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Che vuoi che scriva, amoremio?
ho altro per la mente e in fondo al cuore,
e altro nelle viscere mi tiene:
è il pensiero di te, che assorbe ogni orizzonte
già definito chiaro, che vince intrepido e rapisce
l'indole mia distratta al mondo, dal desiderio
della pelle tua di seta, mia pesca di velluto,
brillante rosa rorida virtuosa di spine
e petali odorosi, carnosi come labbra nell'oro.
(nell'amore che provo, alle tue suggestioni, mi occorre riposo.)
Sei Sem, sei R'lung, sei Essere e Vita:
mi ricrei e mi vivifichi; mi sei mistero trino,
Visarga l'immortale, Indra e Viraji;
mio chicco di pisello
che nell'unità cela due mezzi.
Arundhati spietata che tutto distrugge
nell'ascesa e solo per ricreare, ritornando,
violenta per lo slancio all'unione,
energia saettante e sottile emanazione
assillante di miele che cola
e distillando mondi compiuti;
stilla la mia passione e ingoia
premendo la tua lingua sul palato,
il nettare che t'addolcisce, sussurrando
in nenia devota di novena:
amato mio, ti bramo, mi tieni; ti amo,
vieni. Mai mantra fu più docile
nè sarà più armonioso, nell'attesa arresa
della sposa, per il suo vezzo, le nostre nozze;
quel giorno che tutto ricompone, tutto depone.
Così, che vuoi che scriva, amoremio?
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