Hai lasciato la verde valigia della memoria
in un binario morto, di una stazione di periferia.
Adesso:
che sfoggi bagagli firmati, nuovi di zecca, mutevoli.
Gli oggetti che non ti servono più vengono
inghiottiti dalla grande bocca dell’oblio.
Rimpiazzati da altri, destinati alla stessa fine.
Triturati dall’ingordigia della voragine dentata
che sgranocchia ogni chicco di passato.
Non fai a tempo nemmeno ad accarezzarli,
ti sfuggono dalle dita e si mettono a correre
attirati dalla musica del mutamento perpetuo:
Pifferaio magico della contemporaneità.
Ai tuoi sensi, non lasciano, memoria alcuna.
La tua identità, è la colonnina di mercurio
fuoriuscita da un termometro rotto.
Rimani, impotente a guardare le piccole sfere
d’argento, rotolare da ogni parte.
Vorresti gridare, ma la tua voce si perde nel coro
di altre voci.
E quei contenitori colorati continuamente
mutanti ti sconcertano.
Intanto lo statico, egocentrico, presente
Senza lasciare niente, con la sua enorme coda,
spazza via, ogni traccia rimasta.
In luogo irraggiungibile sospinge ogni disegno
ché ad occhi rassegnati invisibile resti.
In una rimbombante solitudine,
ai margini “della moltitudine” della tua alienazione
ricordi e progetti ti abbandonano.
E nemmeno ti accorgi di essere rimasto solo.
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