Sul calare a sera del postulato
giunco corda
che debba avere comunque un confine
e risorga il pensiero che tormenta
fiato substrato e credenza
la perdita di controllo sulla vita che va
a cavarmi di bocca il penultimo perchè
sulla soglia del padre antico sogno
frastuono di verità
scissa dal resto che incede sbiadito sul fondo
qualcosa capisco e molto mi sfugge
lo vedi da te con gli occhi montati
sul palmo delle mani
a toccare quello che scompare
tra uno scarto di lato e un'ascensione immortale...
L'abbaiare dei cani segnala l'intruso
in un gioco di ruolo
in cui interpreto la parte di chi non ha fede
nel più sfortunato degli dei
palude, chiostro rauco del non avvento
mi redime l'asciutto pentirsi della mia volontà
abbandonare tutto per trasfigurare più in là
dai padroni del cosmo che vendono fiori
fuori dai cimiteri assetati di castità
un albero che non dà frutti nè figli
da sacrificare sugli altari
prima che agnelli sgozzati
molto prima che giunti di seta o radici
pietre tombali frenetici incisi
tempo divaricato pronto per lo stupro inverso
di un addio interrotto dalla seduzione
che possa tornare ad abbracciare l'uomo
il suo destino ammaestrato.
I giorni in cui ero un viaggio di frodo
sono lontani ormai
o d'estate un vento fuorilegge
da quando ho certezza che non tornerai
oggi che penso ai miei sbagli
penso che è un oggi di tanti anni fa
e l' inverno si districa bene
tra i riflessi borghesi negli specchi gloriosi
e la mia condizione di reduce
da una guerra che non esiste
se non nella mia mente divisa a metà
un prima e un dopo nulla che possa accadere
ma tutto è già accaduto anche la felicità.
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