è passata l'ora degli auguri? posso di nuovo
alzare la testa, spiumacciare le ali metaforiche e
spalancarle, in vista di improbabili cieli azzurro
terso rosa caldo e rosso ghiaccio?
posso dire, mentendo a me stessa e a te, che non m'importa
del giorno del calendario, che tutti i giorni sono
uguali, scanditi dall'irrefrenabile necessità di vivere
- nonostante? che non perdo mai la voglia d'incontrarti
infilare con lo sguardo le dita fra i tuoi capelli, contarli ad uno
ad uno, verificandone l'esistenza, sentire l'assenza
delle tue labbra sulle mie, iconografiche morbide
labbra, e le mani che non si toccano, mai,
spingendo al limite l'ipotesi del contatto? Così
facendo, ripeto, i giorni sono tutti uguali, natali,
pasque, capodanni, tutti convergono ad un'assenza.
un principio indimostrabile da cui sono partita
e da allora vago - ahi, me lassa - tra confini e percorsi
indistinti, con le parole inefficiente ancora.
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