Dall'ombelico al timo,
rotolandoci nel fango
finivamo per brillare dall'inizio,
colmi di raggi nell'ignoto,
sbiancando come cenere e un animale di cristallo
nel magistero chiaro di bellezza, e nel suo grembo
una folata d'acque, che ondeggia come un fiore
un grido d'oro al vento, e nuota
nel flutto, nuota, danzando
sulla pozza nera indifferente
Chiamavamo ogni forza, in altri spazi,
notte misteriosa ,
scavando la dolcezza delle tombe
sui nostri polsi bianchi di ogni giorno:
una manciata di zapiskj,
un iman acceso agli occhi
ricombaciava l'ombelico con le stelle
e il fiato perso dei suoi passi
nel pieno dello scuro, senza domande nelle ossa.
Miopiccolo re, fradicio di luce,
prestami la voce e il copricapo a fiori
per il miele, per l'haoma dell'avesta
dove scompare il mio cervello, tra le foglie
rovesciando l'invisibile nel ventre
se mi baci a lungo, se mi spingi
col muso in avanti [ terribilmente bello ]
dall'ombelico al timo si continua per la luce
con l'erba strega, con una mano in dono
illuminata dal riflesso vegetale
e lingue rosa di bestiole sane
puoi fare le magie se ti protendi-
coi lupi d'argento in viso, e ad ogni ora
puoi fare luce come un punto di raccolta
ad ogni goccia puoi danzare
formando laghi più vicini come cuori
tirando i fili dei baccelli per giocare
come fanno le marmotte con i denti-
dove c'é la possibilità di gioia
infine fare tana, ai ripostigli della neve,
una capanna di colori sui fianchi delle acacie,
immersi fino al collo in questa nuova casa,
che cammina sulle spalle, e con le ali.
se premi ancora alla radice dei gemelli
ti saltano marmotte sulle braccia,
come un soffio d'arpa nella pelle
attraverso i secoli dei sogni,
nell'arco della nube con un patto:
essere ogni cosa a fare petalo, nel fango,
impastato alla saliva del tuo accento
è un suono caldo che fiorisce ora
lo vedrai salire dal fondale
nello stretto del presente, ricadere,
nell'aperto dell'amore, con scintille,
per l'intero corpo trasparente,
nel dolce movimento verso..
che è già amare.
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