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La Scura Aria D’autunno

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 07/11/2009 21:47:58

LA SCURA ARIA D’AUTUNNO


Le streghe a sera nell’orto d’ottobre ballano
una danza senza tregua , nervose , isteriche , scivolano, s’accoppiano ,
raccontano la loro esistenza ,la loro follia.
Nel silenzio dei giorni grigi ogni cosa muta
come i concetti nell’ ore del meriggio
a meditazioni funeste , come il vento piega i rami degli alberi
al richiamo di chi disperso per boschi di cemento
vaga alla ricerca di felicità passate.
Solitario, ignudo il sinistro satiro fuma
le foglie morte di questo autunno
mentre bruciano i rancori tra i fatui fuochi sui monti
ove le madri dai lunghi ricci rossi ricorrono i loro ricordi.
La natura muta le membra dell’idee ed elle maturano e cadono
una dopo l’altra come le magnifiche castagne.
Le voci dei giovani ignari e soli sempre pronti a trafugare
facili felicità ed il pensiero lasso scolora nel disperso mondo
nei giorni illogici, nel tedio, s’attende l’arrivo del freddo inverno.
Ascoltare il canto funesto del povero uomo
solo in mezzo ai tanti grattacieli tristi e silenti
gracchiante una sua lugubre lirica.
Canzona ,sola rimandi a pianger meco dove serbo il dolore
né fra la gente d’andare chiedendo pietà abbi vaghezza
che l’alto mio martirio conforti e sprezza.
Ma , se doglia compiangi e meno si sente
sdegna ch’ancor tu resti a pianger seco
l’afflitto cuore ,che disperato vuole
che l’aspre pene mie non si sentano più sole.
M’ aiuta a passare la via mi dice una vecchina dal naso uncino
con un bastone tra le mani pronto a diventare un serpente.
Prego venga, gli porgo il braccio ,passiamo così dalla luce alle tenebre
si destano così l’anime morte ,si destano i sorrisi e sovviene nel sonno
della malandrina il tintinnio dei talleri rubati.
Metto qui la macchina ?
Non vi preoccupate qui sta benissimo
ingenuo seguo il consiglio sciogliendo i lacci alla fortuna
per rimanere a piedi a fine giornata sottratto d’una ruota ,
gabbato infine da un gradasso parcheggiatore
misero con un grappolo alla gola rimango.
Ma il sole asciuga le misere lacrime
riscalda l’andare il perdersi in infausti sortilegi.
Or lungi per la scura aria d’autunno vado, i rami senza fronda
paiono braccia protese ad imprecare l’ira funesta dei giorni della femminile ragione.



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