Coincideva con la poesia
con la parola improvvisa nel petto-
alla forza dei pazzi che l’annuncia
dopo l'ultimo congegno della mente,
l’insinuarsi nel magma ubriaca
per compiere la terra finale nel buio
arretravo nel nulla del vuoto,
di un ricordo interminato dei fondali,
in cerchio di danza,- sull’orlo di uno stelo
lasciato dalla prima sillaba
fu chiaro il furore, due lampi
nel verde del tiglio e una febbre leggera,
nel suono del vento, uno scricciolo,
un angelo sottile mi rapì,
sulla cima del Tauro, nel grido invisibile
rovesciando il respiro in avanti
un solo sguardo.. è la luce nel varco
colma di ogni richiamo alle pietre commosse,
fino alla casa degli antenati
custodiva nel viso me stessa
in forme infantili, e in cammino
generava un'antica figura a metà
tra i santi cristiani e gli spiriti delle tribù
nel luogo dell'aria più inabitato
e pregno di materno sudore
nella tensione del corpo eccitato
per venire con verità nella carne,
con una sola goccia di splendore,
a stringere il mistero. Distesa, nella calma,
tra i colori di una pianta sconosciuta,
dove la parola si fa corpo che si apre,
pronunciando il suono con la bocca
che l'ha generata all’apparire:
un tenero abbraccio per saltare nella nebbia
nella signora del gioco, e quasi un passo
nel tuffo di partenza a premilcuore
che liberamente invade con la gioia,
una danza per accenti e lallazione
Ed è quando la pesantezza m'impedisce
di riaprire gli occhi che ti vedo
con l'intento di arrivare a risvegliarmi
in un altro sogno, dove siamo noi
in altri mondi, ed al risveglio
non diciamo: ecco, era un sogno-
d’indicibile esperienza noi saltiamo
ebbri d’esistenza, per nascita e destino
sul cammino appena schiuso.
Matrice d’ogni luce, viva
tra parole da raccogliere nell’erba
fino alle labbra, ancora incerte
a prendere radice, appese all’aria,
a raccontare dal luogo del ritorno:
l’azzerarsi della terra sotto i piedi
di quello scricciolo che m’insegnò a volare
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