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Origine delle storie

di Antonio Risi
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Pubblicato il 22/08/2015 22:19:17

Una volta, tanto, tanto tempo fa, quando gli uomini non sapevano ancora leggere e scrivere, in un villaggio giunse un uomo che veniva da Molto Lontano. Nel villaggio nessuno sapeva che Molto Lontano esistessero altre terre, perché nessuno si era mai allontanato tanto da perdere di vista la propria capanna. L’arrivo dell’uomo che veniva da Molto Lontano fu perciò un avvenimento memorabile. Tutti volevano sapere che cosa c’era Molto Lontano, allora l’uomo raccontò la storia del suo viaggio, riempiendo di meraviglia l’intero villaggio. L’uomo ripartì subito, perché doveva andare Molto Lontano, in un luogo opposto a quello da cui era venuto. Fu così che gli abitanti del villaggio seppero di essere circondati da terre Molto Lontane, e furono felici di trovarsi al centro del mondo.
Nel villaggio ognuno tornò alla vita di tutti i giorni. Tutti erano tristi, perché non potevano più ascoltare la storia dell’uomo che era venuto da Molto Lontano e se n’era andato Molto Lontano. Alcuni scrutavano l’orizzonte, sperando che tornasse, o che da Molto Lontano giungesse qualcun altro, ma non veniva nessuno. Incominciarono a raccontarsi l’un l’altro la storia dell’uomo che era venuto da Molto Lontano ed era andato Molto Lontano, e chi ne sapeva meglio una parte, chi un’altra. Cominciarono a non trovarsi d’accordo su qualche particolare, ed ognuno aveva la sua versione della storia. Col passar del tempo, però, gli abitanti del villaggio si stancarono di raccontare sempre la stessa storia, perché, a forza di raccontarla, ormai la sapevano tutti a memoria, ed era diventata banale, come la vita di tutti i giorni. Il villaggio ritornò alla sua tristezza di sempre, rinunciando a raccontarsi in eterno una storia che non meravigliava più nessuno.
Nel villaggio viveva un uomo diverso dagli altri. Se ne stava sempre appartato, e non parlava mai con nessuno. Quando non lavorava, sedeva imbambolato davanti alla sua capanna, con lo sguardo fisso nel vuoto; oppure gironzolava intorno al villaggio, affascinato dall’orizzonte, dove pareva si unissero il cielo e la terra. Questo accadeva già prima che arrivasse l’uomo da Molto Lontano, e dopo che egli se ne fu andato, l’uomo diverso dagli altri scrutava l’orizzonte con maggiore intensità di prima. Nella storia raccontata dall’uomo venuto da Molto Lontano avevano preso forma le sue fantasticherie, e quando l’uomo se ne andò, avrebbe voluto seguirlo, ma aveva paura di lasciare la sua capanna.
Quando gli abitanti del villaggio cominciarono a raccontarsi la storia dell’uomo venuto da Molto Lontano, perché non si spegnesse la sua luce consolatoria, anche l’uomo diverso dagli altri voleva dire la sua, ma nessuno ascoltava la sua bella voce, tutti lo deridevano perché era brutto. All’uomo diverso dagli altri non rimase che chiudersi in un silenzio amareggiato, dove le immagini di lontananza che si portava dentro sin dal principio si facevano sempre più vivaci. In compenso ascoltava le storie ingarbugliate da tutti, così che solo lui riuscì a dipanarne il filo, ritrovando il loro ordine primordiale.
Quando la storia dell’uomo venuto da Molto Lontano divenne banale, solo l’uomo diverso dagli altri trovò la soluzione giusta alla generale mestizia. Sparì per un po’ di tempo dal villaggio, nascondendosi in una grotta che solo lui conosceva, e inventò una storia, che nell’oscurità venne alla luce più florida. Era la storia dell’uomo venuto da Molto Lontano, trasformata dalla nebbia dei ricordi e dall’arbitrio della fantasia. Quando tornò al villaggio, e gli fu chiesto dove fosse stato, rispose di essere andato Molto Lontano, e raccontò la storia che aveva inventata. Gli credettero per nostalgia, e per le affascinanti coincidenze fra le invenzioni dell’uomo diverso dagli altri e i frammenti della storia dell’uomo venuto da Molto Lontano.
Sarebbero vissuti tutti felici e contenti, se alcuni sospettosi non avessero deciso di indagare sulla verità delle storie. L’uomo diverso dagli altri, infatti, dopo il successo della prima volta, spariva periodicamente dal villaggio, rifugiandosi nella sua grotta ad inventare altre avventure che rallegrassero il villaggio. All’ennesima fuga, fu seguito e scoperto. Sul villaggio scese un velo di costernazione e più nessuno volle ascoltare le meravigliose bugie dell’uomo diverso dagli altri.
Ma il villaggio non aveva fatto i conti con la crisi di astinenza, che provocava un dolore più implacabile della fame e della sete. Ad ognuno accadeva, in certe ore del giorno, quando tutto appariva quadrato e grigio, di pensare senza volerlo alla spirale di colori evocata dall’uomo diverso dagli altri con le sue storie, che, nonostante fossero false, parevano diffondere una luce vera, come la lucentezza di certe pietre sembra accendere ingannevolmente bagliori di fuoco.
Finirono col raccontarsi anche le storie dell’uomo diverso dagli altri, che riacquistò la sua aura magica, senza darsi pensiero per la loro falsità, anzi, le arricchirono di varianti sempre meno verosimili e più strabilianti.
Alcuni, che furono chiamati aedi, erano più ricchi d’immaginazione, e sapevano raccontare le storie meglio di altri, sicché tutti volevano sentirle soltanto da costoro; gli aedi allietavano i commensali nei banchetti, consolavano i congiunti nei funerali e riempivano l’ozio nelle giornate di pioggia. Furono talmente coccolati, che finirono col vivere solo per cantare.
Una volta, un uomo nato e vissuto nel villaggio, a forza di ascoltare storie di terre lontane, sentì il desiderio di andarsene per godersi il resto della vita nei luoghi meravigliosi evocati dalla fantasia. Salutò parenti ed amici e partì. Cammina e cammina, l’uomo arrivò Molto Lontano, ma non era affatto come se l’era immaginato. Giunse in un altro villaggio, simile a quello che aveva abbandonato, dove si svolgevano gli stessi lavori faticosi e si raccontavano le stesse storie meravigliose che avevano sempre fatto parte della sua vita. L’uomo era talmente lontano che non poté più tornare indietro. Adesso era il villaggio dov’era nato e che aveva lasciato ad apparirgli Molto Lontano, e le storie meravigliose che ascoltava nel nuovo villaggio gli si presentavano tinte dei colori struggenti della nostalgia. L’uomo comprese che, ahimè, le terre lontane sono un’illusione, e che la realtà è fatta di sfere concentriche, da dove nessuno può uscire facilmente: nella sfera più interna è racchiusa la vita quotidiana, con le sue banali sfumature di grigio, ma le sfere continuano all’infinito, e in quelle più lontane si stendono le tinte vivaci dell’arcobaleno.


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