TRA IL FISCHIAR DEL TRENO, UN SILENZIOSO GABBIANO DI POESIA
Nel cupo silenzio
della sera,
nell' eco folle
della ricorrenza,
muto l' orto mugola
la siccità
nelle sue folte lentiggini,
rughe d' espressione acerbe
e sui volti umani e pigri,
il sole splende
col suo assenso tacito e morente.
Odo solo il dolce vociar
dei miei lontani amici,
nel concerto d' emozioni e accordi
con l' anime che s' uniscono
nei vivaci singulti d' allegria
con naturalezza e spontaneità
che per loro con gaudio mi ristora,
mentre a me tormenta
in sonno- veglia,
la sonnolenza
tal che la vita
assume le sembianze,
di sua morte.
Poi improvvisamente sbuca
il treno,
dalle spesse ante del silenzio
e annuncia l' incombenza
del mio animo,
che la felicità non per la sua volontà
diniega,
per questo me castigo
e le rotaie che si rincorrono,
laggù nel lontano infinito,
e partirò per la stazione
dell' assoluto
e del mistero,
finchè ritroverò quel talismano
celato in un viaggio,
quell' ancora per ritrovar me stesso
nell' incubo d' un burrone
che rispecchia il sovrastante
cielo,
stellato di luce e di miseria.
Voglio farmi capostipite di saggezza,
annunciando che mai a nessuno
dobbiamo sfoggiare e dimostrare
il nostro più fervido valore,
e che la nostra occupazione
principale e onesta
è intrufolarsi con zelo,
nel tunnel vorticoso
della felicità.
E infine ringrazio,
colui che paragona
le briciole minute
del mio esser artista,
ai festanti e sonori
giochi pirotecnici,
e all' esplosione annovera
perpetua l' intensità e l' immensità,
di ciò che per lui
è diamante giovane
e finemente scalpellato.
Buonanotte a voi,
che siete il serbatoio
gioioso, doloroso e sempre colmo
del mio essere un silenzioso
gabbiano di poesia.
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