Pubblicato il 21/10/2015 14:10:30
“Ciao”, disse la libreria a Pinocchio, vedendolo entrare nello studio. “Ciao”, rispose Pinocchio, ma, guardandosi intorno, nella stanza non vedeva nessuno. “Sono io che parlo”, disse la libreria, scricchiolando un poco. Solo allora Pinocchio si accorse che a parlare era stata la vecchia libreria, ingombra di libri e di carte. “Come fai a parlare, se sei di legno?” domandò incuriosito Pinocchio. “E tu?” fece la libreria risentita, “non sei di legno, tu?” “Ma io ho la forma di un uomo”, rispose Pinocchio per giustificarsi, “diventerò un uomo vero, se sarò buono e studioso”. “E per il solo fatto che hai la forma di un uomo, credi di aver diritto a poter parlare?” sentenziò la libreria, che, essendo piena di libri, aveva idee molto filosofiche. Inoltre non sarebbe mai potuto diventare un essere umano. “Ma io sapevo già parlare quand’ero un pezzo di legno!” ricordò Pinocchio, “per fortuna maestro Ciliegia lo ha regalato al babbo, che voleva fabbricarsi un burattino”. “E ti sei mai chiesto che fine abbia fatto il resto dell’albero?” “No. Che fine ha fatto?” chiese Pinocchio, che, avendo una testa di legno, era un po’ duro di comprendonio. “Sono io”, rivelò la libreria. “Allora noi due deriviamo da uno stesso albero!” comprese finalmente Pinocchio. “Già. Abbiamo preso strade diverse, dopo; tu sei diventato famoso. Ci dev’essere anche la tua storia, fra i miei libri”. La voce legnosa della tarlata libreria si velò un poco di tristezza, per il diverso, seppur dignitoso, destino che le era toccato: una pigra e onesta esistenza nella casa di uno studente. “Ma tu perché non sei diventata un burattino? Avresti avuto fortuna: magari saresti stata protagonista di una storia, come me”. “Il falegname che mi costruì”, rispose stancamente la libreria, “era sordo”.
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