Pubblicato il 11/06/2009 09:45:04
So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta o da un fondale, da un fuori che non c'é se mai nessuno l'ha veduto. So che si può esistere non vivendo, con radici strappate da ogni vento se anche non muove foglia e non un soffio increspa l'acqua su cui s'affaccia il tuo salone. So che non c'é magia di filtro o d'infusione che possano spiegare come di te s'azzuffino dita e capelli, come il tuo riso esploda nel suo ringraziamento al minuscolo dio a cui t'affidi, d'ora in ora diverso, e ne diffidi. So che mai ti sei posta il come - il dove - il perché, pigramente indisposta al disponibile, distratta rassegnata al non importa, al non so quando o quanto, assorta in un oscuro germinale di larve e arborescenze. So che quello che afferri, oggetto o mano, penna o portacenere, brucia e non se ne accorge, né te n'avvedi tu animale innocente inconsapevole di essere un perno e uno sfacelo, un'ombra e una sostanza, un raggio che si oscura. So che si può vivere nel fuochetto di paglia dell'emulazione senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato da Chi volle tu fossi... e se ne pentì. Ora uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti lo scheletro dell'albero di Natale, ti accompagna in sordina il mangianastri, torni dentro, allo specchio ti dispiaci, ti getti a terra, con lo straccio scrosti dal pavimento le orme degli intrusi. Erano tanti e il più impresentabile di tutti perché gli altri almeno parlano, io, a bocca chiusa.
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