora verso fari perduti.
La musica tace sul cofano d’auto La veste vellutata di giallo e’ afona soffocata dall’incanto del borgo Gli occhi vacillano tra le lacrime del selcio La falce riposa in un’urna di fonte.
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