Mentre beve lucidissima d’un fiato
le splendide membrane della notte
è così vasto il dono di mia madre
che scende nella stanza delle rose
con le mani giunte sopra gli occhi
è da lì che la vedo danzare
con la voce nuova di mio figlio-
l’ascolto del suo polso
unito al mio-
al passo di chi torna fra le labbra
con un’ostia, che diventa quella luce,
che canta quel che sai, come ogni anno,
la più bella fioritura tra le cose
..nell’immenso
lascia che si posi
una sera così rara,
tra i solchi della pelle,
un’iride, dal nulla-
per essere vicina ed invisibile
corrente primitiva nella carne-
sul sentiero
che fa dell’anima una terra
smarrisci il fiato, tra le dita,
la dolce discesa dello sguardo,
nella tana dell’inverno
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