
Mi è piaciuto leggere i racconti brevi di Elio Corrao, in primis perché tratteggiano una realtà, presente e passata, che non conosco a fondo, essendo io umbra ed “emigrata” in questa bella e difficile terra … E in secondo luogo perché queste narrazioni hanno il pregio di presentare, con pochi, semplici tratti, il cuore della “palermitanità”, così difficile da capire per chi è “straniero”.
I racconti sono, per lo più, riflessioni e frammenti di ricordi, in cui emergono anche volti e figure del passato di Corrao: dallo zio scrupoloso sistemista della Vincita, ad Ingegnaccio, lo zio inventore, cui l’autore bambino guardava con ingenua ammirazione nel racconto L’aereo in Giardino; fino ad arrivare alla descrizione di luoghi e fatti più recenti, su cui lo sguardo di Corrao si sofferma, con bonario sarcasmo, per cogliere l’assurdità pirandelliana di situazioni quotidiane e consuete nella Palermo di oggi.
In alcuni punti mi è sembrato di cogliere accenti quasi borgesiani (come nel finale di Ai funerali del mio maestro), in altri compaiono delle riflessioni che raccontano di un uomo che è abituato a guardare con una sorta di malinconica ironia allo straripante vociare della vita e della storia, per poi raccontarla, utilizzando poche fresche pennellate, proprio come Corrao fa con la sua vera passione: la pittura.
La brevità e la concisione sono due caratteristiche che in realtà sono difficili da utilizzare quando si racconta. Occorre possedere la capacità di cogliere gli aspetti salienti e di lasciare che la storia si intraveda, si snodi e si mostri solo attraverso pochi piccoli tocchi d’artista. E in questo Elio Corrao, benché in un terreno per lui abbastanza nuovo, mostra di essere bravo, perché tutto resta nel suo narrare leggero e fresco.
All’autore adulto, talvolta sarcastico e pungente – alle prese con una realtà che spesso si popola di furbi o prepotenti (come in A cu si scanta pi primu o ne Il venditore di niente), ma anche di visionari e sognatori – si sovrappone il se stesso bambino che guarda, con un sorriso divertito e ancora un po’ d’incanto, la varia umanità presente e passata che popola piazze e strade, nel tumulto caotico, ma vitale di questa problematica e affascinante città.
Particolari sono i finali di questi racconti, quasi aforistici e sempre pregnanti, in grado cioè di condensare in una manciata di parole il “succo” (u sucu, come si direbbe in dialetto) della storia, secondo la migliore tradizione narrativa.
Il piacere di narrare in Corrao è evidente, perciò ci auguriamo che continui a “cesellare”, tanto per usare un termine che rientri nell’ambito semantico a lui più vicino, altre storie e altri racconti, pieni di ironia, ma anche di nostalgia e di bonario umorismo.
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