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Breve nota sulla narrativa musicale di Nicola Lecc

Argomento: Letteratura

di Anna Guzzi
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Pubblicato il 30/09/2010 20:34:54

Lecca è un giovane autore di origini sarde che ama i viaggi nel Nord Europa. Alcuni tratti significativi della sua opera sono i viaggi, l’introspezione psicologica, legata a personaggi adolescenti, la tensione riflessiva che dà a questa scrittura uno spessore culturale abbastanza raro nell’attuale orizzonte italiano. È questo, in fondo, una nota anacronistica che richiama le riflessioni di un altro scrittore, Michele Mari, sulla possibilità letteraria di sottrarre le parole al commercio della quotidianità, trasformandole in materiali ‘geologici’.
Nel primo racconto di Concerti senza orchestra, Angoscia di un genio, il sapore rétro corre sul filo corposo della musica classica che detta la stessa struttura narrativa e paratestuale della silloge: gli otto racconti, infatti, corrispondono alle note di un ideale spartito. Rafforza questo nesso musica/narrazione, contaminato da numerose ecfrasis pittoriche, anche l’epigrafe da Schopenhauer per il quale l’arte musicale esprime la volontà noumenica, quanto sfugge alla rappresentazione. L’idea che l’opera del genio sia una melodia ispirata immette nello sfondo decadente del racconto che mostra un ritmo lirico, sensoriale e divagante, simile a un notturno dannunziano o a certa prosa d’arte degli anni ’20-’30. L’incipit allusivo ha un’intensa carica visiva: il protagonista vi descrive il quadro di un museo di Amsterdam. L’identità del protagonista si rivela gradualmente, lasciando orme ambigue: il ragazzo, infatti, cultore di arte e spartiti musicali, è stato in manicomio poiché crede di essere Beethoven. Nella prima pagina del testo lo si vede intento a osservare il dipinto dove un giovane efebico, un suo doppio, appare seduto su sedili rossi, incurante della nebbia che entra da un finestrino, come se volesse offuscarne la sagoma:
«Incurante della fitta nebbia […], egli sedeva in una sontuosa carrozza sopra un sedile rosso fuoco. I guanti bianchi, il bastone dal pomo d’avorio finemente levigato stretto tra le esili mani, il viso pallido e malaticcio, le lunghe gambe graziosamente accavallate».
La fragilità adolescenziale caratterizza molti altri personaggi di Lecca, in genere musicisti bambini e scrittori geniali cresciuti in fretta, esclusi dalla semplicità di un mondo infantile evocato da minimi dettagli (una giostra, un gelato ecc). In Concerti senza orchestra, il tratto connota Veronique, la pianista di Dalle labbra degli angeli, racconto che predilige le ore notturne, in particolare, la notte afosa dell’estate quando la nebbia «ha il potere di confondere la vista, privando gli oggetti del proprio contorno originario […]» (p. 42). L’atmosfera nebbiosa, dilatando ogni forma, ogni pensiero, crea la sensazione di trovarsi in un acquario dove i suoni del reale arrivano ovattati per emergere, poi, tragicamente nel tentato suicidio della ragazza, suggerito dalle macchie di sangue intrappolate nella fontana. Si delinea, così, un cromatismo ricorrente, già legato al rosso del dipinto di Angoscia di un genio. Ne Le lacrime scritte, la stessa tonalità dipinge la residenza svizzera di Inge che, in un diario, rivela la tragica perdita dell’ispirazione. La narrazione sfaccetta, in tal modo, una concezione romantico-decadente dell’arte in base alla quale i musicisti sono posseduti da una superiore necessità artistica. In Hotel Borg, invece, il rosso compare nell’abbigliamento dello svedese Oscar che lavora a Londra in un hotel di lusso e che rammenta, a un certo punto, anche la scritta in rosso di un fatto di cronaca. In questa contaminazione lirica una tinta basta a unire realtà differenti: il sublime dell’arte convive, così, con il sangue del male e del dolore e con i colori del lusso, del mercato.

Riferimenti bibliografici
Intervista all’autore curata dalla sottoscritta e da Giuliano Brenna sulla rivista letteraria on-line «LaRecherche.it» (http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Articolo&Id=188): «Sono affascinato dalla profondità della mente umana proprio come un subacqueo lo è dalle profondità marine. […] L’amore per i viaggi include anche quelli nelle stanze buie della coscienza».
M. Mari, Il Demone della Letterarietà, in Accademia degli Scrausi, Parola di scrittore. La lingua della narrativa italiana dagli anni Settanta a oggi, a cura di V. Della Valle, Roma, Edizioni Minimum Fax, 1997, p. 161. Seguendo una suggestione di Manganelli sulle parole latine e greche, intese come doppi di suoni inesistenti, per Mari il rapporto dello scrittore con la lingua è di funebre distacco rispetto alla lingua d’uso.
Nell’intervista Lecca sottolinea il legame musica/narrazione che, d’altronde, è un aspetto frequente nella narrativa contemporanea (anche Tiziano Scarpa lo ha chiarito nella presentazione del suo Stabat Mater presso l’Università della Calabria il 25 novembre 2009). A tal proposito c’è un filo diretto tra Concerti senza orchestra e il romanzo Hotel Borg dove il tema compare a più livelli: nella struttura, prima di tutto, dove emerge una divisione in tre parti e una sezione finale dal titolo Dopo il concerto; ogni parte è a sua volta divisa in tre atti che hanno il nome di una categoria astratta: La noia corrisponde all’atto primo, La libertà all’atto secondo, mentre l’atto terzo ha il nome della città islandese dove il direttore d’orchestra Norberg ha deciso di organizzare il suo ultimo concerto, lo Stabat Mater di Pergolesi. Quest’ultima notazione motiva la presenza tematica della musica. Ma il romanzo è, esso stesso, un concerto narrativo, capace di raccogliere tutte le esistenze dei personaggi che si intersecano gradualmente proprio nell’evento conclusivo: metafora dell’incontro, della scoperta di sé, della comunicazione frustrata, soprattutto tra artista-pubblico.
N. Lecca, Concerti senza orchestra, Venezia, Marsilio, p. 7.

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