Ti guardo, dove cammini,
vicino alla casa del sole
bisognosa di un luogo concreto
di un corpo abitato visibile
a somiglianza del cielo,
in mezzo alla notte
la realtà è così delicata, là dentro
-e pesante l’immaginazione-
ruota la lingua nel cuore
interamente viva
e una vita è più grande
coi pensieri delle mani
siamo subito insieme, se vieni
a trovarmi, non esiste un confine
succhiando le dita agli anelli ancestrali
con dentro dei soli persone e le stelle
è solo pace, sai, che si volge insieme
che si allarga tra le cosce del mattino
e si richiude, nei capelli, di fragili azzurri
Chinando il capo sera dopo sera
ascolta,
con le labbra nel vano del camino
il mormorio benevolo degli alberi,
di quel dolore che domani muore
nello stesso incanto con la luce,
in altre anime,
sotto la pelle splendida che freme,
tra i girasoli, io ti seguo,
lucida e leggera madre,
per l’oro che risplende nei tuoi versi,
che si confonde con la felicità
di una musica che ancora forma il tempo
di queste prime notti estive,
del cancello che mantiene l’infinito
in una stanza, ad aspettarci,
venute dall’aurora.
Così per ogni sera conto, a uno a uno,
come chi chiude casa , i girasoli,
seminando una luce ancora calda
sugli steli e al cuore
teneramente incido l'intero sutra
usando appena la punta delle dita,
più chiare che mai dove tu stai
per essere tutt'uno con la terra
nel liquore brillante del risveglio.
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