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Michelin? Sė, grazie!

di Giovannino Giosuč
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Pubblicato il 04/03/2015 13:40:36

MICHELIN? SI', GRAZIE!

 

   Il posto dà l’idea di un santuario. Interni in penombra, luci soffuse, inveterata abitudine di parlarsi con discrezione, quasi sussurrando le parole. Solitamente gli avventori che si avvicendano all’interno del locale intuiscono immediatamente l’importanza di entrare in sintonia col sottoscritto: sono un tipo di poche parole, precise e ben ponderate, pronunciate sempre a bassa voce.

   Mi chiamo Tonino, e il locale è una vecchia trattoria dalle antiche tradizioni. Ebbene sì, faccio il ristoratore. Sono un uomo di poche e misurate parole, sempre rassicuranti e decise, che non ammettono contraddittorio.

   A metà degli anni ottanta, sulla soglia dei quarantanni, ero già un esperto di cucina e di ristorazione come pochi.

  Niente a che vedere col classico ristoratore piuttosto rotondo nel fisico e dalla faccia rubiconda, sempre sorridente e dalla parte del cliente secondo il principio che il cliente ha sempre ragione. Tra l’altro, guardandomi, non si riuscirebbe mai ad indovinare il lavoro che faccio. Piuttosto, l’aspetto rubizzo e i modi sempre compiti e seri rivelerebbero uno studioso di discipline umanistiche, un filosofo forse, o un sociologo.

  Nessuno ha facoltà di interferire, quando si ritrova a pranzo nel mio ristorante, sulla sequenza dei piatti da gustare. Devo solo sapere se il cliente vuole mangiare carne o pesce, minestre o paste. Se preferisce torte, o dolci al cucchiaio. Basta. Il resto è un problema mio. Come cucinare, come fare gli abbinamenti con le bevande, come presentare il prodotto.

   Lo ammetto, un vero dittatore. Nel tempo la mia intransigenza è diventata proverbiale e in certo qual modo ha fatto la fortuna del  locale. Sono molti gli aneddoti che circolano sul mio conto. In realtà si tratta di tante piccole storie, tutte vere, tutte dello stesso…sapore.

   In una di queste rimase coinvolto un mio amico che con una certa regolarità frequentava la trattoria. Quella sera Giulio aveva voglia di un bel piatto di spaghetti alle vongole. Mi mise a parte di questo suo desiderio, riuscendo a coinvolgere in questa scelta anche gli altri due amici. Passato il tempo necessario, eccomi al loro tavolo. 

  <Pronti gli spaghetti! Vi ho portato una bottiglia di trebbiano giovane, di quest’anno, nove o dieci gradi di temperatura…e buon appetito!>.

   Feci per avviarmi, ma Giulio mi bloccò.

   <Tonino! Tonino…il parmigiano! Non so farne senza ...>.

  <Cosa? Se non fossi mio amico, ti troveresti già fuori del locale. Solo in nome della nostra amicizia, ti do facoltà di servirti da solo e quindi di g-u-s-t-a-r-e - dissi proprio così, facendo ampi gesti con tutto il sarcasmo di cui ero capace - il tuo piatto, ma fuori dalla sala, in corridoio, lontano da tutti. E da me, soprattutto>.  Dopodiché, senza attendere risposta o commenti, mi allontanai velocemente. Non ho mai ammesso stranezze in campo gastronomico, abbinamenti che potessero offendere il buon gusto del sapore. E non sono mai riuscito ad usare mezzi termini.

   In effetti, diversi anni prima, quasi agli inizi, avevo letteralmente sbattuto fuori dal locale un cliente che insisteva nel volere una pasta e fagioli ai formaggi dolci, uno dei piatti tipici vanto della casa, servita a tavola con l’aggiunta di ragù perché, confessava il meschino, non gli piaceva il colore. Cercando di mantenere la calma, lo informai che mai e poi mai avrei acconsentito a una richiesta del genere. Potevo servirgli spaghetti o linguine al ragù, o della pasta e fagioli così come cucinata dalla casa, ma mai un’accozzaglia di sapori.

    <Allora io me ne vado! E non metto più piede in questo locale!>.

   <Bene, signore. Vedo che ha capito benissimo come stanno le cose, anticipando le mie mosse. Non sarà una grande perdita, né per lei né per me. Buongiorno, e a non rivederla, signore!>.

   Un ristoratore sui generis, certamente singolare, ma assolutamente verace, forte delle mie convinzioni. Soprattutto convinto della mia preparazione in gastronomia e della bontà delle mie ricette, e della validità delle ricerche che con passione ho sempre condotto in campo culinario. Ad ogni modo confermo che è stata proprio la mia testarda intransigenza a fare la fortuna del locale. Una volta l’avevo raccontato con dovizia di particolari una di quelle sere in cui, andato via l’ultimo cliente, mi stavo intrattenendo con gli amici a parlare del più e del meno, tra un assaggio di pecorino nostrano e un goccio di montepulciano.

   La storia si era consumata alcuni anni addietro, proprio il primo giorno di primavera. Si era presentato nel locale un distinto signore, giacca cravatta e panciotto, chiedendo un tavolo singolo. Quando mi avvicinai per le ordinazioni, il signore chiese le specialità della casa.

   <Per quanto riguarda i primi piatti, abbiamo ravioli ricotta e spinaci, tagliolini in brodo speciale, gnocchetti della nonna al ragù…>.

   <Mi porti questi tagliolini in brodo speciale…al ragù!> ordinò con decisione il distinto signore.

   <Oh, ci risiamo ... - borbottai tra me e me, e alzando poi il tono di voce - … e da bere, caro signore, cosa le dovrei portare? Possiamo mescolare un po’ di rosso piceno superiore con una falanghina beneventana?> commentai  con tutta l’ironia di cui ero capace.

   <Come si permette? Cosa vuol dire con questo?> cercò di imporsi il distinto signore.

   <Voglio dire che non mi piacciono le accozzaglie di sapori. Le posso portare dei tagliolini in brodo, e poi, se vuole, un po’ di gnocchetti della nonna al ragù; naturalmente, gli abbinamenti dei vini li faccio io. Ci pensi su. E se lei vorrà insistere nella sua richiesta, sappia fin d'ora che non solo non la esaudirò, ma la inviterò a lasciare il locale!>.

   E così dicendo, feci dietro-front e mi avviai verso la cucina. Ma riuscii a fare solo pochi passi. Il distinto signore in giacca cravatta e panciotto mi chiamò a gran voce.

  <Tonino, venga qui, per favore! - e cambiando totalmente tono proseguì - Ero stato già informato sulle peculiarità di questo locale e del suo titolare, ma non immaginavo una cosa così drastica, anche se, devo dire, in linea con la perfetta arte gastronomica. Spero mi vorrà perdonare se ho voluto metterla alla prova, ma ne è valsa la pena>.

   E così dicendo, estrasse dalla tasca interna della giacca una carta che riconobbi al volo: il documento di riconoscimento dei responsabili della famosissima Guida Michelin di trattorie, ristoranti e alberghi. Prima ancora che potessi accennare una qualche timida scusa, quegli continuò:<Non solo questa antica trattoria della sana provincia italiana troverà posto nella Guida fin dal prossimo numero, ma io stesso la consiglierò a tutti i miei amici, precisando loro che potranno gustare degli ottimi piatti affidandosi completamente e tranquillamente a Tonino, una persona che ama il suo lavoro, un ristoratore preparato e inimitabile>.

  Le labbra leggermente increspate, ero rimasto senza parole. Lacrime trattenute a fatica mi premevano sui bulbi oculari, quelle stesse lacrime che dopo una breve resistenza riuscirono a scardinare la dura scorza del mio carattere. Per la prima volta. Fu così che i soli avventori presenti al momento poterono essere testimoni di un evento più unico che raro.   

 


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