Ha la calma del latte
che tiepido arriva-
abbandonato alla grazia
che lascia cadere,
versando sull’erba
tre gocce di luce- il suo seno
Le daranno della gitana
per la lingua inventata
a tenere segreta la luce,
per come si porta via con l'inverno
l’odore dei nascondigli
ottanta mondi lontano
in una pentola grande di riso
sbattendo la neve coi semi di lino
e un mandala, il più bello d’oriente,
preparando il ritorno tra le montagne.
Adesso vola,
filtrando sott’acqua all'autunno
a rincorrere i raggi dell’ultima notte,
la ghirlanda del disco dei pesci,
con lente parole e un profumo che tiene
come un filo alla gola di kashmir.
Lei sa che morire è generare
un atto magico. in vita
confuso in preghiera. Le sale tutto il viso
un limpido rosso- nell’accenno della sera
convocata e lieve- nel tuo sonno
viene a dirti “torno torno”
su quella strana trottola che gira
nella saliva della luce per la casa
è forza antica allora il gioco
che riprende il filo all’invenzione
se ci passi sopra con le dita, puoi sentire
dove vanno a finire delle cose
con le gambe a penzoloni, nel pozzo di calore,
mostrando di parlare con mezzi di fortuna
dallo scarto, per battiti segreti
come lucciole alla nebbia,
anche il pianto è una freschezza
improvvisa, nel sangue,
un dolore rimosso ai bambini
dove il taglio si adagia sicuro
e un nastro chiude le punte
facendo passare ninive
attraverso ciambelle di pane.
Sprofonda il mio petto carico di tane
fino all’inguine del sogno, e giragira-
cavezze, finimenti, morsi per piccole bufere
otto buchi d’alberi .. 36 vedute del Fuji
tutto il resto è selvatico aramen-
sott’acqua…
tra il nero religioso una nicchia di luce
traduce dal silenzio la visione
impressionando fontanelle nuove
il piacere di pianori messi a bagno
nel godere. tu sapevi che senso aveva
un’altra vita nella vita della mia felicità:
il blu il boato il fuoco di lingam,
linga purana, quando ci siamo allontanati
con il cuore fino ai reni..vogheremo,
una battuta a mezz’aria, da un fianco soltanto,
poi via, da quell’altro,
e tra le mani una corda di perle
fitta di nodi a scorrere il tempo
risalendo il klin otto lungo le dita,
cantando al contrario del fiume,
per ritornare, dal mare.
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