Come un rosso di Mark Rothko
la voce chiara e ferma mi colpì
con calma- un ferro dolce
quasi opaco tra le rose
di intollerabile fulgore-
si rifletteva come una vertigine
di radici ripetute
che dava forma a qualcosa con l'argento
consumando il bianco del suo corpo
e il giro d’ombra
nella caduta dentro il nero iridescente:
era il fuoco, lì, dove stava,
e un’altra pelle sulla soglia, muta,
dove il tempo si fa uomo che non può
più dire, un desiderio un sogno, la paura
divenuti lingua senza una scrittura,
una fede inanellata in ogni verso
e dentro inciso di quel giorno,
ovunque andrà,
nel suo incessante sforzo di parlare:
la speranza di un Nome è la sua casa
che riposa, e si fa incontro e si apre
a te e in parte- è l'orgasmo del silenzio,
che cercavo, un bacio
per venire dentro il sogno
che vive, tuttavia,
della propria impenetrabile esistenza,
quanto è più suo- fuori dall’essere
non ti arrivo, a coprire la distanza,
con l’altra che sono io a me stessa
sollevando la terra che cammino
in un grembo così oscuro. Ciò che resta
della visione è un lembo di qualcosa
che risale verso il cielo, è un viso
che ha la pelle ancora tenera
e gli occhi troppo stretti
per mostrare con le dita
di quel calore, il simbolo,
dentro la sua polpa. Dopo il rosso
è un vento morbido che viene
se ti accosti con gli occhi sfavillanti
ti basta poca luce, ora, per vedere
del silenzio e poi la musica
farsi un fuoco insieme, nella casa,
con un soffio d'aria tra le mani
che ci saremmo avvicinati ancora
alla bellezza-
nell'istante in cui finiva il sonno,
attraversati i terreni, i prati dei bambini-
come un voto tra le mani
tenendola viva
come un pegno.
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