Non è accaduto all’improvviso,
Ma dal dolore al domani,
Allungando le dita negli spazi,
Troppo grandi di sgomento
Perdevamo il nome delle cose
Nel lucido dell’occhio,
Tra la superficie dell’aria e il battito
Sulle nostre nuche : due diverse soglie
In due diverse stanze, dallo sguardo basso,
Ci siamo amati a non toccare niente,
Mettendo il corpo non so dove,
Pregando nell’altro di farci passare
A mente vedevo spostarsi la tua schiena, e il dito
Finire nell’orto,
Toccando il velo rosso degli anemoni,
Impigliati tra i seni del tempo, rimasto
Dopo la preghiera. Eludendo l’angelo
In un varco, in anticipo sul pensiero,
Cominciarono a muoversi le labbra,
Le ossa del suono a scuotere la notte,
Sulla porta azzurra dei pianeti
Per non scriverti, ora, dovrei lavare piatti
Ma non cucino, e ho una tazza blu, soltanto,
Che va e viene dal vuoto al pieno
Dei bisonti dentro il petto,
Con l’unità che tento di raggiungere,
Tra la purezza inesprimibile e la parola
Di un Aronne. è l’eros dell’attesa
Di nuova bellezza, ed il tuo tempo
Diviene questo spazio. Di una luce abissale
Riprendono i nomi le cose, il pane alle labbra,
Se appena l’annusi, lasciando la parola
Lo disperda ancora, come ogni nuovo inizio
Incline al vento, che ripete sempre uguale un sogno:
L'andar solo per la propria via, profonda,
Passando tra le miniere per risorgere
Nel grano, si flette, nel colloquio,
Nel più intimo duetto al giardino dei gentili
Dopo il candore,
Se un corvo becca ancora le tue mani,
Alla fine si scolora, ricordando
Che il contatto è il desiderio col perduto
La ricerca di aderenza all'altro
E molta fioritura. Serrata tra le ciglia
Va la scrittura col passo di una sposa-
Apparente, e insieme nuda,
Prima di vederla in volto- battezzata
A qualcosa che si lega, che precede
Un codice smarrito, ed immutabile
Cercando di continuo i simboli, per dirsi:
In questo luogo antico, fiore del vento,
Restituendosi nel cerchio della sera,
Di là dagli occhi, nelle movenze dell'origine,
Senza riserve. dove la vita sgorga,
Affondata in tutta la sua luce,
Ancora una volta scalza, ed Ama,
Senza farsi udire nel suono,
Nel primo pianto della gioia,
Un gesto di pace,
Che si raccoglie in tenerezza.
Figli di noi stessi, ci sia sempre speranza
La visione di ciò, a un anno dal Noi,
Le parole che vennero,
Dopo un secondo linguaggio
Riprendo ora la lentezza della danza
Nella mia tazza blu_ oltremare
Quieta del tuo narimi, nel mio cuore
A perdita d'occhio. Nel peso taciuto
C'è un nuovo lascito di luce,
E di fiato,
Coi suoni più piccoli dei serafini.
Continueranno a posarsi sui rami,
Spargendo il polline che noi respiriamo,
Orientandoci alla testa dell'albero
Di un uomo-cristo-poeta
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