Ricordo dei miei giorni antichi
un astuccio in bruno cuoio
dal profumo che fruttava.
Viveva di cerniere e gommapane,
di righelli, forbicine e compasso
di matite, biro e stilo neroverde
di una penna col pennino nostalgia
e di un anno di colori nel suo doppio
dove spiccava il bianco
(A cosa mai serve il bianco?
Mi domandavo.
Visibile del niente sorprendeva.
Per rarità l’amavo.)
.
In sintonia di lato
sbuffando sulla frangia
discreta mi giravo per guardarlo.
Poi tutto il resto e ancora a lui
prima di riportarmi via lo sguardo
.
Negli attimi che gli donavo
fiorito di promesse
mi tornava il mondo
e figlia mi sentivo
…
di uno scrigno prezioso
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