Si contorce l' apice
a sua bruma nel chiodo quando scende
e la testa entra nel legno a rovistare
quel poco di assoluto che ancora tende
le sue braccia rotonde a forma di albero triste
perchè spingere non è sola pretesa dell' inguine
fune di cobalto appesa al cielo sordomuto
al di fuori di un non nulla la sua schiena liscia sarebbe
uno scivolo che mi ingoi
ma poichè non vede la sua fine che tra le mie mani
crede ancora ai paradisi che le raccontai
per farla innamorare del suono della mia voce
stando zitto
prendendo il tempo con un' adozione a distanza
per restare coerente al senso d' abbandono che l' accompagna
all' alba di ogni suo nuovo camminare
mano nella mano, una meno mano dell' altra e più cannibale
clausura di cardini a sbattere in faccia quella porta
che ci vide entrare nello stesso spazio
lei a caccia di un'estasi rivoluzionaria
della durata massima di un addio a suo compendio
ed io perduto per sempre sulle sue tracce
quanto basta per mai averla
venere svergine dei miei sogni proibiti.
Le chiederei
dimmi in quale prato ti ho colta
e in quale invece ti ho lasciata i tuoi respiri
sottolineami
e non fare la gradassa
posso farti a pezzi ancora più piccoli.
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