Tutti dicono condoglianze (*), appena muore qualcuno, eppure nessuno comprende realmente l’importanza di quello che si dovrebbe dire e tacere, a seguito di un lutto.
Una frase di circostanza sentita tante volte nella vita, che ha perduto l’autenticità di esprimere, con parole proprie del cuore, la vicinanza a un’anima afflitta da un esplicabile dolore.
Sono davvero parecchi i funerali ai quali ho partecipato sentitamente, ho assistito per costrizione e ancora dove la mia presenza non era affatto richiesta, perché anche in occasione di luttuosi momenti, giammai ci si aspetterebbero guerre economiche, soprattutto da parte di chi, professandoti bene sincero, accorre in prima linea a richiedere ciò che gli spetta.
Eppure, ti insegnano che l’amore primeggia sul danaro, sugli interessi ereditari e su ogni divergenza familiare, perché chi ci ama lo farà eternamente, nonostante sia stato seppellito a circa due metri sotto la superficie della terra calpestata dai tuoi piedi. La congestione emotiva che si prova è altamente terribile, disumana, paralizzante e impensata, ma ti giunge ugualmente, lo decida oppure no, a meno che non ci vesta di agghiacciante freddezza da essere insensibili e intoccabili dalla sofferenza.
Occorre un periodo indefinito perché un lutto possa essere adeguatamente digerito, dovendolo affrontare con le sole forze ed elaborarlo, facendo acrobazie mentali.
Poi ti soffermi a chiedere perché sia successo a te e ad altri no, privato già in anticipo della risposta di conoscere le ragioni di esserti trovato orfano, quando neanche hai mai voluto starci, in un mondo di gente irriguardosamente egoista che, ogni giorno, si lamenta e piange per cose che già possiede e affatto valorizza.
La solitudine si presenta con superbia e pretende di essere udita minuziosamente, perché ha il dovere di insegnarti a diventare forte, per non lasciarti morire dentro.
Quindi, vai avanti con ferrea volontà nel sapere che tutto non sarà più come prima, ma sei obbligato a proseguire il cammino tracciato dal destino.
Inutile piangere, patire in silenzio e desiderare di morire anche tu, per congiungerti con chi hai amato e ti ha dato vita, nonostante l’impietoso tempo abbia strappato violentemente quei ricordi affettuosi, divenuti sogni di un calore domestico, spentosi prematuramente.
La verità fa male ma, da sola, tale si scolpisce in te stesso: raramente la modernità accetta il nostro supplizio, avendoci cancellato la facoltà di immedesimarci nel vuoto di uno sconosciuto che serba l’umanità in sé, ma captando l’assurdità di non ricevere incomprensione su esperienze comuni, però mai uguali.
Meglio non proferire la parola “condoglianze”, se sei al posto mio,
e per favore, che resti un religioso silenzio.
(*) Tratto da Wikidizionario: condoglianze plurale di condoglianza derivazione di condolersi; dal latino condolere, formato da con- e dolere: significa "provare dolore con" quindi "partecipare al dolore".
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Arcangelo Galante, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.