Pubblicato il 13/02/2020 21:06:32
Anni fa si pensava che il mondo globale, abolendo distanze e frontiere di ogni tipo – fisiche e culturali –, avrebbe reso le varie popolazioni di ogni continente molto più vicine. I fatti ci hanno dimostrato il contrario. E cioè che alcune posizioni – ideologiche e religiose in particolare – sono divenute sempre più radicali fino a sfociare in un vero e proprio scontro armato fra integralismi che non intendono dialogare, bensì obbligare con la violenza la controparte a far proprio un punto di vista anche se non le appartiene. Se sul piano culturale ha fallito, al contrario la globalizzazione è perfettamente riuscita su quello economico. A che prezzo, lo sappiamo tutti. Comunque è così che sono andate le cose e, suppongo, che continueranno negli anni avvenire a scapito delle popolazioni incapaci (per limiti strutturali e sociali) ad entrare in questo meccanismo mondiale votato al massacro dei più deboli. Se una volta il senso del viaggio era quello di fare esperienza di realtà straniere per arricchire la propria cultura di origine, oggi per via della globalizzazione non è né sarà più così. I mezzi di comunicazione di massa, sempre più tecnicamente raffinati, danno la possibilità alle persone che li subiscono di andare all'estero senza muovere un passo da casa. Basta pensare ai giochi per la playstation che ambientano storie o battaglie in metropoli quali New York o Pechino o dove che sia: al di là della partecipazione emotiva alla finzione, le riproduzioni di ambienti urbani stranieri sono talmente perfette che quando ci si trova realmente in questi luoghi si finisce per conoscerli (o, quanto meno, è ciò in cui si crede fermamente). Per non parlare delle reti televisive straniere, oggi facilmente fruibili grazie alle antenne satellitari. Grazie anche a questo, per tutti (colti e ignoranti) non sarà un problema affinare la familiarità delle lingue straniere e, di conseguenza, non percepire più l’inglese o il francese come idiomi che rappresentano un modo diverso di ragionare e pensare da integrare rispetto a quello che la nostra terra natia ci ha fornito dalla nascita. In parole povere: se la tecnologia digitale ha reso il mondo un villaggio, rendendolo piccolo in modo da conoscere tutto di ogni realtà, perché viaggiare? Quale il suo significato? Tanto vale restarsene a casa se la sensazione che si ha andando a New York, per esempio, è quella di aver girato l’angolo della strada in cui abitiamo. Sensazione accresciuta anche dal fatto che durante i voli intercontinentali vi è, ora, la barbara consuetudine di viaggiare oscurando gli oblò per non disturbare la visione di films o serie televisive – tutti prodotti stranieri – che le compagnie aeree mettono a disposizione per ingannare il lungo tempo fra il decollo e l’atterraggio. Un tempo, invece, si approfittava dei lunghi voli per dialogare, leggere qualche buon libro (o un giornale alle brutte) o guardare il panorama che si stava sorvolando. Il villaggio globale, o globalizzazione, ha finito per uccidere il senso bello e profondo del viaggiare: scoprire e stupirsi per un periodo di tempo, e poi tornare per vedere ciò che si era lasciato con occhi diversi e arricchirlo di immagini nuove. Si può recuperare tutto ciò? Indubbiamente sì. Basterebbe riprendere l’esempio di Salgari, che pur non avendo mai visitato i luoghi in cui ambientava le sue storie gli bastava una cartina geografica e dell’immaginazione – associata a qualche buona lettura – per ricreare nel lettore la sensazione di estraneità rispetto a un mondo che non conosceva. In alternativa si può adottare un’altra soluzione: invece di visitare subito le grandi metropoli del mondo, per disabituarsi alle immagini stereotipate che i mezzi di comunicazione di massa offrono di esse, sarà bene recarsi in quelle piccole comunità rurali e urbane straniere distanti dai centri abitati che l’occhio del grande fratello non ha ancora raggiunto. Allora sì che lo stupore, mai sopito nell'animo umano, tornerebbe ad alimentare sogni e sguardi della popolazione del villaggio globale.
Ps : Paesi visitati nei loro angoli meno conosciuti dal 1980 al 1984 con l’amico Giacomo : Olanda – Austria – Spagna – ex Iugoslavia – Malesia – Indonesia – Tailandia – Svizzera DUBAI- Poi nel 1985 mi sono sposato, abbiamo con mutuo acquistato una casa, sono arrivati i figli, e abbiamo girato l’Italia a seconda delle nostre possibilità. Operaio metalmeccanico in Fincantieri Riva Trigoso Liguria ( GE )
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