Pubblicato il 09/04/2014 14:01:47
È per l’ubriachezza dell’assenza che ci ricordiamo di vivere sempre. Per quel momento dove il fiato s’arresta e le mani si fanno pianura di ghiacciaio.
Poi, si risanano le memorie come lunghe orazioni da fissare sul piano del marmo. E sappiamo – finalmente – d’essere soli nell’eterno esistere della nuda presenza.
La bellezza ci richiama, di lacrimazione contaminata, a riordinare immagini remote.
Il muretto della casa – sopra il quale la mia mano posava – sentiva il calor fatuo del sole di giugno, e racchiuse in sospensione l’estate a mezzogiorno.
Un procedere d’intermittenze l’upupa ci donava. Tuttavia, risiede quell’istante di dolcissima apatia nei sempre celesti angoli del profondo ricordare.
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