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Controfigura

Romanzo

Luigi Fontanella (Biografia)
Marsilio


Recensione proposta da LaRecherche.it

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Pubblicato il 19/02/2010 17:59:00

Presentiamo il libro “Controfigura” attraverso tre distinti contributi, il primo di Salvatore Violante, il secondo di Roberto Maggiani, il terzo è una lettera di Liliana Ugolini all'autore.

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Luigi Fontanella è riconosciuto poeta contemporaneo. Come tale affronta e risolve il suo primo romanzo. Edito da Marsilio, è in libreria al prezzo di 15 euro, con il titolo di Controfigura. È la passeggiata che Lucio Grimaldi fa a Roma, ricalcando un itinerario disegnato da un taccuino, in cui c’è l’abbozzo del suo romanzo “in fieri”. È un viaggio particolare, effettuato sul filo della memoria in compagnia di un “alter ego” che fonde e confonde i piani temporali e spaziali riportando a galla ricordi, personaggi, luoghi e situazioni che si stemperano fino all’inconsistenza, in una sorta di rappresentazione teatrale in cui ogni cosa è un’ombra in lontananza, come succede ai corpi dietro tende scarsamente illuminate.
Scritto in modo magistrale ed elegante, Controfigura è un romanzo gradevole, fruibile e colto. Non sono rare, infatti, le note informative, curiose, artistiche o letterarie citate tra le pieghe del racconto. Sono immesse con eleganza senza appesantire l’impegno del lettore. Un bel romanzo senz’altro, un itinerario dell’anima che cerca di stanare la sua parte nascosta, in cerca di quella verità altra, che può sortire solo grazie a sensi alternativi alla ragione.

Salvatore Violante

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“Non avrei mai cominciato questa storia se non avessi ritrovato fra le mie carte un vecchio taccuino […]”, appunti di un romanzo che doveva essere scritto ma poi non lo è stato; il personaggio doveva essere Lucio Grimaldi. L’avvio della vicenda, così come l’intera narrazione, ha un vago afrore proustiano: “[…] E’ che quell’esitazion, nel rivedere prima che leggere quei fogli, ha provocato in me uno stato d’allarme generale: una mobilitazione psichica che conosco bene […] Quei fogli si presentavano parlanti ai miei occhi e al mio tatto dopo più di trent’anni di completo occultamento. […]”. Il narratore ritrova appunti abbandonati e ripercorre le idee base del romanzo, cerca di ricordare le idee iniziali, fino a diventare la controfigura di Lucio – “[…] le vaghe note del taccuino mi dicono che avrebbe dovuto compiere una lunga passeggiata in città […]” –, esce di casa e percorre i luoghi che Lucio doveva percorrere nell’ambientazione romana del romanzo: “[…] Dentro il taccuino c’è una piccola pianta di Roma sulla quale avevo segnato con un pennarello il percorso che Lucio avrebbe compiuto a piedi. […] Voglio rifare questa passeggiata, accompagnando Lucio come un’ombra: voglio essere la sua controfigura […] si tratta di far rivivere Lucio a modo mio, al modo mio di oggi, perché quel Lucio non c’è più, e io non sono quel giovane nel quale mi identificavo. […]”. Per le strade di Roma, davanti ai luoghi che aprono varchi sul passato, le figure del narratore e di Lucio si sovrappongono per fondersi in un’unica figura; diventa indefinito il confine tra invenzione narrativa e realtà, la controfigura diventa la figura, prende possesso dell’esistenza di un altro, si sostituisce, si dilata, prende corpo, il romanzo diventa la vita, la scena diventa sua, diventa la scena di Lucio, o viceversa; la realtà diventa il romanzo: il narratore verrà chiamato col nome di Lucio nel corso di tutto il testo – ma il dubbio rimane, che non sia invece il romanzo divenuto realtà.

Lo spazio della città diventa richiamo di ricordi, v’è nel romanzo un inscindibile legame tra luogo e tempo, quest’ultimo assumendo la dimensione del ricordo; anche in tal senso il romanzo di Fontanella rimane su una linea di devozione, per così dire, “recherchiana”, la vita è anche memoria e da essa, sostenuta dal presente, carico della vita passata, si delinea una sorta di redenzione che giungerà alla fine del libro, con sensazioni e pensieri e propositi e affermazioni, la cui importanza è sottolineata dalla loro semplicità: “[…] Vorrei, come allora, gridare al vento tutta la mia impotente vitalità e malinconia, dentro questo immane silenzio squarciato di continuo dal vento. […]”. La vita individuale è un’esperienza che si sovrappone ad altre vite – deve farlo – che ci insegna, se siamo capaci di leggerla con attenzione e rispetto e obiettiva e onesta interpretazione, alcune saggezze, ci svela l’importanza del presente, del suo magico tocco nell’anima, la necessità di viverlo pienamente, con la stessa intensità e importanza che talvolta si sperimenta nel rivivere gli istanti passati: nel presente la stessa struggente nostalgia, come se fosse già passato, ma ancora, in realtà, frutto integro da assaporare.
Infine, una piccola nota, mi ha fatto piacere trovare citata Marina di Carrara, cosa rara, il mio paese, dove ho vissuto la giovinezza, dove risiede la mia memoria, dove la mia controfigura sta camminando.

Roberto Maggiani

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Firenze 24 Febbraio 2010

Gentile Luigi Fontanella.

Stavo per scusarmi con te per il breve ritardo nello scrivere sul tuo libro “Controfigura” edito da Marsilio quando mi sono ricordata, rileggendo il trafiletto, della tua raccomandazione sulla “ lentezza”. Bene, allora sono in orario.
Centellino la lettura del tuo libro in un vortice di avvenimenti in cui sono in questo momento immersa ( malattie terminali, spettacoli, progetti, scritture) e questa mi dà misura, calma, pensiero. Te ne sono grata anche perché l’interesse di questa lettura mi fa percorrere un nastro parallelo. Fin dall’ inizio si percepisce la mobilità dell’autentico tra presente e passato, una rilettura di qualcosa che sta sopra le righe che anch’io mi accorgo sto cercando. Il progetto che coinvolge l’interpretazione cinematografica del testo mi convince e sono curiosa degli sviluppi. Appare ora chiaro il disegno della controfigura, come vedersi nel vedere d’un doppio che solo il tempo costruisce nella differenza. Interessante. Sono catturata con un pizzico di gialla indagine per qualcosa... Il romanzo narra storie pulite amori, accappatoi, appartamenti, statue, Ville borghesi e no, odora di pulito in giochi giovanili ( se ne percepiscono i sapori). Gli avvenimenti si susseguono reinterpretati in una maturità di sentimenti e di pietas, forse diversi dal sentire del momento o forse no perché dentro restiamo in fondo gli stessi essendo nati così prima di nascere. Si percorre la finzione cinematografica nella realtà incontrando Mara Ciukleva ( Gloria Swanson) nei panni dello sceneggiatore William Holden e, sfocando i contorni, questi ci appaiono vivi e parlanti. Tutta l’esperienza sul set di Fellini è storica e porta il lettore ad atmosfere surreali tanto che si sentono i cigolii della bambola carillon nella bellissima scena dell’ amplesso impossibile di Casanova. Al tutto si mescola il popolo dei guitti in una visione globale e scenica, in una ricostruzione pittorica che va oltre il film. La magia della scrittura è qui mostrata in tutta la sua forza mentre l’autore racconta la sua partecipata straneazione.
Ancora la passeggiata fra strade e avvenimenti fino a ricercare assonanze di luoghi, autori, pensieri in un gioco di specchi e rifrazioni di controfigure.
L’incontro con Willow è divertente per i commenti sulle e fra le righe. Il personaggio, provoca momenti di sospensione e la freschezza della scrittura è invitante. ( Io i libri li leggo tutti, da sinistra a destra forse sono all’antica…). Arrivata alla sequenza “L’uomo e la Statua” sono scoppiata in una risata che da tanto non mi capitava leggendo un libro… ero così concentrata che mi sono dimentica del vortice dei miei avvenimenti. La scena mi è arrivata improvvisa divertendomi al massimo per la situazione davvero esilarante e surreale. Ne ho apprezzata la descrizione e l’ effetto.
Il 15° capitolo nella trasposizione temporale è, per me, un quadro simbolista che dice più del narrato e, l’inseguimento poi (che mantiene nell’essenza la capacità d’una provocazione), è un piccolo capolavoro letterario.
L’incontro con l’amico avvocato è un pretesto per ricordi scolastici e di marachelle alla Gian Burrasca. La lettura corre veloce stimolata dalle divertenti avventure molto ben descritte. Per contrasto la pietas ancora, sulla sorte di Fabiano, compensa un equilibrio di emozioni e l’intenerimento sul diario di Patrizia afferma quello che anch’io so da tempo e cioè che la scrittura non assomiglia all’idea che noi abbiamo dell’autore. Il revival dei compagni di classe visto con distacco è ancora confronto . L’ esperienza trasforma e contamina il ricordo puro che resta icona nel ripetersi infinito dei comportamenti. La vita dei forti contrasti si accende nell’episodio di Marika, forte della violenza condita di cuscus, bulimia e passione. Coinvolgente. Diluito poi nell’ affascinante descrizione del passaggio di luce nella stanza in altro tempo dove gli oggetti diventano fantasmi fino all’angosciosa vertigine di tanta vita riflessa come la ricerca dell’ utopia del (D) Io nascosto o nel mistero del coltellino ritrovato.
La ricerca quasi ossessiva della storia di Jacopa de Settesoli legata a quella di San Francesco è ancora una trasposizione di tempo nell’ attualità del desiderio dei mosticcioli. Affresco toccante e stranamente opportuno nella varietà dei quadri/capitoli fin qui raccontati. Le osservazioni sulla passeggiata di Robert Valser fino al pensiero di De Chirico, aggiungono e completano l’intenzione espressa attraverso tutto il romanzo. Un fluire di fatti che fa ricchezza d’esperienze e ho la certezza, terminata questa lettura (di cui via via ho preso piccoli appunti), di un incontro con un libro che non passerà perché mi ha arricchita della visione molteplice del vivere in un doppio umano troppo umano finalmente.
Con affetto, stima e simpatia.

Liliana Ugolini www.lilianaugolini.it

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