Una doverosa premessa che impone il rispetto per chi, a maggior titolo, ha recensito il romanzo d’esordio dello scrittore Giuliano Brenna. Non sono un critico letterario, solo una “lettrice critica”. Consideratelo un articolo su un libro che ho subito amato, dalla prima lettura.
Confessioni di un’attempata lettrice
Oggi è il 1 Maggio e ho scelto questa data per scrivere del romanzo Briscoe Hall perché, mai come in questo oscuro momento storico, voglio onorare il lavoro di Giuliano Brenna e, con lui, quello dei tanti artisti che ci propongono le loro opere fra mille difficoltà e, spesso, sforzandosi di superare il disconoscimento professionale se non umano che sperimentano quotidianamente. Lo faccio nella convinzione e constatazione che posso vivere senza andare al bar, al ristorante o in vacanza anche per un lungo periodo, posso rispettare limitazioni e distanziamento sociale per un congruo arco temporale ma soffro della mancanza del contatto con il bello in tutte le sue forme e da esso non posso distanziarmi, pena l’abbrutimento totale. Posso sopportare i capelli incolti e le mani ruvide ma non l’intorpidimento del cervello, lo svuotamento dell’anima e l’assopimento delle passioni.
Briscoe Hall è un romanzo che non può, a mio avviso, essere incasellato in alcun genere.
Potrebbe essere considerato “erotico” dato che, fin dall’incipit, apre e chiude sipari esplicitamente carnali benché, pur nel realismo, è evidente l’intento di restituirci queste esperienze in modo naturale eppure mai sciatto o volgare e questo proprio perché la visione della sessualità che vuole consegnare al lettore è scevra da pruderie, ammiccamenti e lo scrittore non gradisce che la si percepisca quale esercizio di trasgressione bensì come elemento fondante dell’esistenza e della crescita dell’individuo nella coscienza di appartenenza di genere che è distintiva ma, al contempo, nella sua espressione passionale e sentimentale, diviene universale e trascende la peculiarità omosessuale .
Potrebbe essere definito “storico” per l’accuratezza con cui ricostruisce l’impianto e le classi sociali, la morale bigotta tanto diffusa quanto “di facciata” e di convenienza mirata al mantenimento di uno status di supremazia di classe, i vissuti quotidiani nonché la contestualizzazione geografica e urbanistica (luoghi, strade, magioni sono accuratamente descritte e mai frutto di fantasia) tipici dell’Epoca Vittoriana.
Potrebbe essere ricondotto al filone “queer”, dato che parrebbe volerci proiettare in un mondo maschile esclusivamente omosessuale e bisessuale (più che altro per convenienza sociale) che si contrappone a rare figure femminili di scarso rilievo e, per lo più, deludenti se non odiose, fatte salve la madre del Protagonista e la signora Hollie (a proposito: non perdetela d’occhio). In realtà, questa predominanza del “maschile” è funzionale alla descrizione di un percorso esistenziale che si potrebbe definire “formativo”, un racconto della costruzione del sé attraverso l’autocoscienza con il concorso delle esperienze offerte da personaggi “chiave” che facilitano l’evoluzione del Protagonista. In quanto tale, ecco che la connotazione di genere ancora una volta non è un “territorio marcato” ma uno spazio/tempo in cui le persone possono riconoscersi, al di là dell’appartenenza o dell’orientamento sessuale.
Il romanzo ha talmente tante sfaccettature che la lista dei “potrebbe…” si allungherebbe sino a tediare chi legge. Mi fermo perché mi premeva far emergere uno dei valori aggiunti di Briscoe Hall cioè la sua potenza caleidoscopica, mai tronfia grazie all’ironia giocosa e solare che la sostiene, che rende il libro non etichettabile pur se esattamente collocato (o proprio per questo?) e senza data di scadenza. Vi troverete, infatti, una contemporaneità retaggio del passato che sopravvive sia nei luoghi comuni e nelle disparità sia nei più nobili sentimenti sia nei più naturali appetiti.
La storia è ben costruita, contestualizzata con minuzia in termini storico geografici, il linguaggio curato e i registri linguistici sempre consoni ai personaggi e alle situazioni. Scorre compostamente dosando sapientemente flussi di memoria e/o coscienza, acmi di pathos, lievi divertissement. Il sesso, anche quando più rude e “animale”, si alterna a contesti, paesaggi e situazioni che si aprono alla dimensione "anima", al sentimento. Sono questi i momenti in cui il lettore ha la sensazione che Briscoe troverà la sua congiunzione astrale eppure mai così forte e giustificata da dissipare il dubbio di doversi preparare, tristemente, a un mancato lieto fine.
Alcuni capitoli (per citarne solo alcuni II, IV, il IX che è un gioiello) sono esemplari ma non anticiperò nulla per non rovinare a quanti ancora non hanno letto il romanzo il gusto di scoprirli seguendo il flusso della narrazione e dell’atto creativo dell’autore.
In ultimo, non posso trascurare gli echi proustiani ravvisabili e nel modus operandi e nello stile scelto da Giuliano Brenna. Valore aggiunto perché Brenna non è un estimatore e cultore di Proust bensì di Proust si è nutrito: è in comunione con il sommo romanziere e vive nella “sua cattedrale”. Vedrete con i vostri occhi quanto questo sia vero e palpabile: l’autobiografismo che si cela non solo nei personaggi ma nei contesti siano essi urbani o naturali, il dialogismo e l’epistolarismo tipici della letteratura francese sin dal settecento e quest’ultimo che, nell’opera proustiana come in quella di Brenna, segna passaggi e dichiara intenti, le citazioni di autori amati (non tralasciate mai le note, durante la lettura), le descrizioni minuziose, il significato simbolico di oggetti e luoghi, il rapporto con il femminino e le figure cardine della madre e della governante e tanto ancora.
Sto tralasciando volontariamente e non per negligenza di soffermarmi su alcuni personaggi perché dovete incontrarli di persona, conoscerne i nomi, le attitudini, il ruolo. Dovete amarli o odiarli o lasciarli dove sono, fra gli ignavi.
In ultimo, un omaggio a Alessio Slonimsky che ha saputo, nelle sue splendide illustrazione, dare vita all’anima del romanzo.
Non posso fare a meno di ringraziare Giuliano Brenna che mi ha investita del mandato di prima lettrice. Un atto di fiducia non da poco. Sono grata perché questo libro mi ha destata, come la principessa delle fiabe (attenzione perché un po’ di fiaba la troverete e vi piacerà il risveglio) dal torpore in cui altre letture blasonate mi avevano relegata.
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