Capitolo 1
13 ottobre 1973
Un incontro fortuito
Vibo Valentia. Centro storico. Stradine strette e tortuose. Solito traffico della mattinata. Uno splendido autunno.
Il taxi bianco si ferma al ciglio di via Diana Recco e ne scende un’elegante signora in soprabito verde scuro, stivali, tracolla e cappello in feltro, in mano una ventiquattrore che apre e da cui estrae una lettera, quindi avanza sicura verso l’indirizzo segnato.
Davanti ai suoi occhi un edificio antico, decadente e stonacato, numero civico 7, nella cui corte si apre una duplice tromba di scale e vi si affaccia una serie di balconi e finestre in ordine sparso; al centro una fontanella che gocciola, impiantata su un pilastrino scorniciato.
Una scombinata fila di vasi con pianticelle d’ogni tipo, aromatiche o ornamentali, ricorda che lì c’è vita, nonostante il silenzio e l’abbandono.
Al primo piano, interno 2, tutto tace.
La signora suona due volte, poi ancora … Nulla.
Ricontrolla la lettera. Riprova. Niente.
Possibile che non ci sia qualcuno? Eppure l’indirizzo è esatto…
Sta per finire di scendere la rampa di scale, quando lo scricchiolìo della porta la fa voltare e sull’uscio, quasi seminascosto, appare un giovane a torso nudo, coperto da un telo sui fianchi, biondo e slanciato… un Apollo!
- Buongiorno. Per caso lei cerca Margherita? – Con un gesto sicuro si asciuga i capelli umidi, fluenti fin all’omero che tira indietro per svelare l’azzurro magnetico degli occhi e la pelle glabra del volto. Ma al sud non sono tutti bruni e villosi?
- Si, mi ha inviato questa lettera qualche giorno fa…
- Lo so, ben arrivata. So della lettera e di lei. Ma Margherita ora non c’è. Mi scusi se non la faccio entrare ma, come vede, sono appena uscito dalla doccia… Margherita ieri si era tenuta libera per lei.
- Mi dispiace, ma non mi è stato possibile arrivare prima. Ho dovuto sbrigare alcune incombenze in facoltà e…
- Non si preoccupi. L’aspetta stasera per cena.
- Qui?
- No, non qui. Alla Locanda del Normanno ai piedi del nostro castello: l’ha già visto?
- Si, mentre arrivavo. E’ una magnifica presenza, domina l’intero borgo.
- Un tempo forse… oggi è in rovina e, come gran parte di questo paese, non ha più un’identità. Comunque alla Locanda del Normanno posso accompagnarla io.
Lo sguardo profondo incanta. - In quale albergo alloggia?
- Per ora in nessun albergo e… il guaio è che non ho fatto in tempo a prenotare…
- Allora vada all’albergo Pignatelli, ad un isolato da qui, vicino alla Posta centrale, son sicuro che si troverà bene. Lo gestisce una mia cara amica, la signora Silvia Turco. Le dica che la manda Adriano.
- Adriano… e poi?
- Mi conosce benissimo. Dica il mio nome e basta. Ci vediamo stasera alle otto alla scalinata della Cerasarella: sa dov’è?
- No, però ho uno stradario che mi è stato inviato con la lettera… e comunque chiederò in albergo.
- Allora a stasera e… benvenuta a Monteleone, dottoressa Paribeni.
Il giovane sorride, si tampona i capelli e tira l’uscio a se’. Fiorella quasi si dispiace.
Dalla porta di fronte, da dietro lo spioncino, qualcuno ha assistito a quell’incontro fortuito.
Una vecchia in grembiule, piccola, ossuta e lesta. Si dirige veloce alla finestra, schermata dalla tenda di mussola ricamata, ed osserva la donna elegante che, scese le scale, si ferma a riguardare quella casa ed a ripensare alle parole di quello strano e bellissimo ragazzo. Poi , quando è sparita, va a riferire ad una signora attempata, disfatta nel fisico e stanca nello sguardo, seduta in poltrona, che stringe in mano una scatolina di metallo, forse argento, all’interno foderata di velluto rosso. Un portapillole?
-Bene. Tutto sta andando come previsto. Ora sai cosa fare. Vai!
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