Rincorre la scia più lunga
equidistante dal monte più alto del mondo
e il ruscello devoto all'arrembaggio dei solchi in terra
scopre le nuvole con un sorriso
ingranaggio del pensiero che tende al cielo
come di scorta a una voglia d'imbrunire
che desti la scaltrezza da un sonno di lune piene
così, a braccia conserte per tutto il tempo
di uno scontroso avvenire
e spesso ad occhi chiusi sul cordolo
aspetta che si avveri l'impossibile
una tregua disseminata di buche e fuochi fatui
a illuminare le zone d'ombra ai lati dell'asfalto
solo con le lame affilate dei suoi rimpianti
la strada a forma di viaggio
e nel petto un vuoto
da colmare a furia di paesaggi presagi
passaggi di stato
solubile come ghiaccio
non gli importa del sole
che lo sciolgano pure il nodo del suo cuore
per la stagione che defluisce, i raggi in fiamme
per i suoi sogni bui e le dita scaltre
le vene tempestose e gli occhi di lei
la pretesa implacabile del vento di fargli coraggio.
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