Scende fino a mare il desiderio
si dispiega largo, pacato con l'odore
mescola i sapori del garbo e un'acqua limpida
alimenta il fuoco, appreso in sogno,
dentro ogni parola c’è altra luce:
un pescatore taglia le sue corde con i denti
infila gli ami in un cesto nero, le mani calme
emergono dal buio. Un canto a bocca chiusa
difficile non piantarsi nel suo cuore
come un muscolo infinito nell'ascolto
mi inginocchio. Ammiro.
In un cesto nero c’è altra luce, c'è calore che trapela
ai bordi- i miei cespugli rossi, gli oleandri, il mirto
il colpo d'occhio rammendato, il borgo intatto,
la processione delle luci, le pezze bianche a notte
la lunga coda umana tra i sentieri stretti per l'estate.
Un lungo canto senza peso, un buco nero,
naturalmente caldo, non è poi cosí nero,
una lievissima sorgente di calore, se fosse
isolato in un cielo senza stelle,
pallidissima luce, sfuggirebbe al buco..
eppure non c'è nulla, non materia o superficie,
solo non ritorno che gravita, cosa muove?
Molecole di spazio il tremare infinitesimo
della grana elementare, non è calore di un oggetto
ma dello spazio vuoto in nulla,
dov'è il tempo che si ferma velocissimo
per sempre
a caccia dello strappo d'acqua
per infrangere, per rigenerare il limo
quello che noi siamo
fissando ancora quel brusio di ere,
nelle strettoie del suo buio vibra,
con la forza misteriosa che diffonde
tra la lingua di ogni giorno e le sue mani,
nel mestiere di contemplare in cielo,
concentrato in un’intesa, il mare
adesso è qui. nel buio immacolato
e caldo. Prendi la mia mano,
quando andremo via,
dal nocciolo più interno del mio cesto nero
fino al bianco infinito del tuo interno vibrare
cantando, in gioia, al nuovo giorno
il calore inesauribile fra stella e stella
come pesci in fiore
porta nel cesto, quello che noi siamo
Fotografia: Yury Pustovoy
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