Si desta come un istante perpetuo tra i luoghi
e insieme si scompone al boscovecchio
respira senza conoscenza in volto
lasciando la sua impronta senza immagini
guarda preesistente verso noi,
come ancora non avessimo imparato
il nostro nome, giungendo dalla fonte
della vita, dove dimora, in ogni attimo
che schiude il suo morire. Tutto tocca
nel natale originario come un’acqua
il miracolo che entra dentro gli occhi
è tanto intero da affondare nell’oblio
sollevati dalla luce, senza lotta. Respirare
ciò che pesa ciò che ci sorregge insieme
io non so che cosa sia-
tutto il respiro della vita in un istante-
per tutte quelle volte che ho seguito
le impronte dei miei cervi dentro il bosco
seguendo qualche uccello di richiamo
o sedendomi nascosta sul laghetto, per l’ora della sete,
andandoli a cercare non ho compiuto passi dentro il cuore,
ma nel tondino di un maneggio per l’ allenamento,
e il laghetto intorno a dire: li cercavi, e ora?
Quando sospendo le domande, quando corro
sulla pelle- il suono è uno solo sulla terra
se non incalzo la coscienza, se all’improvviso
dietro il sentiero si accende un capriolo
che sta più in là della mia mente, che la inonda
e si perpetua nell’istante unico ed intero
-al centro del mio essere c’è amore-
una cosa di poesia che non so dire-
una creatura intirizzita e a un tempo
folgorata insieme: con la luce
è il pieno della voce lo spazio chiaro
dentro l’anima- l’immediato con l’udito
del gemito il sussurro, e più di ogni figura
ancor più di ogni azione destinata, con il salto
e per ondate che si estinguono, per attimi
simili a scintille, come solchi appena aperti
nell’erba alta- si fa un’impronta chiara, di bellezza,
con un’ombra , in quell’istante cieco del vedere,
un vuoto, che si raccoglie e custodisce come cenere.
Quando parte, quando fugge dietro la sua curva,
con me rimane quel silenzio lungo, verso dentro
e nel più segreto allora si stacca una parola
appena, in un minuscolo frammento,
lasciando intatto il seme
in qualche luogo, un altro cervo, in un istante.
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