Pubblicato il 09/02/2020 11:14:17
Rifletto sull'onda d’urto leghista perché credo sia utile ragionare sul fatto che la Lega avanza in consensi elettorali più che soffermarmi sulla risicata vittoria alle regionali dell’Emilia Romagna. Se non si cambia strategia la prossima volta verremo travolti. Mi auguro che il gruppo dirigente del Partito Democratico non si crogioli nell'analisi del risultato con superficialità. Per dirla con Gramsci, dobbiamo passare dalla guerra di posizione alla guerra di movimento. Primo, ineludibile, compito: recuperare il senso della propria missione politica; far rinascere una visione nobile, a tutto tondo, che motivi alla militanza. Mi domando qual è il messaggio che la sinistra trasmette,a parte il rifiuto categorico del razzismo e del fascismo, francamente, non saprei rispondere. Oggi la sinistra è una nebulosa. Se vogliamo battere Salvini pure nei prossimi appuntamenti elettorali dobbiamo esplorare questo personaggio anche nelle pieghe più nascoste. Il leader della Lega ha un notevole fiuto politico, ed è una scheggia nella comunicazione corsara che oggi va per la maggiore sui social media. Ha plasmato un personaggio pubblico perfetto per questi tempi: repellente per la sinistra intellettuale e benpensante, ardito per i molti delusi che desiderano un’Italia diversa, angosciati per il declino incombente. È un surfista che sa navigare sulle onde impetuose della contemporaneità. La forza trainante della Lega è nella chiarezza e semplicità della sua visione politica; chiarezza e semplicità hanno un effetto dirompente perché sono la linfa vitale della comunicazione. È legittimo che gli elettori desiderino e pretendano sicurezza dal crimine nonché protezione sociale. Così avviene che, tramontate le ideologie assistiamo a questo: il tesserato CGIL che vota Lega. Un perché pure ci sarà? Io credo di sì. Non c’è alcuna follia mentale come alcuni novelli dirigenti locali spesso scrivono perché l’equazione è semplice: il sindacato ti protegge sul luogo di lavoro; la Lega ti protegge a casa tua. E la sinistra, che fa? Beh, lei si occupa d’altro: decanta le magnifiche sorti e progressive del mercato unico. Eppure oggi occorre una protezione in più: quella dagli effetti nefasti della globalizzazione, abbattutisi come un maglio anche sul ceto medio, spina dorsale di ogni società avanzata. E infatti la Lega, scartato l’aggettivo Nord, ha scaltramente compiuto una torsione verso la destra sociale: parla il linguaggio dei diritti, promette il ritorno alla spesa pubblica come volano allo sviluppo, vagheggia uno Stato vigile sulle periferie in mano a bande di spacciatori. Non ha nulla, in comune con un partito liberale. Per mio conto il problema di fondo è che nella fusione a freddo del PD ci sono stati e ci sono ancora oggi i residui del ex PCI e la nuova nomenclatura post democristiana. In sostanza prima Prodi e poi altri hanno sostenuto in questi anni l’austerità, i tagli indiscriminati alla spesa pubblica, i diktat europei, la marginalità politica dell’Italia. Certo non avevano possibilità alternative per il fatto che si sono posizionati al centro e poco a sinistra. Entusiasti per la moneta unica europea, fiduciosi nel mercato globale propulsore di sviluppo ed equità. L’Euro era un salto nel vuoto, eppure non è stata predisposta una rete di protezione. Se le promesse di prosperità non vengono mantenute, si paga sempre il conto. Se in politica ci sono dei vuoti il più scaltro si getta a pesce nella voragine lasciata aperta. E, se qualcuno pensa che la sinistra non ha lasciato spazio fertile a questi movimenti populisti, in modo particolare alla Lega, allora non ha visione politica ed è meglio che si occupi di altre cose. Questo vale per il centro e per le periferie. Occorre comprendere che oggi le battaglie di identità portano consensi a chi sa combatterle con aggressività. Abbiamo tutti identità plurime, ma c’è ancora un bisogno forte di radici. Non si può buttare alle ortiche la nostra storia in nome di un europeismo astratto. Tutto ciò che si è cristallizzato in tradizioni secolari, rimarrà a lungo stampato nelle mappe, nei libri e nel cuore della gente. Non si può pretendere che il concetto di nazione, solidificatosi durante secoli di dibattiti culturali, aspre lotte politiche e guerre sanguinose, scompaia d’incanto senza che avvengano reazioni. Sembra che il maggiore partito dello schieramento di sinistra voglia rifondarsi. Mi auguro che non intenda più rincorrere il sogno della sinistra democratica americana perché ancora oggi la questione sociale deve rimanere il nostro tratto distintivo. Il socialismo italiano in tutte le sue declinazioni, pure quelle dell’ex PCI ha una storia ricchissima che non può essere stata quella dell’odierno Partito Democratico. Non importa il nome di un nuovo soggetto politico che si vuole rifondare l’importante è sapere che il grande capitale non ha patria quindi non funziona la formula Stato- Capitale. Solo una sinistra aperta, senza preconcetti, quindi una sinistra di ispirazione liberal-socialista non tanto per il termine socialista che ha più di un preconcetto, quanto per le idee di fondo che devono essere alla base di un progetto nuovo che sappia coniugare diritti, doveri, modernità, protezione sociale e sviluppo economico. Se questi saranno i temi portanti del dibattito per il rinnovamento io sono dalla vostra parte. Altrimenti come mi è congeniale continuo a dire la mia in mezzo alla strada senza casa come è stato dal 1992 a oggi.
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